Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Forse il modo migliore per avere accesso alle problematiche che Dalmazio Frau, pittore e illustratore, presenta nel suo recente lavoro, L’arte spiegata a mia cugina, edito da Tabula Fati (per ordini: 335/6499393, edizionitabulafati@yahoo.it, euro 11,00) è far riferimento al sottotitolo, Pensieri sull’Arte nella Tradizione, nella Politica, nel Fantastico in pieno Kali Yuga.
Da esso si evince come il testo si ponga in termini decisamente polemici nei confronti dell’arte contemporanea e delle politiche dei “Beni culturali” messe in atto negli ultimi decenni nel nostro paese, mentre sviluppa, al contempo, l’elogio dell’arte tradizionale. Il volume è un appassionato tentativo di trasmettere l’amore per la produzione artistica ad un pubblico, quello dei lettori italiani, soprattutto giovani (rappresentato dalla figura della cugina cui l’autore si rivolge), immemore ormai della tradizione estetica nazionale ed europea. Le pagine di Frau sono, inoltre, arricchite dalla prefazione di Angelo Crespi, quanto dalla postfazione di Riccardo Rosati. Entrambi sembrano condividere con l’autore lo stesso atteggiamento speculativo inattuale, pur nutrendo medesime speranze per il futuro.
Frau sostanzialmente ci dice che l’arte vera è creazione di immagini e poiché la parola imago è in relazione, non solo fonetica, con “magia”, ne consegue che l’artista, il creatore, è colui che compie un’operazione teurgica. La funzione dell’arte è evocativa ed essa si sostanzia innanzitutto di particolari funzioni tecniche di natura psichica che, solo in seconda battuta, sono correlate alla dimensione materiale.
Il Fare magico-artistico dette il meglio di sé nell’età medioevale-rinascimentale (epoche esperite dall’autore in continuità e non in contrapposizione), e toccò il proprio apice nell’Accademia neoplatonica di Careggi: qui nella persona dell’artista si realizzò una sintesi riuscita di filosofo, poeta, musico e mago. Tra gli eminenti creatori di quell’età lontana solo Benvenuto Cellini ammise “nella propria autobiografia, di aver avuto a che fare con le sfere più occulte del creato…Prima ancora furono certo maghi Paolo Uccello e Pinturicchio e Sandro Botticelli” (p. 61). Le loro immagini cominciarono ad assumere consistenza simbolica, furono forme capaci di incidere la materia, in quanto atte a coagulare gli influssi cosmici, sia uranici che inferi. L’opera d’arte come momento della Grande Opera ermetica, idea, come giustamente ricorda Frau, presente in Vitruvio che rinnovò la posizione platonica nel ritenere la creatività estetica capace di unire uomo e dio. Tale Via non si esaurì allora, ma ha continuato a riproporsi, almeno in alcune straordinarie figure, anche nelle epoche successive fino a noi.
Abbiamo preso le mosse dalla presentazione sintetica di quello che riteniamo il capitolo centrale del libro. Da esso si dipartano considerazioni a margine, che l’autore sviluppa nelle altre parti del volume organicamente collegate a questa. E’ ovvio che l’arte così intesa, mirata a porre in congiunzione microcosmo e macrocosmo, non possa essere, come oggi si usa dire, fruita dal pubblico. La “fruizione” dell’arte si è imposta quale degenerescenza della meraviglia estetica in un mondo interamente votato all’utile e alla mercificazione universale. Ma poiché l’opera d’arte in senso proprio non la si guarda, ma è necessario tra-guardarla in quanto rinvia ad un’ulteriorità non oggettivabile in alcun modo, Frau coerentemente asserisce che essa, non casualmente “femmina”, induce godimento, senso di pienezza. L’incontro con il bello e l’armonico si è così manifestato nel mondo della fantasy di Tolkien, sintonico alle idealità pittoriche dei pre-raffaelliti, nonostante la diversa opzione di fede (protestante) di questi ultimi, o nell’arte dell’illustrazione di Frank Franzetta “Così come in passato ogni tavola, ogni tela… poteva consentire all’uomo l’accesso al sovrannaturale…altrettanto oggi fanno le immagini degli artisti “fantastici”…permettendo ancora una volta all’uomo dell’Età Oscura… di superare la barriera della grezza materia” (p. 107).
Sotto il profilo storico viene ribadito una sorta di primato dell’arte sacra occidentale nei confronti dell’Isografia, in quanto le icone non sono spiritualmente più attive della produzione europea “oltre a dimostrasi tecnicamente superate” (p. 47). A più riprese, inoltre, viene rilevato il ruolo educativo che la scuola dovrebbe svolgere per orientare le nuove generazioni nella definizione di un rapporto positivo con la bellezza e la creatività. Al riguardo lo studioso presenta quali momenti rilevanti della sua personale formazione, l’incontro con una docente di Storia dell’Arte che seppe stimolare il suo gusto per la ricerca e l’interrogazione critica, e le visite domenicali, durante l’infanzia con la famiglia, a musei e gallerie. Si lamenta con forza del silenzio assordante di quanti avrebbero dovuto difendere il nostro patrimonio artistico e la nostra tradizione dallo scempio compiuto in pochi decenni: in primis dei rappresentanti della Destra politica ed intellettuale, sordi a qualsiasi appello in tema. Dimostra, inoltre, come la trascuratezza nei confronti dei linguaggi dell’arte e dei suoi simboli possa produrre esegesi sconsiderate. Ciò emerge nel capitolo dedicato alle interpretazioni ufologiche di pitture del passato, nel quale Frau riesce a suscitare nel lettore, nelle critiche documentate ai “fedeli” ufologi, esplosioni di ilarità per l’inanità delle loro posizioni.
Vi sono nel libro vere e proprie digressioni intorno a temi specifici. Ci ha colpito particolarmente quella che ha per protagonista il Gatto sulla tela. L’autore rileva che il felino domestico, a differenza di altri animali “ha la facoltà di comparire…in molti dipinti anche quando la sua presenza non è giustificata in alcun modo dall’episodio raffigurato” (pp. 79-80). Ciò in funzione della “sua natura sfuggente, appartenente a quel Mondo di Mezzo…dove mai è ben definito dove terminano gli Inferi e cominciano i Cieli” (p. 82). Altrettanto interessante è il capitolo dedicato a Il diavolo dipinto. Qui si sostiene che l’Arte smaschera il diavolo, presentandolo sempre per quello che effettivamente è, nelle sue orribili fattezze, come il totalmente altro rispetto al Bello.
Fondamentalmente l’arte contemporanea è interpretata da Frau quale risultato della spinta di un Io non più centrato, verso la realizzazione desiderativa di sé, un’apertura sul nulla. Un solo appunto da parte nostra, alcuni artisti contemporanei, tra gli altri il dadaista Evola, avevano ben compreso che la rappresentazioneartistica, in ogni epoca, è subitaneo e iconoclastico rinvio al principio, che non è un positivo, ma nulla di ente, ni-ente. Per cui oltre che nel passato, l’Origine in arte è tornata a mostrarsi, ci pare, anche nelle avanguardie.
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