Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Insomma, la montagna ha partorito il topo? L’esortazione apostolica Amoris Laetizia, che segue e sigilla le due sessioni del Sinodo della famiglia, era per certi aspetti più attesa di un evento calcistico. La schiera dei cattoprogressisti, cattocomunisti ed ecumenici con chiunque (tranne ovviamente che con i cattolici doc) e a qualunque costo parlava di un qualcosa di rivoluzionario, un autentico terremoto. Il cardinale Kasper ,vero e proprio panzer dello schieramento modernista che al sinodo si era battuto per la comunione ai divorziati risposati, parlava addirittura “del più importante documento della storia della Chiesa dell’ultimo millennio”; nientemeno.
In realtà, si tratta di un testo, a dire il vero abbastanza prolisso e non molto lineare, di circa 260 pagine e più di 300 paragrafi. “Non cambia niente, ma cambia tutto. Qui è il paradosso, profondamente cristiano, di questa Esortazione. Perché con l’Amoris laetitia tutto può effettivamente cambiare. Niente cambia in termini di dottrina, tutto cambia e può cambiare se di questa dottrina, per grazia, si assumono gli occhi e il cuore che sono quelli di Cristo in carne e ossa.”[1] Così l’Avvenire, il giornale dei vescovi italiani. Alla faccia della chiarezza! Ma nel Vangelo non c’è scritto “sia il tuo parlare si si no no, ciò che è di più viene dal maligno?”. Bei tempi: con il pontificato di Bergoglio siamo entrati invece nell’era del forse che sì forse che no. Insomma, dagli Evangelisti a D’Annunzio (che in materia d’amore certo non era l’ultimo arrivato, ma in questioni teologiche forse un po’ meno) il salto è notevole; probabilmente il Vate Immaginifico troverebbe la cosa molto divertente ….
Di una cosa bisogna dare atto a Bergoglio: di essere un propagandista di abilità sopraffina. E’ riuscito a creare intorno a questo documento un’attesa spasmodica, a farne quasi una chiave di volta dei destini della fede cattolica. E soprattutto, il nuovo e finalmente autentico modo di essere cristiani e forse cattolici; forse, perché il cattolicesimo, in realtà, sembra essere l’ultima preoccupazione al mondo di questo pontefice il cui obiettivo sembra una Chiesa molto “new age” ma ben poco romana. E le parole di Avvenire lasciano veramente allibiti: sembra che la testata cattolica ritenga che, in sostanza, sotto gli ultimi pontefici, uno dei quali santificato proprio dall’attuale, la dottrina cristiana avesse bisogno di … occhiali, o quantomeno non avesse gli occhi del suo fondatore. Ma questa gente, rilegge per sbaglio quello che scrive?
Eppure, a una prima e frettolosa lettura (data anche la mole del testo) questa esortazione sembrerebbe avere ben poco di rivoluzionario ed essere anzi, una rimasticatura in salsa “misericordina” dell’insegnamento tradizionale della Chiesa; e in parte è così. Ma sicuramente, il fatto che la solita stampa “progressista” la porti alle stelle, fisiche e metafisiche, dovrebbe far sentire sotto tanto incenso un po’ di odorino di zolfo. “ Amoris laetitia consegna alla storia un solo vincitore” esordisce con slancio lirico Francesco Antonio Grana su Il fatto quotidiano; questo perché, oltre alle straordinarie “aperture” come ad esempio concedere finalmente tutti e sette i sacramenti ai divorziati risposati, “Amoris laetitia è frutto di un cammino sinodale durato oltre due anni”. Insomma, papa Bergoglio, che pure avrebbe potuto benissimo scriversela anche da sé, ha finalmente introdotto nella Chiesa il principio della collegialità.[2] Quindi, adesso siamo a posto. Ne parla in termini di commosso entusiasmo il nuovo gran cofto dell’era bergogliana, Eugenio Scalfari, il quale a un certo punto se ne esce fuori con questa amenità: “A questo punto - ma qui esprimo un mio pensiero che non so se posso attribuire anche a papa Francesco - Cristo è semplicemente un modo di chiamare l'Amore. Amore degli uomini verso Dio e Amore di Dio verso gli uomini e Amore degli uomini verso il prossimo. (…) Papa Francesco la pensa così? Non gliel'ho mai chiesto e mai glielo chiederò ma secondo me sì, pensa questo poiché la sua ovvia verità e fede è nel Dio Unico. Non solo per i monoteisti ma per tutte le religioni esistenti” [3]
Sarebbe invece molto interessante sapere se anche Bergoglio la pensa in questo modo. Effettivamente una volta Francesco disse di non credere in un Dio “cattolico”. Ora con tutte le migliori intenzioni del mondo, affermazioni simile rischiano per l’appunto di essere peggio di cannonate. Perché, se neppure il papa è convinto che la via che lui rappresenta sia quella maestra, se non l’unica, per arrivare a Dio (senza con questo disprezzare o infangare nessuno che la pensi diversamente) allora c’è da chiedergli per quale motivo la gente debba continuare ad andare in Chiesa e a recitare il Credo.
