Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Fine dei giochi, Marino non è più sindaco di Roma al suo posto un commissario proveniente da Milano. La famosa capitale morale – che presta alla Capitale reale un suo uomo, il prefetto Tronca– ora torna fuori dopo tanti anni con l’imprimatur eccellente di un magistrato: Cantone che evidentemente si appresta a fare il salto in politica, magari proprio candidandosi in quella Milano di cui ha cantato le lodi a scapito di Roma definita priva di anticorpi in grado di combattere il malaffare.
Il ritornello non è nuovo, è lo stesso – per quanto in formulazione diversa (di tipo odiosamente comparativo: Milano è meglio di Roma) – di quello che Bossi lanciò tanti e tanti anni fa: Roma Ladrona!
Già che differenza c’è fra la Roma ladrona di Bossi, che tanto faceva indignare le anime belle della politica di sinistra e Roma senza anticorpi del “presentabile e amabile” magistrato Cantone renziano senza se e senza ma al punto da dichiarare di volersene andare dall’Anm, in polemica con i colleghi che attaccano il governo?
Ovviamente nessuno, ma Cantone ha scelto il cavallo vincente, è salito sul carro del piacionismo, che neppure Berlusconi riesce a non ammirare (per quanto con una grossa parte di invidia).
È curioso come in questo paese sia praticamente impossibile distinguere il vero dal falso, la moneta che suona fasulla da quella di solida lega aurea. Sembriamo un popolo che vuole sacrificarsi (con tutti i riti e liturgie necessarie) al più efficace imbonitore. Renzi è simpatico, racconta balle come se fossero verità acclarate, dice e si contraddice con una disinvoltura degna del più improbabile dei politici e la stessa cosa fanno i suoi ministri e sodali. Guardate Padoan, dopo aver dichiarato in tutte le salse che l’aumento del contante era un aiuto all’evasione ora invoca il diritto ad aver cambiato idea e plaude ai 3000 euro liberalizzati da Renzi.
Altri, per esempio Orfini, non ha neppure il pudore di ammettere di aver cambiato idea e dunque di aver sbagliato in passato, visto che ora dichiara Marino un personaggio da sfuggire come la peste (politica). Ieri sera a 8 e1/2 alla domanda di un giornalista se non si pentiva di aver sostenuto Marino, quando già mesi fa Renzi lo aveva di fatto commissariato, ha risposto che non aveva niente di cui pentirsi. Il giornalista, allora gli ha letto la dichiarazione da lui rilasciata in favore della permanenza di Marino al Campidoglio, una inequivocabile difesa dell’ex primo cittadino, e lui candidamente, senza l’ombra di un rossore, ha detto che non esisteva contraddizione fra quelle parole e l’attuale posizione di ostracismo violento e inappellabile sulla carriera di Marino Sindaco. Non ha neppure provato a cercare di dire che le cose erano peggiorate, che Marino aveva intrapreso una strada imprevedibile al momento della dichiarazione a suo favore.
Orfini, come Renzi e tutti gli altri, sa che non c’è bisogno di ricorrere alla logica, ai valori di coerenza, lealtà (nei confronti dell’elettore e dei cittadini). Basta mentire con disinvolta sicurezza, d’altra parte come insegnava un certo signore oggi assai inviso, una menzogna ripetuta diventa una verità!
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