Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un piccolo, pulito, essenziale bagno a portata delle tasche di tutti rischia di sparire
Fra circa un mese, poco più poco meno dipende dalle condizioni meteorologiche che per ora ci costringono a non metter via il maglioncino di lana, si dovrebbe aprire la stagione balneare sugli oltre 7000 chilometri di coste italiane per non parlar dei laghi.
Ma quest’anno la “stagione” sembra più a rischio di sempre e ancora una volta c’è da ringraziare la Ue che ha messo in discussione le concessioni demaniali in nome della direttiva dell'Unione Europea 2006/123/CE conosciuta come direttiva Bolkestein, da Frits Bolkestein commissario europeo per il mercato interno della Commissione Prodi che ha sostenuto la sua approvazione.
La direttiva Bolkestein è stata presentata dalla Commissione europea nel febbraio del 2004 e emanata nel 2006. La legislazione italiana l’ha recepita con approvazione del decreto legislativo numero 59 del 26 marzo 2010 e sbarcato in Gazzetta ufficiale il 23 aprile 2010.
La direttiva prevede, per quanto riguarda in particolare le attività degli stabilimenti balneari, la possibilità a tutti anche ad operatori di altri Paesi dell’UE di partecipare ai bandi pubblici per l’assegnazione delle concessioni demaniali.
Insomma gli operato del settore che hanno una concessione demaniale ovvero che hanno un bagno in riva al mare e che contavano fino a qualche tempo fa di vederselo rinnovale almeno fino al 2020 dal 31 dicembre 2015 devono ritenersi tutti abusivi (si tratta di circa 30.000 stabilimenti) infatti la Corte di Giustizia UE è pronta a bocciare il comportamento italiano circa le concessioni balneari. La proroga automatica della concessioni demaniali fino al 2020, infatti, sarebbe contraria a quanto stabilito dalla Bolkestein, ciò vorrebbe dire che il bagno che avete appena prenotato per la prossima stagione estiva potrebbe essere dichiarato fuori legge con quel che questo potrebbe comportare, l’eventuale anticipo che avete dato per il vostro ombrellone in riva al mare potrebbe essere inutile. Insomma anche quei pochi giorni che avete prefigurato di passare in vacanza su una delle coste attrezzate italiane non è affatto certo e se avete per esempio fissato la casa o una pensione potreste trovarvi a essere costretti ad ammassarvi sui pochi tratti di spiaggia libera perché il vostro bagno è fuori legge.
Ora è vero che in Italia niente avviene in maniera rigorosa e probabilmente per la stagione 2016 tutto procederà come in precedenza, ma gli imprenditori del settore cosa pensate faranno sapendo che il loro stabilimento dove spesso è costruita la casa che abitano anche durante l’inverno, dove hanno investito in servizio di ristorazione, piscine, campi da tennis, acquapark, ecc ecc?
Certo si guarderanno bene dal ritrutturare quel che il salmastro ha rovinato, o qualche fortunale ha distrutto, le docce se saranno poco affidabili tali rimarranno, e chi aveva in progetto per esempio di organizzare un ristorante si guarderà bene da prendere qualche iniziativa in proposito che in tre mesi non potrebbe coprire i costi dell’investimento. Peggio poi va a coloro che qualche anno fa ha fatto un mutuo con le banche per migliorare il proprio stabilimento centinaia di migliaia di euro rischiano di andare in fumo perché l’investimento non ha il tempo di andare in pareggio e se non ci sono i soldi per recuperare il debito aperto con le banche, … la storia è nota, per gli istituti di credito si apre la strada a nuove sofferenze con quel che ne consegue.
La direttiva europea parte da un principio giusto, ma solo in teoria, ovvero rendere il mercato dell’imprenditoria balneare aperto anche a nuovi soggetti; il problema è che togliendo a tutti le concessioni che andrebbero ad un’asta sul libero mercato gli unici che potrebbero concorrere all’acquisto sarebbero le grandi multinazionali.
Ovviamente chiunque acquisti il diritto sulla concessione demaniale dovrebbe pensare ad investire (è immaginabile che gli attuali proprietari degli stabilimenti non ci starebbero ad andarsene con una modica liquidazione che a tutt’oggi non si sa neppure s ci sarà e di quale entità, e emulerebbero il mitico Sansone, una bella ruspa e giù tutto quello che essi hanno edificato e pagato); quindi si troverebbe nella condizione, poiché non ci sarà più rinnovo automatico della concessione per un numero di anni tale da ammortizzare la spesa cui si deve sommare quella dell’asta per l’assegnazione, di dover aumentare i prezzi, e lavorare con manodopera (l’indotto intorno ad uno stabilimento balneare è quello che fa vivere un’intera comunità locale) a basso costo che nell’ipotesi di una multinazionale potrebbe anche essere non locale.
Inoltre rimettendo tutto all’asta i proprietari di piccoli stabilimenti balneare, quelli con pochi servizi e di conseguenza a basso costo per la clientela che vuole solo un ombrellone due sdraio, una cabina e una doccia, non sarebbero competitivi e avrebbero una sola possibilità: ricomprarsi la concessione e di conseguenza aumentare i prezzi per poter rientrare nelle spese, non dimentichiamo che gli stabilimenti balneari lavorano tre mesi e mezzo all’anno con l’introito dei i quali chi li gestisce deve vivere l’intero anno.
Quindi ancora una volta sarebbero i piccoli imprenditori a essere penalizzati, e di conseguenza il consumatore medio piccolo che domani potrebbe non potersi più permettere l’affitto di un ombrellone.
La politica cosa fa? In Italia gli oppositori della Bolkestein avvertono che la sua applicazione segnerebbe la fine del made in Italy perché le nostre spiagge finirebbero in pasto alle multinazionali straniere.
Il governo (per quanto inizialmente la sinistra si fosse dichiarata assai critica verso questo tipo di applicazione della Bolkenstein accusata, a ragione, di causare del dumping sociale fomentando una corsa al ribasso per quanto riguarda le tutele sociali, i diritti dei lavoratori e gli stipendi– ma l’iter è cominciato con il governo Berlusconi e quindi …) pare intenzionato a seguire la strada dell’asta pubblica, mentre alcune Regioni provano rimediare approvando delibere che cercano di legittimare i balneari andando, allo stesso tempo, incontro alle norme europee.
Diversa la posizione delle amministrazioni locali, per esempio il consiglio regionale della Liguria ha approvato una mozione che impegna il presidente Giovanni Toti e la giunta regionale ad "agire nei confronti del Governo affinché prolunghi la scadenza delle concessioni balneari per almeno 30 anni" non rispettando, di fatto, la direttiva Bolkestein. In pratica si chiede l’introduzione di un doppio binario che distingua le concessioni in vigore, a cui garantire un periodo transitorio di almeno 30 anni, e quelle di nuova assegnazione da fare tramite un regime di gara pubblica.
Anche il Consiglio regionale della Toscana tenta un assist a imprenditori e bagnanti. La giunta del presidente Enrico Rossi ha approvato delle linee guida per garantire il rinnovo della concessione balneare a coloro che presenteranno al Comune un piano di investimenti per migliorare la qualità dell’offerta e dei servizi ai bagnanti (ma in questo caso di nuovo si chiede di incrementare gli investimenti con il conseguente aumento dei prezzi!
Intanto le associazioni dei balneari sono sul piede di guerra: chiedono un chiarimento immediato al governo sottolineando che altrimenti le oltre 30mila imprese che operano sulle coste italiane rischiano di essere “fuori legge” nella prossima stagione estiva.
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