Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Miami il nostro
corrispondente.- Ci siamo, mancano poche ore all'arrivo di papa Francesco a
Cuba (previsto per domani) e l'evento s’impone come qualcosa di epocale (almeno
in queste latitudini) perché - dopo l'ultima vista e a seguito della riapertura
delle relazioni tra il governo castrista e quello americano - da più parti ci
si attende, se non un definitivo cambio di rotta, almeno una lista di misure
concrete da parte del regime comunista dell'isola per mostrare quali siano le
sue reali volontà di cambiamento per l'immediato futuro.
Basta politica, insomma, i cubani di Miami e, soprattutto, quelli in patria
chiedono al loro governo gesti concreti. Visto che, fin ora, si è visto ben
poco, dato il numero di arresti che continuano a registrarsi sull’isola e il
numero di sbarchi al sud di Miami che, di fatto, non diminuisce.
Così il regime ha annunciato che starebbe per liberare 3.522 prigionieri come
gesto di buona volontà verso il pontefice. Ma oltre ad escludere i condannati
per crimini violenti, quelli imprigionati per traffico di droga e macellazione
illegale di bestiame (sic!), il Consiglio di Stato ha anche fatto presente che
l'amnistia non si applica ai condannati per reati contro la sicurezza dello
Stato. E i dissidenti spesso se non sempre, sono detenuti proprio per tali capi
di imputazione.
Non a caso, nel corso di un recente simposio sulla visita del Papa organizzato
presso la Florida International University di Miami, il cardinale cubano Jaime
Ortega è stato da più parti criticato per non aver fino ad ora speso parole più
critiche a nome dei tanti dissidenti e attivisti per i diritti umani sull'isola
e sul territorio americano.
Anche se suor Ondina Cortés, professoressa di teologia presso la St. Thomas
University, nella medesima occasione, ha chiaramente fatto presente che la
Chiesa ha levato la sua voce più di quel che è potuto sembrare: "non è
così silenziosa come alcuni pensano" ha detto. "Gran parte di ciò che
la chiesa dice o rivendica in tema di diritti, non viene certo pubblicato sul
Gran-ma!" (l'organo ufficiale del partito comunista cubano).
Per ora le parti si mandano segnali a distanza: il portavoce della Santa Sede,
padre Federico Lombardi, ha detto che il Vaticano considera un
"segnale positivo" il rilascio dei prigionieri annunciato dal governo
e che si tratta di una delle maggiori amnistie decise da L'Avana.
L'indulto però - come si diceva prima - non ha incluso i prigionieri politici,
e secondo la Commissione cubana per i diritti umani e la riconciliazione
nazionale (CCDHRN) alcuni di essi sono in carcere da oltre vent'anni. Secondo
la Commissione, inoltre, sull'isola sono almeno sessanta i detenuti per
"motivi politici".
Sul tema più squisitamente politico e dei diritti umani, Lombardi ha detto che
non è all'ordine del giorno un incontro tra il Papa e dissidenti del regime,
che pur hanno inviato centinaia di richieste tanto pubbliche che private. Il
portavoce Vaticano, però, non ha neanche escluso qualche iniziativa in tal
senso, facendo appello alla tradizionale discrezione della Santa sede su temi
così sensibili.
Lombardi, che non ha neanche escluso, un incontro tra Francesco e Fidel Castro,
ha definito improbabile, invece, un incontro del Papa con qualche
rappresentante delle FARC, l'organizzazione terroristica che sta negoziando un
accordo di pace con il governo colombiano a L'Avana.
"Sua Santità è a favore di negoziati, ma non prevede di incontrare un
partito", ha detto. "Naturalmente, il Papa può decidere di cambiare
il programma in qualsiasi momento", ha concluso il portavoce, lasciando
spazi di speranza a coloro ai quali sta a cuore la pace nel martoriato
territorio colombiano.
Giovedì scorso, intanto, il Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, ha
chiesto la revoca dell'embargo economico contro Cuba che, a suo parere,
danneggia soprattutto le fasce più povere della popolazione.
