Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Si è impiccato, al colmo della disperazione per aver perso i risparmi di una vita investiti nella banca Etruria che il governo ha salvato a scapito degli investitori che in quell’istituto di credito avevano creduto e investito.
Il pensionato di Civitavecchia aveva 68 anni una moglie alla quale ha lasciato un bigliettino di addio e soprattutto tanta vergogna per essersi fidato di chi non meritava la sua fiducia, tanta disperazione per aver perso i risparmi di tutta la vita, circa 100.000 €, tanta angoscia pensando al futuro divenuto improvvisamente un buco nero.
Ma c’è un giallo che lascia perplessi legati alla morte dell’uomo. Perché abbiamo saputo solo ieri, 9 dicembre del suicidio avvenuto il 28 ottobre? L’agenzia Ansa riporta l’ipotesi che solo dopo aver letto sul computer la lettera di addio il suicidio è stato collegato al crac della Banca già legata alla famiglia del ministro Boschi.
Francamente è difficile pensare che la moglie non sapesse nulla, anche perché pare che nel messaggio estremo l’uomo abbia dato sfogo alla sua rabbia e alla sua disperazione, come è francamente difficile pensare che in assenza di biglietti vicini al corpo dell’uomo in presenza di un suicidio evidente gli inquirenti abbiano aspettato più di una settimana per guardare sul computer dell’uomo.
Il sospetto sorge legittimo che al solito si nascondano (almeno fin quando è possibile!) le cattive notizie che mettano in governo e il premier di fronte alle proprie responsabilità.
Siamo un paese dove alle prossime generazioni, ma già a partire da fra una ventina d’anni e forse anche meno, non sarà garantita una pensione innescando nel giro di poco una vera e propria bomba sociale. Già dal 2025 ci sarà un enorme numero di pensionati senza pensione (corrispondente agli attuali 50enni entrati tardi nel mondo del lavoro essendo per loro cambiate in corsa le regole del gioco, ancora alla fine degli anni ’90, cioè circa 15 anni fa un quarantenne senza lavoro fisso sapeva che avrebbe potuto contare su una pensione calcolata sull’ultimo stipendio) che rappresenteranno, purtroppo per loro, solo una minima parte del problema (un po’ come gli attuali esodati troppo pochi per rappresentare un vero problema elettorale l’unico a cui la politica sia sensibile e dunque lasciati al loro destino) che scoppierà intorno al 2030 con una vera e propria massa critica di pensionati non in grado di sopravvivere con l’assegno che lo stato erogherà loro.
Il 2030, fra 15 anni, troppi perché la nostra politica se ne preoccupi. La logica renziana è gestire il potere ora e fin quando c’è, fingere che tutto vada bene e che la povertà dei pensionati, i privilegi di altri, le ingiustizie nei confronti degli statali, quelle nei confronti dei piccoli imprenditori, i drammi della disperazione, i giovani a spasso ormai catatonici rispetto al problema del lavoro, fingere che tutto questo non ci sia o sia marginale rispetto alle “grandi riforme” mai completate (e per fortuna visto che l’unica portata a termine, il cosiddetto jobs act fra poco mostrerà i disastri di cui è portatore).
E così continuerà la disperazione di chi non ce la fa ad
arrivare alla fine del mese, di chi si vede fregato dalle banche salvate dal
governo a spese dei piccoli investitori, di chi, vittima di un disastro
naturale, dopo poche parole di formale conforto viene dimenticato perché lo
sappiamo Renzi si occupa e presenzia solo ai successi e si tiene ben distante dal
dolore e dalle devastazioni (alla faccia dello spirito scoutistico) dove
occorrerebbe un leader nel quale aver fiducia, non un battutista simpatico.
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