Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Nuova prova di forza in Francia del movimento contro la
riforma del lavoro.
Uno sciopero generale, l’ottavo, che ha visto mobilitazioni in tutto il paese e
qualche cedimento da parte di alcuni ministri a possibili modifiche alla
legge contestata.
«Nel governo ci saranno sempre più divisioni per esempio quando si avvicineranno gli Europei – sostiene Olivier Besancenot, ex leader del Nuovo Partito Anticapitalista – La mobilitazione prosegue da due mesi mezzo, siamo all’ottavo giorno di sciopero generale che si rinnova nei settori chiave e non possiamo immaginare che si possano svolgere degli Europei senza carburante, senza auto, con il blocco dei trasporti e magari senza elettricità».
Il corteo più numeroso, seguito anche da incidenti, si è svolto a Parigi. Una trentina i fermati negli scontri con la polizia. Ma in tutto il paese sono state migliaia le persone che hanno partecipato alle proteste. Almeno 300 mila secondo gli organizzatori, circa 160 mila per le autorità.
Ma oltre alla piazza i sindacati sono mobilitati nel blocco di sei raffinerie di petrolio e già il carburante scarseggia. La protesta è diffusa anche nel settore dei trasporti ferroviari e persino nelle centrali nucleari.
La riforma, spiegano i manifestanti, mina il principio delle 35 ore settimanali, rende più semplice il licenziamento e indebolisce il potere contrattuale dei sindacati.
Per cercare aggiornamenti su questa notizia che è passata velocemente in qualche notiziario, ma è assente nei giornali e nei siti delle agenzie di stampa siamo dovuti andare a cercare il sito Euronews.com.
Perché? Perché nessuno ci informa sulle imponenti proteste in Francia contro ila versione gallica del jobs act italiano, che giustamente i francesi non vogliono? Andreotti che di magheggi politici se ne intendeva diceva che a pensar male si fa peccato ma raramente si sbaglia, e allora noi pensiamo male (ma solo per non sbagliare!), e pensiamo che le proteste dei cugini d’oltralpe vengano viste dal padrone del vapore come un rischioso suggerimento agli italiani piegata dalla crisi ma fino ad ora rimasti buoni silenziosi e rassegnati. E poiché il padrone del vapore è un vero padrone di tipo ottocentesco, tutti zitti, a chinare la testa e a tacere, in Francia non succede niente, niente di importante, niente che valga la pena di essere riferito; strano, perché i contestatori, gli scioperanti i sindacati e gran parte del popolo francese (nelle manifestazioni di piazza si sono visti cittadini di tutte le età) stanno mettendo il paese in ginocchio, niente più benzina nei distributori, centrali nucleari presidiate erogazione dell’energia elettrica a rischio e la minaccia di andare fino in fondo arrivando a paralizzare il paese se il governo non recederà dalla riforma del lavoro di cui i compatrioti di Marianna hanno visto gli effetti devastanti in Spagna e in Italia.
Nessuno dice che si tratta di una vera e propria ribellione alle regole Ue che impone le dette riforme ai paesi europei, nessuno sussurra neppure che se si facesse un referendum sulla permanenza nell’Unione più odiata della storia dell’età moderna altro che brexit, sarebbe un fuggi fuggi generale da questo sistema che in nome degli interessi della grande finanza riduce i cittadini a sudditi tartassati, impoveriti oltre ogni sopportabile limite e privi di sovranità (per non parlare della democrazia).
Ultima annotazione, non cadiamo nel facile fraintendimento che la colpa sia di Renzi, una volta tanto bisogna riconoscere che il premier italiano non ha responsabilità vera nella faccenda (se si esclude forse il silenzio, ma sospettiamo che siano gli editori a obbligare gli organi di informazione tacere, quegli editori che partecipano del gioco della grande finanza internazionale). Renzi fa quello che la Ue gli impone non avendo potere contrattuale, e come lui farebbe chiunque altro al suo posto, pena, e lo abbiamo visto con Berlusconi nel 2011, lo scatenarsi di una tempesta finanziaria (vi ricordate lo spread giunto a oltre 500 con quel che ne conseguiva?) che costringerebbe il malcapitato difensore dei diritti italiani alle dimissioni.
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