Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
na sparata di Bergoglio al giorno leva il cattolico di torno? Continuando di questo passo, la Chiesa di Francesco rischia di ridursi ad un ritrovo forse molto a la page, ma con più fedeli di Scalfari che di Cristo.
E’ quantomeno singolare che, dopo tutte le recenti polemiche e lo stupore suscitato dal suo silenzio sul Family Day, motivato da alcuni “moschettieri” del pontefice argentino come desiderio di non interferire nella politica interna italiana, Francesco intervenga a gamba tesa con due giudizi che dovrebbero sconcertare anche la persona meglio disposta nei suoi confronti: l’elogio di Napolitano e della Bonino. E in questo caso, non ci sono certo “valori non negoziabili” da difendere, anche perché i due personaggi in questione non hanno avuto nessun problema a metterli tranquillamente sotto i loro laicissimi e probabilmente atei piedi.
Non è più possibile, a questo punto, invocare la scarsa conoscenza della situazione politica italiana. Un tempo la virtù della Chiesa e dei Pontefici in particolare era la prudenza: che non significava affatto reticenza, ma semplicemente pesare le parole ed evitare di parlare senza una precisa e netta cognizione di causa. Del resto, le simpatie di papa Francesco per la sinistra, a qualsiasi latitudine, non hanno bisogno di ulteriori conferme.
Ma dove vuole andare Francesco? E soprattutto, dove vuole trascinare la barca di Pietro?
Le dichiarazioni a favore della Bonino e di Napolitano rientrano in una ampio discorso riportato in un articolo di Massimo Franco sul Corriere della Sera di lunedì 8 febbraio, che ha immediatamente suscitato molta eco. Un articolo in cui Bergoglio sembra annunciare, grazie al prossimo incontro con il patriarca di Mosca Kirill (previsto per il 12 febbraio) nientemeno che la fine del quasi millenario scisma ortodosso, la rottura consumatasi a Bisanzio tra il patriarca Michele Cerulario e il legato papale Umberto di Silva Candida nel 1054. Sarebbe bellissimo se fosse vero, perché la Chiesa ortodossa è senz’altro quella per molti aspetti più vicina a quella Occidentale, e anche per il significato che un simile gesto verrebbe ad assumere. Ma l’impressione è che si sia solo al fiat lux e che Francesco enfatizzi non poco. Poco male fin qui, anche se non ci capisce bene perché un incontro di questa portata debba avvenire proprio nella Cuba di Castro. Non sarebbe tra l’altro male ricordare i sapienti e intensi sforzi di Benedetto XVI- da Bergoglio neppure nominato, almeno nell’articolo - per riprendere il dialogo con le chiese ortodosse.
Dopo questo, il pontefice argentino ipotizza la ripresa di rapporti non solo con la Russia ma anche con la Cina, passando poi in Africa: “Sulle primavere arabe e l’Iraq si poteva immaginare prima quello che poteva succedere. E in parte c’è stata una convergenza di analisi tra la Santa Sede e la Russia. In parte, è bene che non esageriamo perché la Russia ha i suoi interessi” . Ma il Papa invita sempre a pensare “alla Libia prima e dopo l’intervento militare: prima di Gheddafi ce n’era uno solo, ora ce ne sono cinquanta. L’Occidente deve fare autocritica” dichiara il pontefice.[i]Naturalmente, da questo passaggio in buona parte condivisibile, Bergoglio ne approfitta per ribadire le sue tesi sulla “accoglienza senza limiti”, ricordando persino il suo viaggio a Lampedusa: a chi infatti gli ricorda le preoccupazioni che in Europa suscitano le migrazioni epocali in atto, ribatte che l’Europa può e deve cambiare e se non è in grado di aiutare economicamente i paesi da cui provengono i profughi, deve porsi il problema di come affrontare questa sfida. Ed è a questo punto che Bergoglio snocciola il “rosario” dei suoi grandi personaggi: non solo de Gasperi ed Adenauer, ma per venire ai nostri giorni …. Napolitano e la Bonino! Vale la pena di riportare per intero il passo del Corriere:
“Quando Napolitano ha accettato per la seconda volta, a quell’età, e sebbene per un periodo limitato, di assumersi un incarico di quel peso, l’ho chiamato e gli ho detto che era un gesto di “eroicità” patriottica». Quanto alla Bonino, a interlocutori che strabuzzano gli occhi sentendo citare l’esponente radicale, sostiene che «è la persona che conosce meglio l’Africa. E ha offerto il miglior servizio all’Italia per conoscere l’Africa. Mi dicono: è gente che la pensa in modo molto diverso da noi. Vero, ma pazienza. Bisogna guardare alle persone, a quello che fanno”.
