Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
"Prove tecniche di trasmissione fra politica e cultura. Alla ricerca di un terreno comune”: questa l’idea di fondo che ha riunito, nell’ambito di “Atreju 2015”, una nutrita pattuglia di “artigiani della penna” – l’immagine è di Aldo Di Lello – saldamente collocati “a destra”. A Fratelli d’Italia, nello specifico ad Andrea del Mastro, responsabile per la cultura di FdI, che ha coordinato gli interventi, va il riconoscimento di avere voluto l’incontro, finalizzato a ricucire un dialogo (ed una possibile collaborazione) tra politica e cultura, dopo tante incomprensioni, errori ed occasioni mancate.
Più che di “manifesti sui principi” (quanti ne sono stati prodotti e che fine hanno fatto ?) si tratta di trovare un “metodo”, che non confonda i rispettivi ambiti, creando un valore aggiunto: quello di legare la capacità sintetica della politica a visioni più profonde, di unire le necessità del giorno per giorno alla consapevolezza delle ragioni della crisi epocale entro cui siamo immersi, di coniugare la sfida contingente alle proposizioni di più ampia portata .
Gli argomenti su cui incontrarsi e discutere – si è visto ad “Atreju 2015” - non mancano: dai contesti geopolitici al gap demografico, dall’inadeguatezza delle vecchie scuole socio-economiche al riassetto costituzionale, dalla declinazione del “sovranismo” alla ricomposizione identitaria delle nostre comunità. Per poi, nello specifico, ridefinire il racconto italiano, inventando parole e suggestioni in grado di competere con quelle correnti. Tutto questo mentre su fronti culturali apparentemente lontani emergono assonanze inusuali e condivisioni di fondo, che sollecitano letture meno scontate della realtà ed invitano ad una maggiore curiosità intellettuale.
Se è vero che c’è – come è stato detto ad “Atreju 2015” - una destra diffusa molto più ampia del suo bacino elettorale è anche vero che c’è un contesto culturale molto più ampio di quello tradizionalmente “di destra” a cui si può guardare, con cui dialogare e costruire “fronti” comuni.
Il possibile rapporto politica-cultura non è allora solo questione di “piattaforme programmatiche”, ma qualcosa di più ampio e complesso. E’ la condivisione di una lettura non banale della realtà E’ critica radicale. E’ capacità di creare suggestioni. Certo non può essere la “museificazione” di una grande tradizione culturale.
Uno spiraglio più che una porta spalancata quello che abbiamo visto ad “Atreju 2015”. Uno “spiraglio” perché comunque l’ “Assemblea degli intellettuali” ha manifestato la volontà di costruire, a destra, un percorso comune tra politica e cultura. Ora però si tratta di fare sì che questo “spiraglio” si trasformi in un varco salutare, capace di creare positive “contaminazioni” ed inusuali opportunità di lavoro politico e culturale. La partita è aperta. Importante è non perdersi di vista, con il rischio di ritrovarsi, magari tra un anno, a discutere degli stessi argomenti.
Mario Bozzi Sentieri
Non una parola interessante, non una parola significativa, non una parola utilizzabile: questo è l’unico bilancio possibile e logico dall’intervento di Berlusconi alla festa di Fratelli d’Italia, alla quale si è guardato dall’intervenire con un atto di fine cortesia, in tutto e per tutto degna dell’uomo, Salvini.
Berlusconi, come al solito, ed è difficile, anzi impossibile attendersi altro, non ha rispolverato altro che il suo consunto e corroso armamentario dialettico, le sue affermazioni apodittiche, equivoche e sfuggenti, lontanissime da un obiettivo e franco esame di coscienza, presuntuose e perentorie e al solito offensive verso chi si opponga alle mire egemoniche, alla sua autocrazia che l’Italia ha sperimentato nella inconcludenza. Sin dall’apertura è stato autocelebrativo senza ricordare i tempi degli eventi: “L’opposizione in Parlamento non ha il suo leader, che è quel Berlusconi, indicato dagli elettori alla presidenza del Consiglio, fatto fuori da mezzi non della democrazia, ma da una sentenza ignobile, incredibile, che lo ha buttato fuori dal Senato”. Ha proseguito, ancora trascurando le proprie immense responsabilità sull’Italicum e sulla riforma dell’assemblea di Palazzo Madama, con la denunzia della situazione italiana priva di una democrazia.
In un oblio assoluto ha affrontato con queste parole l’argomento scottante e delicato dei transfughi, da lui scelti ed inseriti nelle liste: “ Evviva, deo gratias, i mestieranti della politica finalmente sono scesi da Forza Italia che hanno considerato come un taxi”. E’ passato a mostrare delirio di onnipotenza nel momento in cui ha annunziato ed il suo annunzio avrà raggiunto gli spazi siderali, che tornerà a battersi per la democrazia nel momento in cui sarà restituito “al pieno splendore dell’innocenza dalla Corte di Strasburgo”, annunziata da molti e molti mesi. Insopportabile è stato per l’alterigia mostrata nei confronti del povero Salvini, al momento in diminuzione di consensi nei sondaggi: “Chapeau al modo in cui sa parlare alla pancia della gente è molto tile al centrodestra uno come Salvini”.
Lontanissimo dall’indicare i mezzi e le risorse, ha proclamato, come fosse un neofita del potere, il programma di Forza Italia: “Meno tasse e meno Stato. Più aiuto a chi ha bisogno e più sicurezza per tutti con più garanzie per ciascuno” .
Il culmine è raggiunto nel passaggio in cui dichiara di considerarsi, guardandosi “allo specchio” l’unico leader esistente. Facciamo conto, per non pensare a Renzi presidente del Consiglio per altri 20 anni, di non aver letto altre parole di,Berlusconi, irrispettose della verità storica e della realtà politica. Ha sostenuto infatti, come se in Russia esistesse la democrazia in sistema pluripartitico, che “Putin non è un comunista” ed ha promesso demagogicamente “pensioni minime a mille euro per 13 mensilità”.
Ha perduto di nuovo la memoria, segnalando che “un premio di maggioranza su una sola lista io la vedo come una pericolosa deriva autoritaria”.
Criticabile e lontano dalla realtà è il titolo di una nota di “Libero”, che addebita a Alemanno di avere anticipato il progetto di “un nuovo partito della destra con soldi della fondazione di Fini” mentre in realtà l’ex sindaco ha parlato della fondazione, basata sul patrimonio, “che fu costituito negli anni di Giorgio Almirante e che poi passò al partito di Fini dopo la svolta di Fiuggi”. La differenza non sembra minuscola e almeno per i disinteressati ed i non faziosi è sostanziale.
Nella “preghiera dei fedeli” della Messa di oggi si chiede :”per le istituzioni civili, perché sappiano comprendere le reali necessità dei cittadini e creare le condizioni idonee per superare la situazione di crisi economica che grava sulle famiglie”. Di fronte a questa franca ed aperta sconfessione dell’operato governativo, cosa diranno “Avvenire” e “Famiglia cristiana”, organi di stampa organici ai giochi e alle ambizioni del “Granduca”?
Vincenzo Pacifici
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