Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
’era una volta Silvio Berlusconi … quello del 1993 …. guascone ed imprevedibile … mago del video e della comunicazione … tutt’ altro che moderato e centrista … paladino di un anticomunismo viscerale... pronto a scendere in campo – come dirà anni dopo – “perché gli eredi dei comunisti stavano per prendere il potere dopo aver scardinato la democrazia con l'uso politico della giustizia”.
E’ il Berlusconi che indica Gianfranco Fini, all’epoca missino non pentito, come il suo candidato nello scontro – siamo sempre lì – per la poltrona di primo cittadino della Capitale contro Francesco Rutelli … il Berlusconi che cavalca l’idea del partito liberale di massa, che inventa le alleanze variabili, al Nord con la Lega, quella “secessionista”, e al Centro-Sud con il Msi-An, ancora – si direbbe oggi – espressione di una “destra radicale ed identitaria”.
Se avesse usato allora lo stesso metro “moderato” che sembra ora stare all’apice delle scelte del centrodestra, Berlusconi avrebbe indicato come suo candidato Carmelo Caruso. Qualcuno lo ricorda? Caruso all’epoca era il candidato del Partito Popolare (ex Dc) alle elezioni al Comune di Roma del novembre 1993. Stimato prefetto, esemplare funzionario di Stato, sostenuto dal Vicariato di Roma, Caruso fu un magnifico esempio di “moderazione” contro gli opposti “estremismi” (il suo manifesto-slogan era “Se non vuoi Roma in rosso-nero vota Caruso"). Il risultato ? L’ 11,8% dei votanti (al primo turno Rutelli prese il 39,6% e Fini il 35,8%): un tracollo per i centristi e per chi non colse l’emergere di una nuova domanda politica da parte dell’elettorato, romano ma non solo, intenzionato a voltare le spalle ai vecchi carrozzoni della partitocrazia, al caro vecchio centro democristiano e alle sue ruote di scorta liberali, repubblicane, socialdemocratiche e socialiste.
Le elezioni amministrative del 1993 furono l’anticamera alla vittoria, per il centrodestra, del 1994. Qual è il viatico della svolta “moderata” del Berlusconi 2016 ? Se ci si muove sul mero piano della politica, lasciando da parte i piccoli o grandi interessi di bottega - paventati da Matteo Salvini, che ha parlato di “partito Mediaset” - la strategia berlusconiana appare a dir poco fumosa. Recuperare – come chiede Pier Ferdinando Casini - il renziano Angelino Alfano ? Chiamare a raccolta gli ex fedelissimi Denis Verdini e Raffaele Fitto ? E per fare che cosa? Per realizzare quale politica ?
Sempre più simile alla Gloria Swanson di “Viale del tramonto”, film noir del 1950, dedicato alla fine del vecchio divismo hollywoodiano, Berlusconi sembra interpretare, senza convinzione, una sceneggiatura scritta da altri, per una parte che evidentemente non gli si addice: quella del pompiere politico, del moderato senza qualità, dell’inciucione ad oltranza. L’immagine – in fondo - che un polemista “reazionario”, Abel Bonnard, dava dei moderati: “dei liberali che non hanno più fede in loro stessi”. E senza “fede” in politica e non solo si va poco lontani …
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