Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
on sono le immagini che ti fanno particolarmente male, a quelle siamo abituati da tanta fiction che rende la realtà quasi sempre inferiore all’immaginato.
Infondo, per quanto possa apparire assurdo, non sono neppure tutti quei morti, anche alla morte di massa si stiamo abituando. Barconi di clandestini che affondano, terremoti, alluvioni, guerre. Ci siamo addirittura abituati agli sgozzamenti multipli di occidentali in tuta arancione inginocchiati con dietro un uomo incappucciato che emette la sentenza di morte e poi la esegue. Certo non la vediamo, ma la immaginiamo come ce l’ha fatta vedere la tv dei telefilm.
Fiction e cronaca: l’una arriva sul piccolo schermo, dalle siderali distanze della fantasia creata dai pixel del segnale digitale, è dentro le nostre case, ma lontanissima come tutto ciò che appartiene all’immaginario per quanto verosimile. Infondo il verosimile è rassicurante perchè alludendo al reale, rimane al di là dello schermo, confinato in una sfera che seppure potrebbe (ammonimento) non è (sollievo).
L’altra, la cronaca passa attraverso gli stessi canali, schermo, pixel, ha quasi lo stesso aspetto, vero verosimile. Così tutto si amalgama diventa una sostanza stupefacente, nel senso etimologico del temine, ci lascia stupefatti la prima volta, poi subentra l’assuefazione e tutto perde forza, pathos.
Quel che è accaduto a Parigi venerdì 13 novembre non può e non deve entrare in questo circuito mentale.
Non può perché questa volta i terroristi, evidentemente consapevoli che l’occidente è drogato di cronaca/fiction al punto da non esserne sconvolto e colpito più di tanto, si sono inventati una procedura nuova: colpire il cuore di una grande città europea, colpire i luoghi dove chiunque di noi avrebbe potuto essere e, questa volta, colpirli simultaneamente in zone diverse.
Poiché anche se fingiamo di no, siamo esseri fragili e impauriti, da ore assistiamo all’aggiornamento continuo di notiziari dove esperti o sedicenti o creduti tali ci dicono che il fondamentalismo islamico del califfato ha voluto colpire i luoghi del divertimento occidentale, hanno voluto vendicare l’intervento francese in Siria, ecc. ecc.
Noi italiani possiamo quasi rassicurarci, in Siria non ci siamo. Certo, abbiamo promesso di andare, ma giusto con due droni, che poi non sono neppure pronti. Come al solito contiamo sulla nostra improntitudine strutturale, sullo stellone che da sempre ci ha assistito grazie a un po’ per furbizia, un po’ di imperizia, un po’ di vigliaccheria, un po’ di millantato credito.
E poi, noi il terrorismo lo conosciamo bene, ce lo siamo fatto in casa negli anni ’70: treni che saltavano in aria, banche che detonavan; la strategia della tensione sappiamo cos’è e pensiamo che infondo anche con l’Is andrà come con le Br: una legge sul pentitismo, facilitazioni per chi denuncia il compagno, poca galera per tutti (tranne quei due o tre casi esemplari) e voilà il gioco è fatto, qualche anno di paura poi tutto finisce.
Peccato che questa volta non si tratta di terrorismo casalingo, i fondamentalisti del Califfato non li si sconfigge promettendo loro riduzioni di pena in cambio della delazione della cellula, non lo sconfigge neppure cedendo al ricatto, ammesso che un ricatto a cui rispondere ci sia.
Il califfato non vuole qualcosa da noi. Il califfato vuole noi.
Non vuole le nostre ricchezze, che non abbiamo, loro possono avere il petrolio, figuriamoci. Non vuole neppure le nostre terre, o chissà che altro cui noi siamo affezionati.
Per paradossale che sia il Califfato vuole l’unica cosa che noi non abbiamo più: i nostri valori, la nostra fede religiosa, il nostro orgoglio di occidentali, in una parola il califfato vuole la nostra civiltà per distruggerla e sostituirla con la propria.
E noi di fronte a questa aggressione siamo inermi. Come facciamo a difendere quel che non ci interessa più, al punto da rinunciare ad educare dei bambini alla bellezza se essa è posta sotto le insegne della cristianità che ha ispirato gli artisti?
Come facciamo a lottare per una civiltà di cui ci vergogniamo?
E soprattutto come facciamo a fronteggiare un nemico armato dell’arma più potente, praticamente invincibile come ci hanno insegnato i santi che popolano il nostro calendario: la fede?
Infine, come si fa a vincere contro qualcuno che ci ha dichiarato guerra e ha cominciato a combatterla se ignoriamo la minaccia e facciamo finta di niente in nome di un pacifismo vigliacco?
Per questo quel che è accaduto a Parigi non si può dimenticare. Per ciò di quella mattanza nella capitale francese dobbiamo avere paura. Dobbiamo prendere coscienza di essere in guerra e smettere con i giochini intellettuali delle anime belle pronte ai distinguo sofistici: i terroristi non erano profughi arrivati sui barconi, non pensate di ridurre l’accoglienza, l’altro diverso da me è mio fratello in maniera indiscriminata, e se vuole assoggettarmi basta che chieda per piacere... ecc ecc.
Sì, dobbiamo avere paura, ma non solo e non tanto dei terroristi del Califfato, ma degli idioti di casa nostra che, fra il cancro e l’organismo attaccato dalle cellule maligne, difendono il genere tumorale in nome della solidarietà!
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