Editoriale

Ci sarebbe bisogno di un'Europa vera e forte, ma affoghiamo in un surrogato intollerabile

L'incontro Renzi-Merkel ha reso evidenti tutti i limiti e i danni di questa assemblaggio farlocco e quanto invece sarebbe necessario poter contare sulla forza dell'unione

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

er dirla con un Eugène Ionesco riattualizzato: Dio è morto, Marx è morto e l’Europa sta poco bene. Le cause? Il primo è stato ucciso dal relativismo etico, il secondo dalla realtà storica, l’Europa giace in coma, soffocata dall’abbraccio dei falsi europeisti.

Non sembri un paradosso: i veri assassini dell’idea europeista sono proprio coloro che, a parole, dicono di esserne i paladini. Come il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, andato in pellegrinaggio a Ventotene, ad evocare l’Europa delle origini, quella di Altiero Spinelli, dopo l’ennesimo nulla di fatto con una sempre sorridente, ma rocciosissima Angela Merkel.

Inseguito dall’ossessione per il nemico “populista” ("Non su tutto siamo d'accordo, anche per l'appartenenza a diverse famiglie politiche, ma il nostro avversario oggi è lo stesso: il populismo") Renzi prova a rinverdire un’idea europeista mai decollata, quella federalista, per nascondere le gravi divisioni sui temi concreti. Lui difende Schengen e la Merkel si appella ai sacri confini dell’Unione, lui prende tempo e la Merkel batte cassa per la Turchia, lui rilancia la flessibilità di bilancio e la Merkel passa la palla alla Commissione Ue, controllata da un suo fedelissimo.

Al fondo c’è la sostanziale incapacità di Renzi nel costruire per l’Italia un ruolo attivo rispetto all’asse franco-tedesco da un lato e all’emergenza immigrazione-terrorismo dall’altro, con un’Europa tutta spostata a difendere l’asse danubiana, lasciando sguarnito il suo ventre molle.

Non è un caso allora che, sondaggi alla mano, il consenso nelle istituzioni europee da parte degli italiani sia crollato al 27%. Questa Europa non ci piace sia per il suo rigore debordante che per la sua soffocante ingerenza normativa, ma soprattutto per la sua debolezza politica, per la sua incapacità ad  affermarsi come soggetto autonomo ed attivo sugli scacchieri internazionali, per la sua ignavia strategica.

E qui vogliamo essere ancora più chiari e provocatori. Oggi è di moda essere antieuropeisti. I numeri dei sondaggi confermano questi orientamenti. I governanti non aiutano. Un misto di retorica e di doppiogiochismo soffoca i gracili processi d’integrazione continentale. Eppure qualcosa d’altro e di diverso sia rispetto al falso europeismo dei governi sia rispetto alla  deriva antieuropeista è necessario dirlo. Cominciando magari a porre qualche domanda controcorrente.  

In un mondo “polarizzato” come l’attuale, ormai costretto a confrontarsi sui grandi numeri (territoriali, demografici, economici, militari)  possiamo permetterci, in quanto europei, di tornare alle “piccole patrie” ? Per andare dove ? Proponendo quali politiche  e con quali strumenti ? Di fronte all’aggressività dell’integralismo islamico, siamo veramente convinti che i singoli Stati possano reggere il confronto? C’è spazio per un’Europa meno “buonista” in grado di svolgere, con forza e dignità, il suo ruolo in questa parte del mondo? Vogliamo finalmente riaprire il dibattito sul ruolo e le responsabilità europee, uscendo fuori dai troppo facili e semplificatori confini dei falsi europeisti (di governo) e degli antieuropeisti d’assalto?

L’Idea europea è troppo grande, per Storia, Cultura, Tradizioni, da essere lasciata in mano alla retorica europeista, stile Renzi, e alle  facili semplificazioni di chi vuole archiviare l’Unione.

Pensiamoci prima di buttare, con l’acqua sporca di un europeismo fasullo, la speranza di fare del nostro Continente un nuovo, autentico  protagonista di civiltà.

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