Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Giardini Salvi
Indugio come sempre per un poco sul marciapiede del binario. Inseguo per i pochi secondi concessi dalla rapidità crescente i fanali di coda del convoglio da cui sono sceso e ripartito alla volta di Padova. Scomparse nella galleria le luci scarlatte, per qualche istante cerco con lo sguardo dove sia la vetusta locomotiva a vapore che sosta su di un binario di servizio della parte est e che di giorno dà bello spettacolo in guisa di arredo meccanico al complesso in stile razionale di pensiline colonnate e binari. È inutile, oltre la zona illuminata dai tubi al neon l’oscurità è completa.
Da una stazione vicentina deserta esco sul viale che porta ai giardini Salvi. L ’aria si è rinfrescata in grazia della pioggia caduta prima del mio arrivo. Le pozzanghere sul selciato riflettono la luce dei lampioni in fuga verso i giardini. Il viale taglia in due parti il parco alberato che separa la stazione dalle prime case. Lo percorro sul lato destro, quello orientale e ricordo, guardando il cielo notturno colle nubi riverberate in chiaro dalle luci della città, che qualche anno addietro proprio su questi passi, un tardo pomeriggio primaverile avevo osservato uno spettacolo rimastomi impresso. Nell’aria ancora fredda il cielo ad occidente era del tutto sgombro ma ad oriente era coperto da una nube enorme che sovrastando il parco scendeva nelle sue frange fino a bassa quota e lambiva la collina berica. La nube si era tinta d’un color arancio vivo essendo investita dai raggi del sole al tramonto oltre Verona. Lo spettacolo era inusitato perché il suo profilo era nettissimo e quindi l’aria ad essa contigua restava del celeste intenso del cielo al crepuscolo, mentre i vapori addensati in cumulo della nube galleggiavano come la massa che si sfascia d’un aerostato andato in fiamme durante l’ascesa.
Quel lungo crepuscolo era stato d’una bellezza tale da rendere idilliaca pure la prospettiva, in sé mediocre, d’un parco desolato, delimitato da case di periferia e da una stazione di passaggio.
La cancellata dei giardini Salvi è chiusa ed io volto a destra verso piazza Castello per imboccare il corso Palladio. Guardando a mezzogiorno prima di lasciare il viale della stazione vedo, poco oltre di questa, stagliarsi nell’oscurità trasparente della notte la mole di Monte Berico. Alcune luci rivelano le case aggrappate alla sua costa ripida.
Piazza Castello è percorsa da soli pochi passanti. In fondo i lumi d’un caffè ancora aperto e qua e là delle vetrine appena illuminate. Qualche pozzanghera raddoppia con il riflesso la luce dei lampioni vicini. Sul lato di meridione un palazzo del Palladio rimasto incompiuto ad una facciata di tre sole colonne e due finestre intermesse e adiacente a delle casette sembra sulla spianata l’ultima fetta rimasta sul vassoio d ’un dolce consumato.
In corso Palladio, all’angolo con corso Fogazzaro svolto a settentrione verso la chiesa di San Lorenzo e all’altezza dello slargo che sulla sinistra costituisce la piazza della chiesa, sotto lo sguardo pensoso del poeta della conchiglia fossile, io sulla destra della strada m’infilo in un vicolo tortuoso fra le case abbastanza alte e strette del centro per il quale raggiungo la contrà Cornoleo dove abita l’ospite che mi dà il rifugio notturno. È di poco trascorsa la mezza perché dal corso dedicato al romanziere di Malombra avevo sentito durante il cammino il rintocco d’una campana.
I convenevoli al penultimo piano della scala non potevano essere che spartani ed al tempo medesimo cordiali. Roberto è solo perché Elena, la moglie, andata in visita dai genitori sui colli passa là pure la notte per tornare l’indomani verso mezzodì e partire per la villeggiatura con il consorte che mi offre, ovvero mi ordina, di essere suo ospite sull’automobile, già pronta e caricata, per il mio tratto fino a Padova. I due coniugi con il cagnolino si dirigono infatti sulla riviera, a Grado. La bella città lagunare che già vedo accampata ad ingegnoso pretesto da Roberto per giustificare alla moglie qualche nuovo corposo acquisto di libri sull’Adriatisches Kȕstenland o sul battaglione alpini Tagliamento battutosi valorosamente alla frontiera orientale contro gli Slavi…
Si è accolti nell’interno da una stanza nuda, di pianta irregolare, in guisa di vestibolo e ora pure di riparo per il cagnolino la quale alberga una strettissima scaletta a chiocciola che sale al sottotetto. La superficie di questo, divisa in varie stanze gradevolmente arredate all’insegna della semplicità, costituisce l’abitazione illuminata da piccole finestre dalle quali, allungando fuori un braccio, si può toccare la grondaia. L’altana, cui si accede dal soggiorno che è pure cucina, dà sui tetti delle case del centro, siamo a pochi passi da San Lorenzo, e per una parte è coperta dallo spiovente che si prolunga oltre la parete esterna del muro perimetrale. Sotto lo spiovente ci si può sedere ad un tavolino con lanterna e lì, come ho fatto con Roberto le primavere passate, conversare sulle nostre ricerche storiche e letterarie alternando i ragionamenti a qualche commento sul panorama della città e sul bel cielo sovrastante. Da un cantuccio dell’altana, chiusa per tre lati dalle pareti e divenuta una specie di golfo aereo ornato da vasi di fiori e di piante aromatiche, si scorge un allampanato campanile che svetta verso il cielo che qui, tutte le volte che son venuto a trovare il mio ospite, mi è apparso bellissimo. Era forse per le nubi che appena avevano rovesciato le piogge? Era forse perché vi erano stati sbalzi di temperatura e vento che avevano sgombrato le foschie richiamando dalla Prealpe non lontana masse d’aria trasparente?
Una stuoia tratta dall’armadio e due coperte in orbace bastano ed avanzano a preparare nello studio il mio giaciglio per la notte. Prima di addormentarmi riordino mentalmente le impressioni e rileggo qualche appunto preso sul taccuino. Spento il lume vedo, attraverso la finestrella riparata dalla grondaia, un tetto, dei comignoli inargentati ed il cielo notturno.
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