Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
opo anni di chiusure acritiche e di conflittualità sociale i sindacati italiani sembrano essere avviati sulla strada della partecipazione. La proposta è contenuta nel documento “Un moderno sistema di relazioni industriali”, che verrà presentato nei prossimi giorni da Cgil, Cisl e Uil. Il documento rappresenta il tentativo da parte delle Confederazioni sindacali di aggiornare il sistema contrattuale, dopo il fallimento, alcuni mesi fa, della trattativa con la Confindustria, unitamente alla richiesta di una legge per rendere validi per tutti i minimi retributivi fissati nei contratti e all’indicazione di adottare un modello partecipativo con i rappresentanti dei lavoratori coinvolti nelle scelte strategiche delle imprese.
Per il mondo del lavoro quest’ultima proposta è una vera e propria rivoluzione.
I sindacati parlano esplicitamente di “centralità del valore e dei principi del dettato costituzionale. L’art. 46 della Costituzione, infatti, dato il fine dell’armonia tra elevazione economica e sociale del lavoro e le esigenze della produzione, cita esplicitamente “… la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.””
A questo scopo vengono individuate tre “aree di partecipazione”: partecipazione alla governance, partecipazione organizzativa, partecipazione economica-finanziaria. Al fondo il rilancio del “Dialogo Sociale”: “il perseguimento dell’equilibrio condiviso tra le esigenze di sviluppo e di competitività delle imprese e la salvaguardia dei diritti del lavoro e della coesione sociale a partire dalle retribuzioni, si fonda - si legge nel documento - sulla partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori e del sindacato alla costruzione della solidità e della efficacia, a tutti i livelli, dei liberi e autonomi istituti negoziali tra le parti sociali”.
Siamo ancora alle affermazioni di principio, ai buoni propositi. Ma certamente di svolta si può parlare. Passare dal conflitto alla partecipazione significa infatti rompere con il vetero-classismo per incontrare le idee della più avanzata dottrina sociale. Significa portare finalmente la voce dei lavoratori all’interno degli organi decisionali delle aziende, innescando un ampio e salutare processo di integrazione sociale. Significa realizzare standard più alti dei livelli informativi e dell’efficienza gestionale delle aziende, maggiore integrazione tra lavoratori e management, miglioramento delle strategie delle imprese. E non solo. Una lettura “lunga” della partecipazione può favorire la dinamicità produttiva; creare le condizioni per una reale mobilitazione delle forze sociali, delle risorse nazionali, delle competenze tecniche e spirituali della Nazione; restituire centralità al lavoratore; attuare una concreta, ma non demagogica, giustizia ridistributiva,
C’è – come si vede – molto da discutere ed anche molto tempo da recuperare. Gli argomenti non mancano. Ora si tratta di verificare le volontà in campo. E di passare dalle parole ai fatti. Con l’augurio che la proposta partecipativa dei sindacati non sia una mera provocazione.
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