Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Riportiamo, integralmente, un articolo di Libero a firma Tommaso Lorenzini, dove si tratta del problema arbitri e conflitto d’interessi. E’ datato 28 febbraio 2014 e mai stato posto in evidenza.
Lo facciamo noi.
«Gli arbitri italiani sono tra i migliori al mondo, dobbiamo rispettare quello che fanno. Ve lo dice uno che ha sbagliato in maniera anche grossolana andando a protestare perché al 94’, a mio avviso, non ci era stato dato un rigore. Da allora ho cambiato atteggiamento e ho grande rispetto del lavoro degli arbitri, del lavoro di Braschi e di Nicchi che cercano di farli migliorare». Parole che stemperano, quelle di Antonio Conte, pronunciate alla vigilia del match di Trebisonda e pochi giorni dopo il derby che ha visto il Torino lamentarsi per gli errori di Rizzoli, la Fiorentina incendiarsi per le quattro giornate a Borja Valero e quel referto di Gervasoni definito «bugiardo», l’Inter arrendersi all’ennesimo penalty non concesso, stavolta da Russo contro il Cagliari.
Certo, qualcuno può obiettare che è facile parlare da lassù, anche se l’intento di Conte è da leggere come ecumenico messaggio di serenità rivolto a tutta la serie A, fischietti compresi, primo passettino di avvicinamento al caldissimo Milan-Juve di dopodomani, in quel San Siro in cui, nonostante il tempo trascorso, è ancora vivo il ricordo del gol-non gol di Muntari, e dove il direttore di gara, Guida, sarà osservato speciale.
Già, ma quanto
guadagnano gli arbitri per un lavoro così esposto e molto spesso ritenuto
insoddisfacente? Ieri il Corriere dello sport ha pubblicato un esaustivo
articolo che spiega come, al lordo degli emolumenti, i fischietti costino circa
5 milioni di euro all’anno, suddivisi in 3,8 milioni per le 38 gare di serie A
(circa centomila a giornata), cui vanno aggiunti la Supercoppa Italiana e tutta
la Coppa Italia. Una bella somma, in assoluto, poca roba se si considera che
l’ultimo fatturato della serie A è stato di oltre 1,4 miliardi.
Nel dettaglio, gli internazionali hanno un “fisso” (gli ex diritti d’immagine)
di 80mila euro l’anno più l’ingaggio Uefa, dunque un arbitro di medio-alto
livello può arrivare a 200mila euro lordi a stagione. Mica male, ma va
sottolineato come la loro carriera sia più breve in relazione ai calciatori,
non hanno il posto fisso (se sbagliano e vengono puniti saltano partite e non
incassano) e devono avere un lavoro che gli consenta di gestirsi elasticamente.
Rizzoli, ad esempio (finora 77.600 euro guadagnati, viste le varie apparizioni
internazionali che culmineranno, unico italiano, con il Mondiale), è
architetto, molti altri sono liberi professionisti. In stagione, in testa ai
guadagni ci sono Orsato e Doveri con 62.400 euro (13 partite di A, una di Coppa
Italia e 12 volte giudice d’area).
Ora, chi paga gli arbitri? La Figc, visto che l’Associazione Italiana Arbitri è la settima componente della Federcalcio. Bene, niente di nuovo, eppure è curioso che oltre a Tim e alla finanziaria Compass fra i main sponsor di Figc e Coni ci siano la Fiat e Iveco, la divisione dei veicoli industriali dell’azienda. Le cose sono un po’ cambiate negli ultimi anni, ma non è difficile leggere «Fiat uguale Agnelli uguale Juventus». Non entriamo in polemiche e dietrologie da bar, ma non vi pare un conflitto d’interessi? È giusto sostenere che al mercato non si comanda, la Casa torinese si sta espandendo, è entrata prepotentemente negli Usa acquisendo Chrysler e ha grandi interessi in Brasile, dove nel 2014 si disputeranno i Mondiali. Ed è anche doveroso ricordare che la sponsorizzazione non è una notizia di ieri ma che il sodalizio va avanti fin dal 2000 (con l’intermezzo 2006 quando invece il partner era Volkswagen, a Calciopoli esplosa e Mondiale vinto) ed è stato rinnovato nel 2011 con scadenza quest’anno: la presenza del marchio Fiat sull’abbigliamento sportivo e la fornitura esclusiva di auto e mezzi per gli spostamenti, frutterà alla Federcalcio 3 milioni a stagione (12 milioni in 4 anni) che potranno salire fino a 18 a seconda dei risultati.
Fin qui il business,
ma come si può non sorridere se qualcuno obietta: «Pensate se al posto di Fiat
ci fosse scritto Mediaset, o Saras!». Ad aggiungere pepe alla faccenda già
intricata c’è perfino Bassetti, storico marchio tessile italiano, che fa parte
del Gruppo Zucchi. E chi è titolare della maggioranza (56,26%) del capitale?
Gigi Buffon, capitano di Juve e Nazionale.
Certo, l’idea che «io ti pago, e tu non mi tocchi» non sta in piedi, bisogna
ricordare che ad Antonio Conte i quattro mesi di sospensione a causa del
Calcioscommesse, sono stati comunicati su fogli con l’intestazione Figc. E poi
c’è sempre la causa contro la Federcalcio da 443 milioni presentata al Tar del
Lazio da Andrea Agnelli per i danni di Calciopoli: insomma, un’azienda che ne
porta in tribunale un’altra da lei stessa supportata. È tutto regolare, ma lasciateci
sorridere.
Non aggiungiamo altro!!!
Massimo Melani