Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
e elezioni servono, sono utili non per avere dalle urne il cosiddetto responso democratico, ma perché in campagna elettorale le cose si fanno più chiare, i politici sono costretti a confrontarsi con i potenziali elettori e per quante bugie possano raccontare, per quante promesse possano fare sapendo che non le manterranno, a guardare bene di ciascuno di loro si capisce qualcosa di più.
Per esempio le urne romane hanno reso plasticamente la fine del tempo politico di Berlusconi: scelte sbagliate, posizioni dissennate, alleanze squinternate.
Lasciamo da parte per ora il caso dei M5S, che merita un discorso a parte difficilmente sintetizzabile in poche righe, perché oggi parliamo di Renzi.
Le pagine dei giornali postelettorali sono piene del “fallimento” renziano, il caso Valente a Napoli, Giachetti in affanno rispetto a Meloni a Roma, Fassina inopinatamente al ballottaggio, idem per Merola a Bologna.
La fotografia del voto mostra senza dubbio un Pd in affanno, con idee poco chiare e con un personale politico debolissimo, al punto da non ispirare fiducia negli elettori.
Questo sembrerebbe un dato inequivocabile e al di là di come andranno i ballottaggi dove nel confronto con i Cinquestelle i candidati Pd potrebbero anche vincere (ma solo perché si farà terrorismo psicologico sulla incompetenza a governare degli uomini e donne della nuova formazione) la crisi del Pd è abbastanza evidente.
De Pd, si badi bene, non di Renzi.
Sembrerebbe un assurdo, visto che il premier è anche il segretario del partito che abbiamo detto in crisi, eppure occorre distinguere le sorti dell’uno e dell’altro, le responsabilità, le qualità la capacità di fare politica in questa scombinatissima situazione italiana e internazionale (non dimentichiamolo).
Il Pd di fatto non si riconosce in Renzi e ha ragione, perché Renzi non è un uomo del Pd, almeno di quello che abbiamo imparato a conoscere in questi anni e che nasce dallo sfarinamento del vecchio Pci.
Renzi è uomo della contemporaneità che supera le ideologie, che fa del pragmatismo la religione assoluta cui ispirarsi per governare, Renzi se ne frega di quello che vorrebbe il vecchio Pd, ha capito che l’Italia è fondamentalmente di destra (in senso liberale, per carità, niente a che vedere con quella parlamentare e/o partitica), ha capito che prima di lui lo aveva compreso il Berlusconi del ’92 che perciò aveva vinto, e poi ancora vinto mettendo nell’angolo la vecchia sinistra.
Renzi è un Berlusconi attualizzato (e lo diciamo alcun giudizio di merito) tanto che ha fatto fin qui una politica identica a quella che avrebbe fatto il Cav. se solo avesse avuto il coraggio e i numeri per farlo, nonché la forza di un armadio vuoto di scheletri che lo hanno perseguitato per un ventennio (scheletri veri e scheletri falsi, scheletri pesanti e scheletri inventati, ma purtroppo sempre scheletri dei quali non ha potuto liberarsi per la sua natura intrinseca di imprenditore con troppi interessi in gioco).
Il Renzi che abbiamo visto in campagna elettorale infondo ci è piaciuto, perché, diciamolo onestamente, cosa possiamo rimproverargli che non si sarebbe potuto rimproverare a Berlusconi qualora fosse stato al suo posto? Prendiamo gli 80 euro dati come mancia prima delle europee, e promessi ad una più ampia platea prima delle amministrative. L’hanno chiamata mancetta elettorale, gli hanno rimproverato di averne chiesto la restituzione al alcuni che l’avevano ricevuta indebitamente. Vero, giusto, indiscutibile. Però quegli 80 euro nelle tasche di un po’ di italiani in piena crisi economica ci sono, sarà una mancetta, ma meglio di niente.
Prendiamo altresì il rapporto con la magistratura, poco, troppo poco ha fatto per limitarne i pericolosi poteri di intromissione indiretta nel sistema politico, ma sempre più di quel che ha fatto Berlusconi, il quale impicciato dalla spada di Damocle delle indagini (farlocche, pretestuose, ingiuste) di magistrati che hanno avuto buon gioco a rovistare nei più recondito meandri dei suoi affari e della sua vita privata, non ha potuto metter mano alla faccenda neppure di striscio.
