Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
econdo i bene informati, l’“ideologa” di Denis Verdini e del suo gruppo Ala (Alleanza Liberalpopolare Autonomie) è Manuela Repetti. La notizia incuriosisce. In tempi di bassa tensione politica, una patente del genere non è poca cosa. Qual è dunque il pedigree politico-culturale della signora Repetti? Intanto è la moglie di Sandro Bondi, già Ministro dei Beni Culturali per il centrodestra ed ex vate di Berlusconi (a cui ha dedicato poesie struggenti), oggi ritornato ai vecchi lidi della “rive gauche” (dopo essere stato, negli Anni Settanta, militante comunista). Forzista della prima ora, berlusconiana di ferro, deputata di Forza Italia nel 2008 e poi al Senato, dal 2013, la signora Repetti in Bondi così sintetizza l’Ala-pensiero: “Il problema non è quello di costruire un’alternativa di centrodestra al governo Renzi, un centrodestra tutto da rifondare nei contenuti. Semmai, di fronte al rinnovamento della sinistra incarnata da Renzi, per le forze liberali e riformiste la sfida è proporre un progetto politico nuovo, per oggi e per il futuro, cioè un’alleanza tra un’area ancora dispersa di centro e la realtà di una sinistra per la prima volta davvero moderna che Renzi rappresenta”.
D’accordo, non è più tempo di grandi elaborazioni politiche, quelle che – nel Secolo scorso – vedevano i partiti segnati dalle idee di Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Antonio Gramsci e poi di Giuseppe Dossetti, Norberto Bobbio, Giuseppe Prezzolini.
Viviamo immersi nella “società liquida”, dove i confini e i riferimenti sociali e culturali si perdono ed i poteri si allontanano dal controllo delle persone. E’ perciò comprensibile, ma non giustificabile, il cambio di casacca politica, che, dopo l’innamoramento senza se e senza ma verso Berlusconi, ha portato il trio Verdini-Bondi-Repetti a passare, in meno di due anni, da un fronte politico all’altro. Lo scandalo vero è cercare di dare una patente ideologica, se non ideale, a questi repentini cambi di rotta, dietro cui si nasconde malamente il mercanteggiare politico delle cariche e delle poltrone.
Autentico atto simbolico di questa “ideologia indifferenziata” è la busta – fotografata, in aula, da un senatore leghista e riprodotta da “il Giornale” - su cui Bondi ha riportato i numeri del governo, alla vigilia insufficienti per l’approvazione della riforma Renzi-Boschi (157) e poi lievitati, grazie a 17 verdiniani, 3 tosiani e 2 forzistii quali hanno fatto la differenza. Salvato il governo, il “calcolo” bondiano è stato premiato, due giorni dopo, con tre vicepresidenze ad altrettanti verdiniani: Eva Longo (prima berlusconiana, poi fittiana, ora verdiniana) alle Finanze, Pietro Langella al Bilancio, Giuseppe Compagnone alla Difesa. Ancora più grave è che in pochi si siano scandalizzati. Scontato il silenzio dell’attuale maggioranza di governo. Un po’ meno quello degli organi d’informazione, moralizzatori a corrente alternata.
Per dirla con Georges Bernanos, il denaro e – aggiungiamo noi - le “poltrone” hanno ormai risucchiato tutto quello che aveva un certo onore nel mondo. L’ideologia vincente è quella della “bustarella”. Anche a costo di vendere insieme al proprio “onore” la legittima volontà popolare, quella che aveva portato in parlamento, con ben altro mandato, gli attuali verdiniani, alfaniani, fittiani, tosiani.
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