Non è certo possibile, in questa sede, tentare una analisi anche approssimativa del documento pontificio. Ci si limiterà a due o tre rilievi, peraltro abbastanza significativi. Nel paragrafo 36 troviamo una della solite autocritiche alla Chiesa e al suo operato, che evidentemente fino all’arrivo di Francesco era intrinsecamente sbagliato: “D’altra parte, spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione” lamentando inoltre una scarsa e insufficiente assistenza agli sposi. Ora, tutto questo sembra ignorare vistosamente tutto il magistero precedente, che dalla Humanae Vitae di Paolo VI (1968) sino a Benedetto XVI ha al contrario sottolineato l’importanza della sessualità nel matrimonio come dono reciproco. Se i papi precedenti hanno sottolineato il legame tra sessualità e procreazione, questo non porta certo a svalutare il valore del momento “unitivo”, ribadito con forza nell’enciclica di Paolo VI, né è mai stato detto che la sessualità nel matrimonio debba essere “esclusivamente” procreativa. Tutto questo discorso sembra quasi una critica implicita al magistero dei suoi predecessori, al solito in forma velata e comprensibile solo da chi abbia presente i loro testi. Ma il passaggio più sconcertante è quello successivo: “Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme. Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita”. A parte il fatto che le questioni “bioetiche e morali” sono bel lungi dall’essere risolte e si ha anzi la sensazione che esse perdano sempre più di significato, non si capisce sulla base di cosa Francesco giudichi tanto severamente l’operato di tanti sacerdoti che invece sono stati e spesso sono validissimi supporti alle famiglie.
Tuttavia, come nota Sandro Magister, la parte più sconcertante è sicuramente l’ultima, quella in cui si affronta la questione della eucarestia ai divorziarti risposati: “È un'inondazione di misericordia. Ma è anche un trionfo della casuistica, pur così esecrata a parole. Con la sensazione, alla fine della lettura, che ogni peccato è scusato, tante sono le sue attenuanti, e quindi svanisce, lasciando spazio a praterie di grazia anche nel quadro di "irregolarità" oggettivamente gravi. L'accesso all'eucaristia va da sé, neppure è necessario che il papa lo proclami dai tetti. Bastano un paio di allusive note a piè di pagina”[4] Insomma, misericordia per tutti tranne che per i figli obbedienti, che per tanti anni, evidentemente,sono stati così “fessi” da affrontare rinunce e sacrifici per fedeltà e coerenza.
