Editoriale

Incredibile! I francesi cambiano il nome ai morti italiani delle due guerre sepolti nei territori acquisiti dopo il '45

Nei territori di Briga e Tenda non solo e sparita la toponomastica in italiano ma perfino i morti ha perso la cittadinanza originaria

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

i ha un  bel dire integrazione europea. L’impresa, alla prova dei fatti, è  tutt’altro che facile. Non solo –si è visto  recentemente– di fronte ad emergenze epocali, come l’immigrazione extracomunitaria. Perfino su  questioni più “facili”, qual è quella del rispetto della Storia e dell’identità culturale dei singoli popoli, la via dell’integrazione e della tolleranza intereuropea non è scontata.

A denunciare, di recente, un odioso episodio di manipolazione-censura della memoria italiana su suolo francese è stato il quotidiano ligure “Il Secolo XIX”, giornale che non può certamente essere considerato ultranazionalista, il quale ha segnalato la “francesizzazione” dei nomi e della storia di Briga e Tenda, assegnate alla Francia dopo la II Guerra mondiale, con episodi che hanno del paradossale. Vada per la toponomastica,  ad essere “ribattezzati” sono stati però i nomi sui monumenti dei caduti italiani e  perfino sulle lapidi dei cimiteri, con risultati grotteschi: il colonnello italiano Giovanni Pastorelli, morto nel 1911, durante la guerra di Libia, è diventato Jean e risulta caduto in un non meglio precisato “champ d’honneur”; la stele ai caduti italiani nella II Guerra mondiale è intitolata ai “morts et disparus pour la patrie”; lapidi, quale quella dei fratelli Antonio e Giovanni Battista, soldati dell’esercito italiano, caduti nella Grande Guerra, sono state “tradotte”  e i due sono diventati Antoine e Jean-Baptiste.

Ha dichiarato Guido Lucarno, docente di geografia politica all’Università Cattolica e studioso della questione di Briga e Tenda: “Non sapevo che il codice civile francese consentisse di cambiare i nomi ai defunti. E mi meraviglia che l’Italia faccia finta di niente di fronte a quella che secondo me è una pulizia etnica della memoria”.

A non meravigliarsi di questa realtà è Giulio Vignoli, già docente di Diritto dell’Unione Europea nell’Università, studioso delle minoranze italiane in Europa e dei territori italofoni non appartenenti alla Repubblica Italiana, argomenti a cui ha dedicato saggi importanti. Confermando la sua caratteristica di intellettuale “impegnato” ed insieme rigoroso Vignoli dedica ora un ampio saggio al tema, parzialmente denunciato dal quotidiano ligure, dell’identità italiana sul confine occidentale (L’irredentismo italiano di Nizza e del Nizzardo,  Edizioni Settimo Sigillo, pagg. 160, Euro 14,00).

Si tratta del primo tentativo, da parte di un accademico, di chiarire le motivazioni delle rivendicazioni italiane sul territorio di Nizza nel 1938 e di descrivere con equità la sua occupazione da parte dell'Italia durante la guerra dal 1940 al 1943. Le ragioni ci sono tutte: storiche, letterarie, dialettali, politiche. C’è la presenza dei Savoia; l’uso corrente del nizzardo, dell’italiano e del francese; una ricca letteratura in lingua italiana; oggettivi rapporti, soprattutto da parte delle classi dirigenti, con l’Italia.

L’irredentismo italiano di Nizza e del Nizzardo fornisce inoltre  nuove informazioni, nuove perché fin qui non conosciute o volutamente ignorate, circa la possibile concordata entrata in guerra, con la Francia, come risulterebbe dal carteggio conservato (e poi sparito) nell’Archivio privato di Umberto II a Cascais. In appendice  Vignoli  va inoltre alla riscoperta di Marcello Firpo, poliedrico autore italiano, scrittore e poeta dialettale, che subì gravi persecuzioni da parte francese per l'accusa di collaborazionismo, scontando addirittura sette anni di lavori forzati nel carcere di Marsiglia.  “Caso” del tutto ignoto in Italia. Così come – in altro contesto –  per le “epurazioni linguistiche” francesi.

Lo “sciovinismo” non è certamente più di moda. La difesa delle identità storiche e culturali resta però sempre un baluardo contro la morte  dei popoli. Su questi versanti non è questione di bilanci da quadrare o di rigore amministrativo. E’ solo un problema- come mostrano certe “epurazioni linguistiche” e le ricerche di Vignoli -  di memoria, di verità e di coraggio. Purtroppo, soprattutto di quest’ultimo, sul versante della verità storica e della  memoria, in molti sembrano esserne sprovvisti. 

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