Infine, nella medesima intervista all’emittente vaticana, Parolin ha espresso
la speranza che i collegamenti ripristinati tra Washington e L'Avana consentano
una maggiore fioritura della libertà e dei diritti umani sull'isola. Insomma,
la Chiesa cerca un punto di sintesi che possa davvero far evolvere la
situazione, non solo a Cuba, ma nei rapporti tra gli Usa e l’America latina nel
suo pur eterogeneo complesso.
Questa visita di Francesco che, com’è noto, segue il lungo tour in America
latina, ha un valore non solo simbolico per ridisegnare i rapporti diplomatici
e politici in tutta l’area del sud America e dei Caraibi: tra i Paesi che ne
fanno parte e tra questi con gli Stati Uniti.
È, infatti, più che una sensazione: da quando il papa (per noi venuto da
lontano, ma molto vicino a questi luoghi) è sul trono di Pietro, l’America
latina non è più la stessa nella considerazione del mondo.
Più volte Francesco ha, infatti, spronato i popoli e i governi latino americani
a politiche comuni. Tanto che il sogno di Bolivar di confederare tutta l’area-
pensano in molti - sembra aver trovato un interprete che, nel segno della
dottrina cristiana, potrebbe finalmente renderlo concreto.
Comunque, al di là delle aspettative, nel frattempo qualcosa di nuovo
sull'isola di Cuba succede: le autorità hanno appena comunicato alla stampa
internazionale di aver creato un portale Internet e diversi account sui social
network dedicati alla visita di Papa Francesco.
"Queste iniziative - recita il documento del governo - mirano a fornire
una copertura per la visita ufficiale e comunicare in tempo reale con il più
ampio pubblico possibile, sfruttando tutte le potenzialità offerte dai social
network", e visto che a Cuba l'accesso internet è davvero molto
limitato, tali iniziative sembrano senza precedenti.
L'accesso a Internet a Cuba, infatti, è ancora molto raro e soprattutto assai
costoso per le tasche della maggior parte della popolazione. I collegamenti da
casa rimangono riservati ad un risicato gruppo di privilegiati, tra cui medici,
giornalisti e studiosi autorizzati dal regime. I trentacinque collegamenti
negli spazi pubblici sparsi in tutto il paese, al costo di due dollari l'ora
per connessione, sono ancora proibitivi per la maggior parte della popolazione.
Oggi non si può che registrare, comunque, che la Chiesa cattolica è in procinto
di diventare una forza reale e ben radicata nella società civile cubana e ci si
aspetta quindi molto dalla sua diplomazia. Per alcuni osservatori essa,
infatti, è già "la più importante organizzazione non governativa"
presente sul territorio.
Enrique Lopez Oliva, già professore di religione dell'Università dell'Avana in
un intervento pubblico ha fatto notare che "a L'Avana e a Pinar del Rio
sono in costruzione due nuove chiese e che altre sparse sull'isola assieme ad
alcune strutture, ai tempi requisite dallo Stato, sono ora state restituite
alla Chiesa cattolica".
Raúl Castro che - va rammentato assieme al fratello è stato educato dai gesuiti
- ha detto che prevede di assistere a tutte le messe papali officiate da
Francesco sull'isola e che un incontro con il Papa è già in agenda per il
pomeriggio di domenica prossima presso il "Palacio de la Revolución".
Che rivoluzione sia, allora. Ma questa volta di quelle vere, ossia giuste.
Senza violenze e spargimenti di sangue. Quelle che avvengono nei cuori o,
almeno, nelle coscienze. Altrimenti, come già alcuni osservatori hanno già
segnalato, tutti gli sforzi si risolveranno una mera ed esclusiva ripresa delle
relazioni economiche tra Usa e Cuba con tanto di speculazioni edilizie (a Cuba
sono sbarcati perfino i cinesi in cerca di accordi immobiliari), catene
alberghiere lanciate a conquistarsi le spiagge più belle e frotte di turisti
yankee scaricati da voli low cost con macchina fotografica al collo, in cerca
di buon rum ed eccellenti sigari cubani. Insomma, ancora qualcosa di
"vagamente" già visto.
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