Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
gli studenti cattolici va spiegato il Ramadan e ai musulmani il significato del presepe. Tutte le espressioni religiose devono avere diritto di cittadinanza a scuola e in qualsiasi istituzione pubblica. È questa la mia visione di laicità, che non è quella francese che impedisce ai simboli religiosi di entrare nelle istituzioni pubbliche." Parola di Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza, che ha non ha saputo trovar di meglio per lanciare alla stampa un messaggio “natalizio”. Sicuramente tutti gli Imam, in occasione del Ramadan, si preoccupano di fare altrettanto.
Una dichiarazione “in puro stile Bergoglio”; di quelle cioè che dette in certi contesti e in un certo modo si potrebbero anche accettare, se non condividere, ma che riescono sempre ad “esplodere” nel momento e nella maniera più inopportuna; e rischiano di essere dannatamente fuorvianti. Evidentemente il “chi sono io per giudicare” ha fatto scuola …
Ma questo è ancora poco in confronto a quello che alcune settimane fa disse il giocondo monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova (verrebbe da dire nomen omen, se non fosse che le cipolle sono utili e saporite) il quale si è dichiarato “pronto a fare tanti passi indietro sulle nostre tradizioni” se questo significasse pace e tranquillità. E questo, a proposito dei canti natalizi nelle scuole. Salvo poi naturalmente, cercare di rigirare una frittata che puzzava però non poco di bruciato
Giubileo della misericordia: al di là delle chiacchiere mediatiche, di indulgenza e di Purgatorio ben poco si parla, e quel poco è alquanto confuso. Un giubileo, tra l’altro, annunciato proprio il 13 marzo, giorno anniversario della elezione di Francesco; un altro esempio di …autoincensamento? Comunque sua ormai, il sospetto è che molti cattolici ne sappiano ben poco del Purgatorio e lo confondano al massimo con un lassativo …. Eppure, il valore fondamentale del giubileo dovrebbe essere proprio questo, anche perché nell’ottica cristiana non esiste misericordia senza giustizia. Ma la seconda sembra ormai aver abbandonato non solo i tribunali dello stato laico, ma anche i soloni del Vaticano. Con tanti saluti al Vangelo, naturalmente! Ma la penserà così anche il Padreterno? Certo, questo è un problema di chi ci crede, e quindi forse non del Vaticano.
Tre fatti - nessuno, se si vuole, particolarmente eclatante – che devono però spingerci a riflettere sul significato di una festa che ormai di Cristiano ha solo qualche vago ricordo. Non ci sarebbe da stupirsi se un giorno proprio i vari monsignori Cipolla e Pizziol, questi alfieri della bandiera bianca che hanno paura di “disturbare” ricordando le radici cristiane, propongano di sostituirlo con una bella “festa della pace”, mettendo magari al posto del bue e dell’asinello un panciuto prelato e un barbuto imam. Senza offesa per i nobili animali, si intende … e anche per gli Imam, che a volte, quando non fiancheggiano terroristi o talebani, si dimostrano molto più dignitosi e intelligenti di certi prelati cattolici, o sedicenti tali.
Non è nemmeno questione di tirare fuori la solita storia – solita, ma non per questo meno vera – del consumismo che ha ormai affogato in banchetti e lustrini le ultime scintille di senso del sacro. Da festa di valore mondiale, nel senso di ricordo di un evento destinato a cambiare il destino del mondo, il Natale si sta al massimo trasformando in un evento mondiali sta, in una festa cioè del tutto asettica ed “epurata”da ogni riferimento al trascendente. La stessa, stucchevole e nauseabonda polemica sul presepe ne è un chiaro indizio: laddove il presepe ha una chiarissima connotazione religiosa e rimanda al mistero del Dio incarnato, l’albero di Natale invece ricorda al massimo le renne e la barba di un panciuto signore del nord, che non ha nessun bisogno di connotazioni religiose, anzi …. Guarda caso, infatti, la polemica contro gi alberi natalizi assume, al massimo connotazioni ….. ecologiste.
Quel che dà maggiore angoscia e tristezza però è l’atteggiamento della Chiesa cattolica, o meglio di tanti suoi esponenti più o meno altolocati (autorevoli non è proprio un termine adatto al caso). Costoro sarebbe bene si rileggessero queste accorate parole del grande Giovannino Guareschi, in quel suo bellissimo libro postumo che è Don Camillo e i giovani d’oggi; “Signore, la patria non è quel pezzo di tela colorata che si chiama bandiera. Però non si può trattare la bandiera della patria come uno straccio. E voi siete la mia bandiera, Signore… ”
Sicuramente, la fede non sta nel presepe e nemmeno nei crocifissi, come appunto quel grande e venerabile crocifisso ligneo che la chiesa post-conciliare voleva imporre a Don Camillo di mettere nello sgabuzzino (e all’epoca si era solo all’inizio!) Questo lo sapevano probabilmente molto bene anche quei martiri antichi, ai quali veniva chiesto di rendere omaggio alla divinità dell’imperatore per avere salva la vita; o lo sanno bene quelli di oggi, nei cui confronti Papa Bergoglio, prontissimo a commuoversi per ogni immigrato o migrante si rivela invece così distratto. Anche loro potrebbero benissimo rinnegare la croce, far finta di irridere i simboli della loro fede pur continuando in cuor loro a credere.
Invece molti, troppi di loro su quella croce hanno il coraggio di salirci: al posto dell’oro, dell’incenso e della mirra offrono il loro sangue per testimoniare la fede nel Dio fatto uomo, che si rivelava nella immensa bellezza e nella terribile fragilità di un bambino. Ma i monsignori Cipolla, Pizziol e compagnia pessima sono piuttosto figli del celebre conte zio di manzoniana memoria: troncare, sopire. E soprattutto annacquare. Quando il nemico incalza non si ammaina la bandiera e poco importa se quella bandiera è di stoffa pregiata o un pezzaccio di tela. Già, ma il problema è proprio questo: chi è oggi il vero nemico?
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