Editoriale

Il monsignore furbetto che si dichiara omosex, discriminato e fidanzato... per lanciare il suo libro

Resta un dubbio, ma perché fra i prelati si pone il problema dell'omossualità? Etero e omo sono obbligati alla castità, dunque?

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

span style="font-size:12.0pt;line-height:115%;font-family: georgia">Il  politicamente corretto ha, con tutta probabilità, una nuova icona : si tratta di Krzysztof Charamsa, aitante monsignore polacco,  ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana, nonché docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum:   niente di meno che, o come si direbbe in goliardia sticazz….(ehm!)

Ora, nella chiesa di Francesco Bergoglio, del ” chi sono io per giudicare, quant’è buono e bravo  Fidel Castro e  tra crocifisso e falce e martello non saprei cos’è più bello” c’è da aspettarsi di tutto e di più, e così il nostro baldo monsignore si è fatto fotografare a fianco di un prestante giovanotto e in una lunga intervista al Corriere della Sera  (ma chissà perché questa gente deve sempre scegliersi i pulpiti più rinomati, o presunti tali …) ha esternato:  “voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana” [1] dichiara il sorridente prelato;  e pontifica poi sulla differenza tra “omosessualità”   che anche quando praticata è sempre cosa buona e giusta (ovviamente, e chissà che non sia pure fonte di salvezza come voleva quella buffa setta che erano i Carpocraziani) e “ omogenitalità” che se  vissuta tra persone eterosessuali può essere in effetti fonte di peccato (!):  “Quegli stessi atti compiuti da una persona omosessuale esprimono invece la sua natura. Il sodomita biblico non ha niente a che fare con due omosessuali che oggi in Italia si amano e vogliono sposarsi.”

Non è che adesso, dopo la teologia della liberazione, ci toccherà pure sorbirci la teologia della … masturbazione ? (mentale, s’intende!)

Si lasci comunque agli esperti di  teologia disquisire sulla differenza tra sodomia biblica e omosessualità moderna, anche perché, ancora una volta, il problema non è certo quello di voler attaccare l’omosessualità in quanto tale: si può se mai  sollevare qualche perplessità sulla sua santificazione e soprattutto sul concetto di “matrimonio omosessuale” vero e proprio ossimoro  che neppure la civiltà della Grecia classica si sognò mai di inventare;  ed è un po’ difficile accusare gli antichi greci di omofobia.   Questo almeno  finché sarà lecito  esprimere certe opinioni senza finire dietro le sbarre, dove tra l’altro, sempre a detta del baldo monsignore, che si spera vivamente non sia stato cappellano in qualche carcere, è facile cadere in tentazioni “omogenitali”.

La prima cosa che viene in mente in questa circostanza è un giudizio al vetriolo che Indro Montanelli scrisse all’indomani della scomparsa di un sacerdote contestatore e “contestato”, anche se per ragioni  del tutto diverse;  quel padre Ernesto Balducci che era per altro di ben diversa levatura, anche se chi scrive è lontano anni luce dalle sue posizioni:  “ A quest'ora Padre Balducci è di fronte al Supremo Giudice nel quale affermava di credere. Almeno a Lui dovrà spiegare non ciò che diceva contro la Chiesa, ma perché lo diceva travestito da frate. (26 aprile 1992)”.[2]

Già perché il monsignore in questione non si accontenta di dichiarare in modo giulivo il suo nuovo stato, ma non manca di attaccare e addirittura di irridere l’istituzione di cui fa parte , tra l’altro – particolare non proprio trascurabile – come membro della Congregazione della dottrina della fede: nientemeno che l’ex Sant’Uffizio, ovvero proprio quello che dovrebbe vigilare sul rispetto dei fondamentali principi cattolici.

