Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
n un’Italia percorsa dal vento delle depenalizzazioni lascia francamente interdetti la proposta di legge del deputato dem Emanuele Fiano, che punta ad equiparare la vendita di souvenir nostalgici all’apologia di fascismo.
Fiano tenta di giustificare la sua iniziativa “volando alto”: “Se guardiamo a quel che sta avvenendo in molte parti d’Europa, dove stanno riprendendo spazio molti movimenti xenofobi, dico che certi atteggiamenti non possono essere assolutamente sottovalutati. Si tratta di simboli? Certo, ma anche i simboli rivestono il loro ruolo. Se riteniamo non più punibili i simboli allora anche ciò che essi rappresentano rischia di non essere più percepito come un problema”.
Cosa c’entri qualche innocuo gadget con i movimenti xenofobi francamente ci sfugge. A vedere cosa circola nei market della nostalgia, largamente diffusi nella rossa Romagna, più che di rigurgiti fascisti bisognerebbe parlare di trionfo del cattivo gusto, secondo la definizione fatta, a suo tempo da Gillo Dorfles, per il quale molti dei capolavori della storia sono “divenuti emblemi kitsch perché ormai riprodotti trivialmente e conosciuti, non per i loro autentici valori ma per il surrogato sentimentale o tecnico dei loro valori”.
Le immagini di Mussolini, riprodotte ossessivamente, in fondo rispondono a questi canoni estetici.
Ceramiche e tshirt, calendari e accendini, cravatte e bottiglie di vino, cappelli e foulard, fibbie ed anelli, fino all’imperdibile linea-bambino con i “bavaglini-me ne frego” più che un pericolo per l’ordine democratico sono esattamente quel “surrogato sentimentale”, evocato dallo snob Dorfles. Niente di più.
Ancora più paradossale è che, mentre in Germania viene autorizzata, dopo settant’anni di “proibizionismo”, la vendita dell’hitleriano “Mein Kampf”, non proprio un libro per educande, in Italia ci sia qualcuno, addirittura un deputato del calibro di Fiano, responsabile nazionale PD per le Riforme, che vede un pericolo nell’immagine mussoliniana ad uso del turista italiano ed estero, a tal punto da equiparare la vendita di souvenir all’apologia di fascismo.
Più che a tirare fucilate alle idee o a qualche bottiglia di lambrusco, con il faccione del Duce stampato sull’etichetta, Fiano e la sinistra si preoccupino d’altro. Magari a insegnare a certi antifascisti militanti, come gli assalitori della libreria “il Bargello” di Firenze, che la libertà d’espressione non ha colore e che quindi non c’è qualcuno più “libero” di altri, al punto da prendere a sprangate chi non condivide le proprie idee. Ed ancora a capire che cosa fu veramente il fascismo, la cui lettura è talmente complessa che, non a caso, dopo settant’anni, continua ad animare i dibattiti e a riempiere di novità gli scaffali delle librerie.
L’Italia non ha bisogno di censure diseducative, magari interpretate in modo “estensivo” da certi antifascisti militanti, ma di buoni storici. La politica faccia il suo mestiere, se ci riesce. E lasci in pace il lambrusco del Duce.
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