Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
L’affare Tempa Rossa, trivella selvaggia o malaffare diffuso secondo il migliore (peggiore) costume italiano, oltre ai noti e miserevoli risvolti politici, ha messo il dito su una piaga che solo in parte è stata evidenziata: il rapporto dell’ex ministro Guidi con il padre di suo figlio (chiamiamolo così per carità di patria, come si suol dire).
Rapidamente le tappe della questione personale e pubblica fra il signor Gemelli e la signora Guidi, come le abbiamo apprese dai giornali con il non trascurabile contributo della ex ministro.
1. Scoppia lo scandalo e la Guidi al «Corriere della Sera» rivendica il ruolo del compagno come marito di fatto se non di diritto, a tutti gli effetti sentimentali e di relazione, come a dire: quel che gli ho detto era nell’ambito di un contesto famigliare stretto, avevo tutte le ragioni per confidarmi con un congiunto. Vero, ma solo in parte, un tempo i sovrani dormivano in camere separate poiché non si corresse il rischio che il re, parlando nel sonno, rivelasse alla moglie segreti che ella non doveva sapere. Certo erano altri tempi e un ministro non è un sovrano, però è improprio invocare il vincolo affettivo per giustificare una confidenza (per ora chiamiamola così) su affari di Stato.
2. Cominciano ad uscire le intercettazioni più complete delle telefonate intercorse fra la Guidi e il Gemelli, il quale improvvisamente passa dal ruolo di marito-di-fatto-se-non-di-diritto, a persona con la quale “vivo da tempo di fatto separata” (sintetizziamo il concetto, non la lettera delle dichiarazioni). Restiamo un po’ sconcertati, visto che dalla prima dichiarazione sono passate poche ore, ma siamo propensi (per fedeltà alla logica e alla coerenza argomentativa) a credere che la Guidi voglia dire che i suoi impegni di ministro la costringono a frequentare il marito (di-fatto-non-di-diritto) con meno assiduità se non addirittura a stare lunghi periodi separati uno in una città, una nell’altra (la Capitale).
3. I testi delle intercettazioni delle telefonate fra la Guidi e Gemelli mostrano che il cosiddetto marito-di-fatto è un vero e proprio arrampicatore sociale, sfruttatore della posizione della moglie-di-fatto-non-di-diritto, ingrato, maschilista e anche abbastanza maleducato al punto che la ex ministro ad un certo punto lo accusa di trattarla come una sguattera guatemalteca (si prevedono precisazioni e scatti di orgoglio delle sguattere guatemalteche, nonché delle loro organizzazioni sindacali, pronte a rivendicare la dignità del loro lavoro e a prendere le distanze dalla Guidi e dal di lei marito-di-fatto). Ma non solo, gli rinfaccia gli atteggiamenti «schifosamente arroganti umilianti con un maschilismo da deficiente»; protesta perché, invece di farsi un giro in barca, lui pretende incontri con vertici di potere che lo aiutino negli affari e lei dichiara (sempre al telefono a quel marito-di-fatto): «Tu e gli altri due vi siete presi questa signorina da spremere come un limone». Quindi dal piano professionale si passa a quello squisitamente intimo, con accuse nelle quali ogni donna non fatica a riconoscersi: «La tua preoccupazione non è Fede sei stanca? Io non ho un uomo a cui appoggiarmi» Per giungere alla altrettanto (dalle donne) nota “gaboletta” maschile della finta attenzione nei confronti della moglie-di-fatto inducendola a un pranzo dalla suocera, “così non ti stanchi” (sottinteso: a preparare), che per lui è in realtà utile a fare determinati incontri.
Alla fine la Guidi potrà, uscendo dall’interrogatorio in procura, dire a buona ragione che lei è la parte lesa!
Non c’è dubbio, e l’ex- ministro ha tutta la nostra solidarietà femminile. La sua vicenda mostra ancora una volta quanto la cultura maschilista di questo paese sia tenacemente pervasiva e apparentemente inestirpabile se anche una donna-di-potere (ministro, nonché imprenditrice di successo) ne diventa vittima. Eppure…
Eppure c’è ancora qualcosa che mette noi donne in condizioni di non parità con il maschile. Lo vogliamo chiamare sentimentalismo, oppure semplicemente debolezza affettiva? Possiamo definirla debolezza di empatia, o capacità di com-passione? Sta di fatto che il maschile ancora gioca un ruolo importante nella vita di una donna (assai più di quanto non faccia il femminile in quella di un uomo) facendo leva sugli affetti, sul senso della famiglia e della solidarietà sentimentale.
Certo, si potrebbero citare fior di casi di uomini subornati dalle donne che stanno loro intorno e li inducono a comportamenti che definire riprovevoli è un simpatico eufemismo (abbiamo visto la parabola berlusconiana fra olgettine e cerchi magici). Ma la differenza profonda sta nel fatto che mentre il maschile è consapevolmente disposto al ricatto dei sensi e usa il potere con l’arroganza di chi sta sopra le regole morali o etiche esercitando la volontà in nome del proprio piacere; nelle donne il tutto avviene attraverso una dolorosa agnizione della propria debolezza emotiva che le induce a soggiacere al ricatto affettivo. Ci sono moti di ribellione (mi tratti come una sguattera!) richieste di comprensione (non ti preoccupi se sono stanca) che però non inducono alla risoluzione del rapporto ancorché gravemente deficitario e squilibrato nel dare e nell’avere, e neppure alla sua conduzione su binari diversi.
Insomma ammettiamolo: fisicamente o metaforicamente gli uomini ci menano e noi li lasciamo fare, inconsapevoli che il prezzo da pagare non sta in quell’accettazione della loro violenza fisica o metaforica, ma nella caduta della meravigliosa e rassicurante fiducia che rende il rapporto con il maschile bello, soddisfacente, pieno, rassicurante, equilibrato.
Recupere quella fiducia è arduo, se non impossibile, e questo rende gli uomini come il signor Gemelli: imperdonabili!
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