Già, a quello che fanno. E non sarebbe male chiedersi se oltre a “pensarla” diversamente, non agiscano in modo tale da risultare del tutto inconciliabile con la visione cristiana della vita. Anche a volere – e con grande fatica – dimenticare il passato comunista di Napolitano, colui che plaudì al massacro degli Ungheresi che volevano liberarsi dal giogo sovietico senza mai “chiedere scusa”, ci sarebbe da ricordare a Francesco che la figura del presidente è tutt’altro che immacolata: a parte la discutibilissima manovra con cui sostituì un governo eletto dal popolo con uno scelto dall’eurocrazia finanziaria e non, da un punto di vista cattolico l’atteggiamento dell’allora presidente sul caso Englaro non dovrebbe apparire tanto degno di “santificazione”; altrimenti è inutile ribadire, come pure ha fatto di recente, la sacralità della vita dall’inizio alla fine. Ma questo è nulla rispetto a Emma Bonino: se bisogna guardare a “quello che fanno” le persone, come può essere coerente con una visione del mondo cristiana e con la tutela della vita l’operato di chi ha fatto dell’aborto la sua bandiera?
Francesco parla di costruire ponti e di abbattere muri, ma sembra dimenticare una cosa: che non si può costruire un ponte per l’aria, senza argini e sponde ben solide. La sua “strategia” mescola alcuni elementi senza dubbio condivisibili a dichiarazioni e atteggiamenti del tutto inaccettabili per un cattolico; a meno di supporre davvero che la dottrina sia una cosa e la prassi un’altra, che la mano destra ignori quel che fa la sinistra e si possa essere tranquillamente “ortodossi” in teoria e del tutto eretici nella pratica. E’ l’esatto rovesciamento della strategia, sicuramente meno popolare ma quanto più coerente, di Benedetto XVI che aveva indicato il relativismo come “male assoluto”, mentre Bergoglio sembra farne la sua insegna?
Avremo dunque “santo Napo” e “santa Emma”, tanto buona con gli africani da poter passar sopra a qualche migliaio di insignificanti bambini mai nati (ma italiani; del resto non è stato Bergoglio, in un’altra della sue “felicissime “ sortite, a dire di non figliare come conigli?) Magari esposti insieme alla salma di padre Pio, così poco gradito a sinistri e affini, per cui papa Francesco sembra avere tanta simpatia, ignorandone evidentemente il carattere e la devozione a quella Tradizione che per lui oggi sembra il nemico principale? Certe cose susciterebbero perplessità se dette da un laico, ma dal capo della Chiesa Cattolica fanno cadere le braccia. Eppure, almeno in questo bisogna riconoscergli una sinistra (in tutti i sensi!) coerenza: non fu lui sin dall’inizio del pontificato a dire chela chiesa si era occupata sin troppo di principi non negoziabili e di questioni etiche?
In compenso, la Chiesa di Bergoglio appare sempre più nel migliore dei casi una sorta di pachidermica ONLUS in cui ogni vescovo o prelato può dire quello che gli salta in testa, purché naturalmente vada nella “giusta “direzione, che sembra in realtà un gigantesco precipizio. Vedremo se, nel prossimo viaggio sudamericano, assisteremo anche alla beatificazione di Castro; e anche del Che, già che ci siamo. Chissà che Francesco questa volta non indossi una bella maglietta con il faccione barbudo del comandante? Potrebbe tornare utile, tra l’altro, per coprire la croce, quella croce che Castro, il Che e i loro accoliti hanno fatto “assaggiare” a tanti, cristiani e non.
[i]ww.corriere.it/cronache/16_febbraio_08/francesco-il-mio-abbraccio-fratelli-ortodossi-739bf6ee-cdf6-11e5-9bb8-c57cba20e8ac.shtml
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