Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
L’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Donna che, sebbene per i più sia diventata una festa consumistica come tante altre all’insegna di cenette fra amiche e rametti di mimosa, è in realtà una giornata di riflessione sulla condizione della donna nel mondo, sui molti ruoli non riconosciuti e sui tanti problemi che ancora deve affrontare ovunque: dagli stupri alle violenze in famiglia; dalla sottomissione alla mancanza di assistenza alle donne con figli, ecc.
Quanto alla mimosa che l’8 marzo viene offerta dai bimbi alle mamme, dai fidanzati alle fidanzate, dai mariti alle mogli, dai ministri alle impiegate e che per l’occasione, da umile pianta che cresce rigogliosa nei campi e persino ai lati delle autostrade, acquista prezzi da fiori coltivati, si tratta di un’usanza nata a Roma.
Correva l’anno 1946, la guerra era finita, e si volle celebrare l’8 marzo, che già esisteva in tutt’Italia da alcuni decenni. L’idea di appuntare sul petto un fiore che potesse caratterizzare la giornata, come accadeva con il garofano rosso per il primo maggio, nacque in una riunione preparatoria dell’UDI, l’Unione Donne Italiane creata a Roma nel 1944 per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d’Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro.
Ci voleva dunque una pianta reperibile agli inizi di marzo e alla portata di tutti in quei tempi di penuria: alle giovani donne romane, e concretamente, come racconta Marisa Rodano, a Teresa Noce, a Rita Montagnana e a Teresa Mattei, vennero in mente gli alberi di mimosa, coperti da solari infiorescenze quando ancora le altre piante ne erano spoglie, e che crescevano esuberanti in tanti giardini di Roma e nella campagna attorno ai Castelli Romani.
Quel piccolo fiore dal colore giallo intenso, che emana un profumo inconfondibile, dolce ma intenso allo stesso tempo, che acquista visibilità perché si presenta a grappoli, raggruppato a tanti altri, venne dunque scelto come emblema della Giornata della Donna. Una scelta casuale ma dal significato felice anche perché, come scrive Alfredo Cattabiani nel “Florario” (Mondadori), la mimosa simboleggia il passaggio dalla morte a uno stato di luce nella Luce: emblema dunque di rinascita, di vittoria.
Ma se la mimosa come fiore simbolo dell’otto marzo è una idea italiana, la creazione della Giornata Internazionale della Donna ha radici prima tedesche, americane e persino russe.
Nell’agosto 1907, a Stoccarda, due grandi donne, Rosa Luxemburg e Clara Zetkin, la sua migliore amica, fondarono l’Internazionale Socialista delle Donne che anni dopo riunirà centinaia di associazioni nel mondo. La loro amicizia e la loro lotta per l’emancipazione delle donne e la giustizia sociale andavano di pari passo nonostante la differenza di età: Clara era nata il 5 luglio 1857 a Wiederau, in Germania, mentre Rosa, che aveva tredici anni di meno, era nata nella cittadina di Zamość, nell’attuale Polonia.
In quei giorni, dal 18 al 24 agosto, a Stoccarda si svolgeva il VII Congresso della II Internazionale socialista, e i maggiori dirigenti marxisti del tempo vi intervenivano discutendo su temi come l’atteggiamento da tenere in caso di una guerra europea oppure sul colonialismo; mentre per conto loro le donne dibattevano sulla questione femminile e sulla rivendicazione del voto.
A fine congresso, fra il 26 e il 27 del mese, si tenne la prima Conferenza internazionale delle donne socialiste alla presenza di 58 delegate di 13 paesi, le quali, all’unanimità, nominarono segretaria dell’Internazionale Socialista delle Donne una delle due fondatrici, Clara Zetkin; mentre la rivista da lei redatta, “Die Gleichheit” (L’uguaglianza), vi divenne l’organo ufficiale.
L’anno dopo, l’americana Corinne Brown, una delle donne socialiste presenti al congresso di Stoccarda, tenne una conferenza in un vecchio teatro fondato dai tedeschi, il Garrick Theater di Chicago, dove ogni domenica il partito socialista organizzava incontri. Quella domenica 3 maggio 1908 mancò il conferenziere e Corinne Brown presse la parola spronando le donne socialiste a parlare dei propri problemi: si discusse dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie, con salari bassissimi e lunghissimi orari, delle discriminazioni sessuali e del diritto al voto delle donne.
Quella domenica fu chiamata “Woman’s Day”, “giorno della donna”. Alla fine dell’anno il Partito socialista americano raccomandò a tutte le sezioni locali “di riservare l’ultima domenica di febbraio per l’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile”. Nella prima, che si svolse il 28 febbraio 1909, furono dibattuti anche altri importanti temi: dal riconoscimento dei ruoli femminili nella società al lavoro delle madri di famiglia a quello delle operaie in fabbrica, ecc.
Nell’agosto 1910 si tenne a Copenaghen l’VIII Congresso dell’Internazionale socialista nell’ambito del quale, le delegate socialiste americane, forti della loro ormai consolidata celebrazione della “Woman’s Day”, decisero di proporre una comune giornata internazionale dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne. Ma fu in realtà Clara Zetkin a proporla e a scrivere poi nel suo giornale “Die Gleichheit”, che una mozione per l’istituzione della Giornata Internazionale della Donna era finalmente “stata assunta come risoluzione”.
E mentre negli Stati Uniti continuò a tenersi l’ultima domenica di febbraio, in alcuni paesi europei - Germania, Austria, Svizzera e Danimarca - la Giornata Internazionale della Donna si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911, mentre in Italia si dovette attendere fino al 1922.
Le celebrazioni furono interrotte dalla Prima guerra mondiale in tutti i paesi belligeranti, finché l’8 marzo 1917, le operaie di San Pietroburgo guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra e incoraggiava altre manifestazioni che portarono al crollo dello zarismo. In ricordo di quella prima rivolta femminile delle donne russe che diede inizio alla “Rivoluzione russa”, nell’ambito della II Conferenza delle donne comuniste del 1921 che si tenne a Mosca il 14 giugno 1921, le varie date della Giornata Internazionale della Donna furono unificate all’8 marzo.
Nel dopoguerra, cominciarono a circolare fantasiose versioni, secondo le quali la scelta della data dell’8 marzo avrebbe ricordato la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton avvenuto nel 1908 a New York; mentre altre versioni citavano la violenta repressione poliziesca di una presunta manifestazione sindacale di operaie tessili tenutasi a New York nel 1857.
In realtà la Giornata Internazionale della Donna nacque per la “semplice” necessità dell’universo femminile di lottare, parlare, discutere, dibattere sui problemi e le discriminazioni che secolarmente mortificano e subiscono milioni di donne nel mondo intero, molti tuttora duri a morire.
Per tutto ciò occorre sottolineare ancora una volta che l’otto marzo non è una festa fra amiche in libertà bensì una giornata di riflessioni durante la quale discutere, protestare, gridare i propri diritti, sebbene con la lievità che contraddistingue in genere il carattere delle donne, abituate ad essere forti e a sorridere anche davanti alle sofferenze.
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