Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Ignazio Marino
Ignazio Marino ha tentato di resistere fino allo stremo poi, ieri sera alle sette e mezzo, si è dimesso da sindaco di Roma.
Importunato proprio da quel partito che solo tre anni fa lo aveva portato come un novello Cesare a Palazzo Senatorio.
Le decisioni dei cosiddetti suoi amici sono state letali per lui, ma solo dopo il caso scontrini. Alle sette e mezzo Ignazio Marino non era più il sindaco della Capitale.
Tre assessori, ovvero i big della fase due Causi-Esposito-Di Liegro, li aveva già persi nel pomeriggio. L'appoggio di Matteo Orfini era scivolato via già il giorno prima. I consiglieri Pd con i riottosi di Sel si erano ripromessi una mozione di sfiducia. E il fidato Alfonso Sabella, sempre iper combattivo, aveva sfoderato inediti toni dimessi e rassegnati. La giunta dell'ammutinamento, per chi c'era e la può descrivere, “sembrava il Gran Consiglio del 25 luglio”. Marino è di fatto sfiduciato.
“Le mie dimissioni non sono una resa”, scriverà più tardi il primo cittadino e “ temo che dopo di me torni il meccanismo corruttivo-mafioso”. Non c’è che dire: ci vuole un gran coraggio per simili parole…
Un Ignazio, il sindaco dello strazio, ancora vivo e tagliente come una lama di coltello di gomma.
Purtroppo, non è finita lì e con la solita impavidità che lo contraddistingue aggiunge: “Presento le mie dimissioni, sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un'astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche”.
Praticamente, esiste ancora uno spiraglio perché le ritiri e lasci tutto a metà, trasformando il suo gesto non più come la fine della sua carriera politica, ma solo come un nuovo inizio.
Insomma, i romani non possono stare tranquilli.
Pubblichiamo il teso integrale de video messaggio che ieri Marino ha indirizzato ai romani spiegando le sue dimissioni.
“ Care romane e cari romani,
ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso. Quella sfida l’abbiamo vinta insieme. In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta: il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire. I risultati, quindi, cominciano a vedersi.
Il
5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo
storico: siamo davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto
trasversalmente la politica. La città è stata ferita ma, grazie alla stragrande
maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta, ha resistito, ha
reagito.
Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è
stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei
romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza
avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Ho
tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba
andare avanti nel suo cambiamento.
Ma
esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste
condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti.
Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo
che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni.
Non
è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile
ricostruire queste condizioni politiche.
Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno
pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di
ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di
rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di
pubblicarli sul sito del Comune. Chi volesse leggerle in questo modo è in
cattiva fede. Ma con loro non vale la pena di discutere.
Mi importa che i cittadini – tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una parte ma è il sindaco di tutti – comprendano e capiscano che – al di là della mia figura – è dal lavoro che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro – in un modo o nell’altro – venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio”.
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