Il tutto, ovviamente, espresso come sempre in forme nebulose e ambigue; i paragrafi dal 300 al 310 assomigliano infatti a una gigantesca “arrampicata sugli specchi “ per arrivare a dire in sostanza questo: secondo la dottrina, il matrimonio è indissolubile e quindi i divorziati risposati non possono accostarsi all’Eucarestia. Però … Più volte l’esortazione ripete (ad es. nel paragrafo 299) che i divorziati risposati debbono essere integrati e non esclusi; ma, verrebbe da obiettare, l’ammetterli alla comunione è il solo modo di integrarli? Comunque sia, dopo avere girato più volte intorno all’argomento , ecco che nel paragrafo 305 si legge “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” con rinvio a una fatidica nota 351 che suona:” In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039).”
Notate bene: da nessuna parte c’è esplicitamente scritto che i divorziati risposati possono essere ammessi all’eucarestia. Ma certamente è quanto si ricava dall’insieme del discorso: ovvero che in certi casi, il cui discernimento deve essere evidentemente lasciato ai sacerdoti, si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di … Senza contare poi che la stampa (soprattutto “certa” stampa) ha ripreso e annunciato a tutte colonne soprattutto questo aspetto del documento, dando per acquisita e scontata la “novità”, senza che dal Vaticano, more solito, sia volata almeno per ora la minima smentita.
Alla faccia della chiarezza e del si si no no. Il problema vero però è un altro: non si tratta certo di voler infierire su chi ha subito il trauma della rottura del matrimonio e si è, in qualche modo, rifatto una vita. I motivi e le situazioni sono effettivamente le più disparate, con molte vittime e situazioni terribili. E’ sicuramente giusto avere nei confronti di queste persone un atteggiamento di massima disponibilità e apertura e questo non dovrebbe riguardare solo i cristiani. Ma se si tratta di sacramenti, allora il discorso è diverso. Se si ammette , come fa esplicitamente Francesco, che una situazione “irregolare non sia sempre e necessariamente peccato viene anzitutto da chiedersi quale sia il confine tra le due cose, e chi e come debba stabilirlo: inoltre, qui non si tratta di decidere sulla “salvezza” delle persone in questione ma della loro ammissibilità o meno a un sacramento che richiede sempre e comunque determinate condizioni, che un matrimonio dopo un divorzio o una “convivenza” mettono pesantemente in discussione.
Cose d’altri tempi? Forse, ma qui si sta parlando di comunione, non di statistica demografica. E chi si vuole comunicare si presume sia cattolico ….
Del resto, dovremmo presumere che sia cattolico anche il Papa. Ma ultimamente, come si fa ad esserne proprio del tutto sicuri? Se questa esortazione fosse solo la prima “picconata” al concetto di peccato (parola quasi del tutto assente nel documento), di cui la Chiesa – o meglio, alcuni suoi poco saggi rappresentanti – possono anche aver abusato in passato, ma che costituisce un richiamo ai limiti dell’uomo, alla sua fallibilità, al rischio di un “trasumanare” che sia più mefistofelico che dantesco? Una riflessione che sarebbe bene non sottovalutare …..
[2] http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/09/papa-francesco-amoris-laetitia-non-e-il-soliloquio-di-bergoglio/2621992/
[3] http://www.repubblica.it/politica/2016/04/10/news/le_vette_di_francesco_e_la_palude_dove_renzi_annaspa-137294619/
[4] http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/04/08/amoris-l%C3%A6titia-misericordia-per-tutti-tranne-che-per-i-figli-obbedienti/
Inserito da bea il 12/04/2016 15:16:04
Bravo Prof per questa risposta!
Inserito da Domenico del Nero il 12/04/2016 14:56:29
Commento molto profondo, argomentato e degno di una persona della massima apertura mentale! Non so chi si debba "vergognare",se io a scrivere o chi fa certi commenti. Per sua norma e regola, sappia che ancora in questo paese esiste libertà di opinione; non so per quanto, ma esiste.poi ci sarebbe anche l'opportunità di un minimo di educazione, ma quella, per l'appunto, è un optional!
Inserito da Marco il 12/04/2016 11:50:42
Sii vergogni di attaccare sempre questo Papa. Questo giornale fa rabbrividire dalle castronerie che scrivete. Vergogna
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