Le tasse. Sono aumentate, è vero. Ma da quando ci siamo infilati nella dissennata condizione del mettere il pareggio di bilancio in Costituzione (e lo ha fatto Berlusconi) come potevano diminuire? Certo si potrebbe chiedere di più ai veri ricchi che sono sempre più ricchi, ma non lo ha fatto Berlusconi e non lo farà Renzi per l’ottimo motivo che i pochi ricchi, veramente ricchi sono i detentori del vero potere in grado di mandare a casa chi governa, e questo grazie alle regole e al sistema europeo che privilegia la forza della finanza e delle banche.
Si dirà che Renzi avrebbe potuto, come aveva promesso, picchiare i pugni sul tavolo della Ue. Sarebbe stato auspicabile, ma abbiamo visto come è finita quando ha tentato di farlo Berlusconi, cercando l’appoggio di Putin: spread schizzato alle stelle con quel che ne è conseguito.
E veniamo alla classe politica. Renzi, esattamente come Berlusconi, si è circondato di yesmen/women, al governo figurette di scarso spessore anzi scarsissimo, ma sicuramente fedeli; un po’ meglio è andata con i tecnici (alcuni effettivamente tecnici competenti) messi nei posti di comando ovvero consigli di amministrazione e presidenze varie (fatta salva la Rai dove le scelte sono state scombinate, ma il capitolo Rai è complicato).
Cultura, un vero disastro sotto tutti i punti di vista, ma Berlusconi non ha fatto meglio, sono solo cambiati gli attori protagonisti, ma non è migliorata la qualità e soprattutto il progetto.
E allora?
Allora con chi vogliamo sostituire Renzi?
Francamente non si vedono veri competitori all’orizzonte, i “giovani” Cinquestelle forse potrebbero costituire un’alternativa, ma con quale programma e forza? Forse con il tempo si faranno, forse forniranno una proposta credibile, ma temiamo occorrerà tempo, se la Raggi vincerà a Roma potrebbe essere un test significativo di governo.
Renzi insomma allo stato attuale non ha veri competitori, ma dovrà aggiustare il tiro, dovrà liberarsi di figurette fragili, e interpretare la rottamazione non in senso giovanilistico ma in senso qualitativo, ovvero via i vecchi arnesi della politica politicante, dentro forze nuove anche se anagraficamente non più giovanissimi. La fedeltà per chi governa è un valore indiscutibile, ma non può essere l’unico perché l’utile idiota va bene all’interno di una squadra forte, ma è devastante quando è esso stesso la squadra predominante. L’uomo solo al comando non funziona alla lunga e per fare e fare bene davvero in una situazione come quella attuale ha bisogno di una squadra veramente forte e competente.
Se Renzi saprà fare un vero partito della nazione nel merito e non nel metodo, ovvero non imbarcando ex vecchi avversari convertiti sulla via di Damasco della convenienza personale (Verdini per tutti), ma circondandosi di personalità non necessariamente omogenee al partito di cui è segretario, anzi andando a pescare fra coloro che un partito non ce l’hanno ma hanno la capacità, le idee, la competenza per contribuire a rimettere in sesto questo sciagurato Paese, potrebbe anche farcela.
Inserito da Cosma il 07/06/2016 16:28:42
"... potrebbe anche farcela". A garantire la subalternità agli USA e la continuità degli interessi del capitalismo mondialista, ce la farà in ogni caso.
Inserito da ghorio il 07/06/2016 13:11:32
Ho troppa stima di Simonetta Bartolini ma di Renzi statista e idem di Berlusconi ho avuto e ho molti dubbi. Una sola considerazione: il Renzi "fustigatore di costumi" sinceramente non l'abbiamo visto, basta guardare al perpetuarsi dei veri privilegi che albergano in quest'Italia e non solo per la spending review, vedi gli aspetti previdenziali. Semmai è un leader che fa annunci e poi tutto si dimentica., Piuttosto bisognerebbe che la stampa italica, compreso questo sito, iniziasse una battaglia perché in Italia ritornino i partiti, non quelli di plastica, personali o via web, come quelli di adesso e magari con l'applicazione dell'articolo 49 della Costituzione, battaglia del centrodestra e poi, una volta al potere, dimenticata.
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