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Il Milan rialza la testa e batte la Fiorentina 2 a 0. Juve passeggia a Udine e con Pogba in panchina

Roma pareggia con il Verona e Spalletti comincia a preoccuparsi. Napoli caput mundi, Higuain da Pallone d'oro

di  Totalità

Il Milan rialza la testa e batte la Fiorentina 2 a 0. Juve passeggia a Udine e con Pogba in panchina

Bacca mentre segna

Di ultima spiaggia in ultima spiaggia, Mihajlovic è arrivato in cima alla Fiorentina e oltre la seccante ombra di Lippi. Se la Fiorentina ,alla seconda sconfitta consecutiva, ha smarrito la continuità d’inizio stagione, il Milan sta cercando una sua dimensione. Il futuro del Milan rimane ostaggio di una maturità che la squadra perde non appena tocca, o tocca non appena perde

Di ultima spiaggia in ultima spiaggia, Mihajlovic è arrivato in cima alla Fiorentina e oltre la seccante ombra di Lippi. La partita era delicata: il Milan ha lasciato il gioco agli avversari e s’è preso il risultato. Difesa e contropiede da una parte, possesso palla di una sterilità imbarazzante dall’altra: prosit.

San Siro ha vissuto notti migliori, certo, ma alla prima di ritorno non puoi pretendere caviale e champagne da chi non l’ha mai offerto e da chi, a spanne, non sa più servirlo. Il Milan ha ricominciato dal secondo tempo di Roma: aggressivo, pratico, incisivo. Il gol di Bacca gli ha permesso di giocare di rimessa: il massimo, con l’aria che tira. La Fiorentina è alla seconda sconfitta consecutiva, sesta in totale: brutto segno. A Paulo Sousa mancavano Gonzalo Rodriguez e Badelj: la stampella di una difesa già traballante e il «recuperatore» di metà campo. Il k.o. va al di là, molto al di là. Una mezza occasione in avvio e stop: KalinicIlicic e Bernardeschi ingabbiati, solo mischie, solo torello e zero aiuti dagli innesti, a differenza del Milan, il cui raddoppio è farina di due panchinari, Kucka (lancio) e Boateng (zampata).

Palla a Borja Valero: sempre, comunque. E trame orizzontali, mai verticali. Se la Fiorentina ha smarrito la continuità d’inizio stagione, il Milan sta cercando una sua dimensione. E’ stato umile, ha giocato di squadra, con Honda e Bonaventura spesso terzini, e fieri di esserlo. Ci sono stati momenti di alto catenaccio, con il Milan precettato al limite della propria area, pronto a cogliere l’attimo. Il successo di coppa con il Carpi era un atto dovuto, questo no. Il Milan si rilancia in orbita europea, la Fiorentina scivola a sei punti dal Napoli. E’ quarta, il piazzamento degli ultimi tre tornei. Lo scudetto non rientrava negli obiettivi d’agosto, d’accordo, ma i risvegli bruciano. Non credo che basti Tino Costa: urge un difensore di peso. E una scelta netta su Pepito Rossi: o dentro o fuori. I suoi spiccioli di gara non hanno diradato i forti dubbi che lo accompagnano.

Né Vecino né Borja Valero sono riusciti a cambiare passo. E, in attacco, non un dribbling vinto, non uno spiraglio conquistato. Tanto che Donnarumma, se escludiamo la padronanza nelle uscite, sarebbe da senza voto. Il futuro del Milan rimane ostaggio di una maturità che la squadra perde non appena tocca, o tocca non appena perde. Il derby tra un paio di giornate si segnala fin d’ora come il centesimo snodo in agenda. Capisco il disorientamento che spesso coglie Mihajlovic: gli comprano Luiz Adriano e poi lo cedono; riportano a casa Balotelli (e forse anche El Shaarawy); Galliani ne garantisce la conferma «se possibile»; Barbara suggerisce un «cambio generazionale»; Berlusconi pensa a mister Bee (e a Lippi, almeno fino a ieri). E’ stato un Milan a immagine e somiglianza del serbo: duro e raccolto, senza fronzoli neppure nel giardino di Montolivo e Bertolacci. Voce dal fondo: sono gli stessi concetti espressi dopo il 3-1 alla Lazio. E’ proprio questo il problema.

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