Non ci posso credere

Una scuola media toscana proibisce la partita di calcio di fine anno per evitare discriminazioni fra sessi e sportivi e no

Ecco l'articolo di Daniele Abbiati che sul Giornale racconta, con penna brillante e sarcastica, l'incredibile vicenda avvenuta a Greve in Chianti

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Una scuola media toscana proibisce la partita di calcio di fine anno per evitare discriminazioni fra sessi e sportivi e no

Daniele Abbiati per «Il GIornale»

La situazione è Greve, ma non è seria. Tutto sommato, meglio parafrasare Ennio Flaiano, meglio prenderla alla leggera, questa vicenda in cui a essere discriminati sono i presunti discriminatori. È soltanto una storiella scolastica, ma temiamo possa fare scuola, con i tempi che corrono, perché oggi lo «scolasticamente corretto» non è più, come una volta, il secchione che  sciorina voti tutti altissimi, bensì il degno pargolo del «politicamente corretto», quello con cui si baloccano, con sprezzo del ridicolo, gli adulti.

Allora raccontiamolo come si deve anche nella forma, questo episodio esemplare. Alla scuola media di Greve in Chianti vigeva, fino all’anno scorso, la sommamente incivile usanza di festeggiare la fine dell’anno scolastico con una partita di calcio fra gli allievi. Pare addirittura che qualcuno fra quegli energumeni in erba osasse dribblare e persino fare dei tunnel ai compagni più sfortunati e meno abili. Per non parlare della sorte che toccava alle ragazzine più esili e carine, le quali non venivano mai schierate nelle formazioni titolari.

E sorvolando sul fatto che l’incontro si chiudeva non con un educativo, salomonico pareggio, ma con da una parte i vincitori a esultare lanciando grida belluine e dall’altra gli sconfitti a dolersi per il risultato avverso. Uno spettacolo, capite bene, inverecondo, indegno di un istituto e di un’istituzione che dovrebbero essere volti a plasmare i maturi cittadini di domani.

Ebbene, onde por fine all’indegna gazzarra che coinvolgeva, horribile dictu, amici e parenti stretti, non esclusi i sommamente colpevoli genitori, dei piccoli gladiatori, i professori hanno finalmente preso il coraggio a due mani e, con moto sinceramente democratico, messo al bando, tramite una grida, questa sì, lodevole lo scostumato costume.

«Siamo i vostri docenti e siamo chiamati a trasmettervi la forza del pensiero critico, il coraggio delle scelte difficili, il valore dell’uguaglianza e di tutte le diversità a partire da quella di genere», tuona stentoreo l’editto. «Non possiamo e non vogliamo accettare - prosegue magistralmente - di veder relegate le nostre più brillanti ragazze nel ruolo di passive cheerleaders, non vogliamo che alla fine valgano ancora una volta e soltanto la prestanza fisica, l’abilità sportiva, l’egemonia culturale del calcio. Almeno non a scuola».

Parole sante, giunte, anche se con grave ritardo, a riportare sulla retta via i caproni smarritisi nella selva dei cattivi propositi, correndo appresso a un pallone. Soprattutto perché, e qui la ramanzina assume opportunamente il tono di imprescindibile lezione di vita, «quelle che dovrebbero essere esaltate alla conclusione di un percorso di vita come la scuola media sono le menti eccelse fra voi, chi ha dimostrato rispetto e solidarietà per gli altri, che hanno lottato per l’impegno e la responsabilità: sono ragazzi e ragazze, fighi e no, sportivi e imbranati».

Suvvia, a che valgono quelle «maglie costose», fra l’altro eticamente stonate a fronte di chi, come il bimbo afghano che ha commosso il mondo, si vede costretto a usare un simulacro di «maglietta» di plastica, per sentirsi in qualche modo simile al suo campione preferito? Che significano quelle «selezioni umilianti» per distinguere il terzino dall’attaccante, il funambolo dal brocco? E poi, ci permettiamo di aggiungere, che senso ha festeggiare la fine dell’anno scolastico? La fine dell’anno scolastico è un evento che riempie tutti di mestizia... Capito ragazzi? Non fidatevi mai dei palloni gonfiati

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