Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
numeri sono espliciti. Secondo l' ultima indagine Istat il problema demografico del nostro Paese continua ad aggravarsi: natalità a picco, pochi giovani, sempre meno fertili e allergici al matrimonio. Nel 2014, ha calcolato l'Istituto di statistica, i bambini iscritti all'anagrafe sono stati 502.596, 12mila in meno rispetto al 2013.
Nel dettaglio, spiega il rapporto Istat “Natalità e fecondità della popolazione residente”, la diminuzione delle nascite è dovuta soprattutto alle coppie di genitori entrambi italiani. Per la prima volta nella storia nazionale i nati da questa tipologia è scesa sotto 400 mila: 398.540. Negli ultimi sei anni i figli di coppie italiane sono scese di 82 mila unità. La spiegazione statistica è un calo della fecondità. Tendenza iniziata nel 2010 e in continua crescita. L'anno scorso, il numero medio di figli per donna è sceso a 1,37 (rispetto a 1,46 del 2010). Le italiane, sempre più vicine a quota uno (cioè figlio unico), hanno registrato nel 2014 una media di 1,29 figli. Le non italiane resistono ancora sui due figli 1,97 a testa, per la precisione. Ma nel 2008 erano 2,65.
Con questa tendenza il rischio di estinzione per l’Italia è dietro l’angolo. I numeri non danno scampo: secondo una costante universale il valore di sostituzione, ovvero il numero di figli necessari a garantire una bilancia demografica in pareggio, è infatti di 2,1. Se un Paese lo supera la popolazione ha tendenze espansive, se non lo raggiunge si va verso una contrazione demografica. Le statistiche dell’Italia mostrano che il paese è sceso sotto il tasso di sostituzione nel 1977, e dal 1984 è stabilmente sotto il valore di 1,5, un livello che non solo non evita il declino demografico, ma annuncia quasi certamente che la caduta sarà traumatica.
Al di là dei numeri, oggettivamente allarmanti, ancora più allarmante è che nessuno sembra volersi fare carico del problema. Pochi ne parlano. I mass media ne fanno appena cenno. Nessun talk show gli dedica attenzione. La politica non se ne preoccupa. Quando va bene si possono ascoltare le solite, stanche e ripetitive critiche sulla mancanza di politiche per la famiglia e sulla crisi economica: troppo poco per trasformare in un caso il crollo demografico, facendo così crescere una consapevolezza diffusa e creando il necessario allarme nazionale.
Il tema infatti, ancor più che relativo alle politiche sociali, è antropologico e culturale. In che senso? Nel senso che, grazie ad una moda diffusa, piuttosto che una speranza ed una aspettativa di vita i figli sembrano essere ormai diventati un problema, “una palla al piede” – come ha teorizzato, qualche anno fa, la psicanalista francese Corinne Majer, con il suo “No Kid: quaranta ragioni per non avere figli”, un lungo quaderno di doléances, che parla del parto come di una tortura, vede le madri trasformate in dispensatrici di cibo, isolate socialmente, frustrate nelle loro aspettative di lavoro, sessualmente inebetite, con i figli percepiti come una voce di costo, parassiti e fannulloni.
Insomma un incubo, che sintetizza la “percezione” della maternità tra le giovani generazioni, figlie del relativismo etico e dell’edonismo, nel nome del “child-free”. Con i risultati che – numeri alla mano – abbiamo visto ed i rischi di estinzione del Bel Paese.
In fondo si raccoglie quel che culturalmente si è seminato. Per questo ad avanzare è il deserto demografico: linea piatta per l’Italia senza figli e senza domani.
Decisamente una brutta prospettiva … A meno che non si cominci ad invertire la tendenza, favorendo la crescita di una nuova cultura dell’accoglienza alla vita. Di questo bisogna trovare il coraggio di discutere. Di questo, alla prova dei fatti, c’è un gran bisogno, ancora prima che degli asili, degli assegni familiari e degli incentivi per le famiglie.
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