Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Anche per lui è calato il sipario, ma non c’è fiorentino degno di tale nome che non lo porterà sempre con sé. Paolo Poli, grande solista della scena, se n’è andato ieri pomeriggio a Roma dove era stato ricoverato, alla vigilia dei suoi 87 anni che avrebbe compiuto il prossimo 23 maggio. Appena l’otto gennaio scorso aveva inaugurato con lo spettacolo Teatrino la riapertura del teatro Niccolini, in cui era stato di casa negli anni ’80: è stata la sua ultima apparizione pubblica e come ha ricordato commosso il sindaco Dario Nardella, il suo ultimo regalo alla città di Firenze, “ in un indimenticabile racconto della sua vita che ora è divenuto il suo testamento artistico”.
Poli è stato per certi aspetti uno degli ultimi, grandi rappresentanti di quel filone comico che dalla commedia dell’arte arriva sino allo straordinario e quasi dimenticato Ettore Petrolini: “Io sono un divulgatore, non un pensatore, mi attacco alle cime letterarie e le trasformo in un’ora e mezzo di spettacolo. Non fuggo però mai dalla realtà. La fantasia non è volare a vanvera nel cielo, per me vuol dire stare fermo con i mezzi guanti e lo scaldino e immaginare Gerione, il serpente volante. Per quello che mi riguarda acchiappo Balzac e vo a dormire con lui, che è il vero amore” disse qualche anno fa. [1] La sua capacità affabulatoria era incredibile, pochi come lui sapevano tenere avvinto lo spettatore con la magia della sua voce, che si spostava agevolmente attraverso i decenni se non nei secoli, in uno spettacolo fatto di canzoni, gag, mosse, ammiccamenti. La sua voce riusciva ad esprime l’afflato della nonna che racconta le storie, i birignao di principesse e nobildonne vanitose e snob e il gracchiare di streghe cattive. Come dimenticare, ad esempio, la straordinaria interpretazione di uno dei testi più “irriverenti” di Aldo Palazzeschi , Visita alla contessa Eva Pizzardini Ba, in cui sosteneva contemporaneamente le parti dello scrittore e della nobildonna: un incontro tra due fiorentini doc, entrambi un po’ scapigliati, irriverenti, decisamente fuori dalle righe; o il bellissimo Mezzacoda del 1979, per certi aspetti forse il suo capolavoro, anche questo uno spettacolo “solista” con il solo aiuto della sorella Lucia al pianoforte, vero e proprio itinerario “kitsch” di mezzo secolo di cultura attraverso i salotti i salotti buoni di Gozzano e i salamini di Petrolini. Una sua specialità era infatti una personalissima “rivisitazione” di testi letterari, montati in scena con siparietti comici da avanspettacolo che trovavano un ottimo supporto in divertenti colonne sonore: brani musicali e canzonette d’epoca da lui cantate in falsetto.
I suoi esordi avvennero in piccoli teatri di provincia: alla Borsa di Arlecchino di Genova (1959) dove si fece subito notare per la ironia pungente, la sua vena garbatamente istrionica e un nonsense tra lo scapigliato e il futurista. Il suo primo vero spettacolo è però nel 1961 Il Novellino, che va in scena alla Cometa di Roma: a questo seguono una serie di spettacoli divertentissimi, costruiti in buona parte da montaggi di testi letterari commisti ad altre fonti di varia cultura e di cronaca popolare; vero e proprio “teatro da camera” che rimarrà il suo stile abituale e inconfondibile di recitazione. Intanto, sempre nei primi anni sessanta, è protagonista di una trasmissione Rai in cui legge favole per bambini, da Esopo a altri testi letterari; e la lettura della favole, che realizzerà anche per i Fratelli Fabbri, resterà un’altra delle sue straordinarie specialità. Più di una generazione conosce la sua voce per averla ascoltata e riascoltata nella propria infanzia, prima nei dischi, poi nelle cassette, nei cd e adesso sul web. Si tratta, forse, della voce del teatro che più di ogni altra ha saputo incantare i bambini.
Poi, una carriera dirompente e folgorante: non senza qualche scandalo, come quella Santa Rita da Cascia (1967) che fu sospesa per oltraggio alla religione. Senz’altro una lettura irriverente della vicenda della grande santa, ma che ebbe tra l’altro il merito di irritare la santimonia untuosa e bigotta di Oscar Luigi Scalfaro, il quale presentò addirittura una interrogazione parlamentare. Evidentemente per il non rimpianto ex presidente della repubblica italiana condannare a morte non era peccato, scherzare sui santi sì. Da parte sua, Poli sosteneva: “Io non volevo creare uno scandalo, volevo semplicemente rendere omaggio a una forma d’arte che era il teatro parrocchiale”.
Oltre al teatro, Poli ebbe diverse presenze in televisione, assai meno cospicue quelle nel cinema. E’ stato attivo e presente sul palcoscenico praticamente sino alla fine: tra gli ultimi spettacoli da lui ideati Sillabari (2008, da Goffredo Parise) e Aquiloni (2012, da Giovanni Pascoli).
Irriverente, graffiante, sicuramente un po’ istrione ma mai volgare o eccessivo, Poli è stato una delle figure artistiche più intelligenti, originali e scanzonate degli ultimi decenni: uno spirito fiorentino per arguzia, con stile, cultura, ironia e autoironia, capace di sorridere di se stesso prima di chiunque altro. Ne sentiremo e non poco la mancanza.
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