Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Hanno vinto gli Stadio, nel ricordo sicuramente delle loro tantissime collaborazioni con il grande Dalla e che si erano già presentati al Festival, e in entrambi i casi avevano dovuto sopportare l'onta dell'ultimo posto.
Afferma L'Espresso :"Dopodiché questi aficionados del perdere duro avevano ritentato il colpo, ma negli occhi del leader Gaetano Curreri si era riflessa sempre la stessa melanconia: quella di chi onora amorevolmente il mestiere, e però stenta ad affermarsi davvero. Ecco: eri sera, quattro uomini in età tra i cinquanta e i sessantatré hanno visto sanare il torto."
Il che dovrebbe entusiasmare i fan degli happy end - e così infatti è -, ma in parallelo gela per il messaggio complessivo del Festival.
Che è quello mesto e chiaro di un Paese dal presente debole, incapace di plasmare speranze di resurrezione e anzi maestro nell'avvilire le anime giovani e belle.
Non a caso al primo posto, sul palcoscenico ligure, sono saliti artisti dal profilo vintage, e non Francesca Michielin e il duo Iurato-Caccamo (rispettivamente seconda e terzi).Perché l'alchimia sintetica dei telecirchi talent, da cui venivano i tre ragazzi, è andata a sbattere contro la tradizione.
Che sarà pure statica, appannata, foriera sempre e per sempre delle stesse idee ed emozioni, ma ha riscaldato i sentimenti di chi ascoltava in platea.
«Un giorno ti dirò», cantavano gli Stadio narrando un dialogo tra padre e figlia, «che ho rinunciato alla mia felicità per te», e così hanno commosso in nome del rassicurante.
La stessa ricetta cucinata lungo tutto il Festival, dove i valori della famiglia e della solidarietà sociale hanno regnato tra gli applausi.
Non c'è più spazio, nell'anno 2016, per la strafattezza alcolica di Vasco Rossi e il suo barcollare punk contro il perbenismo sanremese.
C'è Carlo Conti invece, che da un lato ha speso attenzioni per i più fragili (malati, carcerati o chi vive la realtà di un handicap) e dall'altro invece ha gestito una gara asettica.
Inutile, a questo punto, insistere sui limiti della pargola fornaciarica, sul manierismo rock del caro Ruggeri o sul rap dalla faccia buona di Rocco "Wake Up" Hunt.
Agli atti resta che questo Festival (quantomai garbato, nessuno lo può negare) ha mancato di coraggio, preferendo il ritornello del solito "Yesterday" a quello fresco e stimolante di un eventuale "Tomorrow".
«Prudenza!!!», sembrava ululassero le quinte dell'Ariston.E così nulla di spiazzante è provenuto da Garko e Ghenea, mentre l'eclettica ed esondante Virginia Raffaele (bravissima nell'ultima serata anche a interpretare se stessa) non ha osato trasformarsi nella ministra dello scandalo Etruria.
L'unico a osare, paradossalmente, è stato proprio Conti, che tra una risata e l'altra con Panariello e Pieraccioni ha pubblicizzato ieri sera (di fronte ai vertici aziendali in sala) uno spettacolo che interpreterà con loro all'Arena di Verona.
Perché va bene l'altruismo festivaliero, ma anche i conduttori hanno le loro esigenze.
Inserito da ghorio il 14/02/2016 20:15:27
La mia speranza è che il Festival di Sanremo non venga enfatizzato e che ritorni ad essere una gara di canzoni, come all'origine. Altro che tribuna di pregi e difetti italici, come i tuttologi televisivi ci propinano da anni. Altro che passerelle di ospiti che nulla hanno a che fare con le canzoni, oltre alla passerella di presunte belle, come l'ultima romena. Brava sicuramente la Virginia Raffaele nelle sue imitazioni. Non capisco poi gli interventi dei vari Giancarlo Leone e Antonio Campo Dell'Orto con l'enfasi del Vincenzo Mollica di turno.
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