Infatti  il Vaticano non ha precisamente “gradito” e il responsabile della sala stampa padre Lombardi ha annunciato la rimozione di Monsignor Charamsa dai suoi incarichi universitari e presso la Congregazione,  mentre per il resto provvederà il suo vescovo. Giustamente Padre Lombardi ha tra l’altro stigmatizzato queste uscite proprio alla vigilia del sinodo sulla famiglia.

Rintracciato dall’ Huffington post, non solo il vispo prelato avrebbe accolto con tono divertito questo provvedimento, ma avrebbe addirittura aggiunto:

“Devo parlare di ciò che ho subìto al S. Uffizio, che è il cuore dell'omofobia della Chiesa cattolica, un'omofobia esasperata e paranoica” assicurando poi che il mondo ecclesiastico pullulerebbe di omosessuali che però non hanno il coraggio di “uscire dall’armadio”.[3]

Si potrebbe obiettargli che, visto che ha 43 anni e non è dunque di primissimo pelo, in quell’armadio evidentemente non ci si è trovato troppo male neppure lui.  Ha fatto una brillante carriera e sicuramente, quando è entrato nella Chiesa, sapeva benissimo a cosa andava incontro.

“Coerenza vo cercando, che è sì rara” direbbe forse oggi il padre Dante. Ovviamente, da qualsiasi scelta si può tornare indietro, questo è umano e comprensibile.  Meno comprensibile è invece la pretesa che siano gli altri – persone o  istituzioni, anche secolari – ad adeguarsi ai cambiamenti dei singoli, a mettere in discussione i propri principi, in cui peraltro milioni di credenti continuano a identificarsi. La Chiesa cattolica considera peccato il sesso al di fuori del matrimonio e contro natura l’omosessualità, pur raccomandando la massima carità e rispetto verso tutte le persone: le persone, ma non certi atti o tendenze. Non è obbligatorio essere d’accordo e si può anche, se lo si ritiene necessario, cercare di cambiare di cambiare le cose dall’interno, anche se si dovrebbe ricordare che per un credente certe norme sono, o dovrebbero essere, parola di Dio (e il non credente, di norma, non dovrebbe farsene un problema  o tantomeno farsi prete o frate).  Se dunque il Sant’Uffizio è sofferente di “omofobia malata e paranoica” come mai il vispo prelato ha aspettato di innamorarsi di un altro uomo per denunciarlo e farsi buttare fuori, invece di dimettersi  se non condivideva più quelle regole che avrebbe dovuto addirittura difendere?

In compenso, ci ha assicurato che è pronto per la stampa un libro, in italiano e in polacco “in cui metto la mia esperienza a nudo.” Speriamo che parli per metafora, ovviamente.    Comunque sia,  cose di tal genere  dentro la Chiesa suscitano sconcerto e anche profonda delusione:  sembra infatti che anche l’ultimo baluardo di valori su cui la nostra civiltà si è poggiata per quasi due millenni non abbia più la forza, ma soprattutto la voglia, di difenderli. Come ha scritto benissimo Luigi Bisignani sul  Tempo di ieri:  “Sembrano passati davvero secoli da quando Giovanni Paolo II celebrava ed esaltava la famiglia esclusivamente fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e su questo assioma mobilitava i giovani di tutto il mondo. L’atteggiamento dell’attuale Papa che invece in qualche modo favorisce l’outing, provoca mille contraddizioni all’interno della Chiesa stessa che si premura di rimuovere immediatamente da ogni incarico chi lo ha fatto.”[4]

Già. Ma… chi siamo noi per giudicare? Almeno chi scrive lo dice molto umilmente : un cattolico perplesso, molto perplesso.



[1]  http://www.corriere.it/cronache/15_ottobre_02/confessione-monsignore-sono-gay-ho-compagno-13a47834-6950-11e5-a7ad-17c7443382c3.shtml  

[2] Fonte: http://alklibri.com/cit.php?id=15282. Chi scrive ricorda bene di aver letto a suo tempo quel giudizio suo padre Balducci, per cui ne garantisce l’autenticità.

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