Ritratto della moglie di Salavador Dalì

Gala Dalì il fascino di una musa anticonformista

Chi fu Gala Elouard Dalì? la donna che guida dietro le quinte, che si dedica totalmente alla carriera e alla fama del suo uomo e che quando questi le ha raggiunte perde ogni scopo nella vita

di Francesca Allegri

Gala Dalì il fascino di una musa anticonformista

Giugno 1940: la Wermacht sta marciando verso la capitale francese e molti parigini, disperati, fuggono dalla loro città; fra questi una ragazza di circa venti anni, Cécile Grindel. Si sta dirigendo verso Arcachon, una località balneare sull’Atlantico dove sa che la madre, che non vede da tempo, ha affittato una villa per l’estate; una volta raggiunta la meta, però, dopo un viaggio avventuroso, l’ingresso le viene sbarrato dalla cameriera: la signora non è in casa e  poi non ha nessuna figlia. Richiamati dalla discussione si affacciano sulla porta due ospiti, che in quel momento stanno giocando a scacchi, riconoscono la ragazza che così trova la salvezza. I due giocatori di scacchi erano Marcel Duchamp e Man Ray, la casa quella di Elena Dmitrievna D’jakonova, meglio conosciuta come Gala, moglie prima di Paul Elouard e poi di Dalì: Cécile la figlia di primo letto per la quale aveva sempre provato un affetto molto molto tiepido.

Elena era nata in Russia da una famiglia della buona borghesia, il padre era morto presto e la madre si era risposata, tuttavia il patrigno, benestante se non ricco, aveva offerto a lei e ai fratelli tutti gli agi di una vita privilegiata: buone scuole, ottime frequentazioni e vacanze in Crimea. La ragazza aveva manifestato presto i sintomi della tisi, se pure non grave, e nel 1913 era stata mandata a curarsi nel sanatorio svizzero di Clavadel vicino a Davos. Qui aveva incontrato un giovane di un anno minore: Eugéne Grindel, colui che prenderà poi il nome d’arte di Paul Elouard proprio su suo suggerimento e, in un’atmosfera alla Thomas Mann, era sbocciata fra loro una forte passione, impetuosa come tutte quelle giovanili. Dopo un anno passato insieme a leggere, il loro grande interesse, e a fantasticare del futuro, i due ragazzi erano tornati ognuno alla propria vita; Eugéne Paul nella casa dei genitori a Parigi, Elena Gala a Mosca. Due vite e due situazioni ben diverse; lui proveniva da una famiglia di origini operaie, ma il padre si era ben presto arricchito grazie ad un notevole fiuto negli affari, lei da una famiglia ben più colta e aperta; li divideva inoltre anche la situazione europea sull’orlo della prima guerra mondiale. Ma né le divisioni sociali, né la distanza fisica, né la guerra incombente poterono niente sulla passione dei due giovani. Elena, pur con i mille ostacoli frapposti dai genitori e dopo un viaggio avventuroso, riuscì a giungere a Parigi e fu ospitata,sebbene obtorto collo, dai genitori di Paul che ben presto fu richiamato al fronte. Anni difficili per la distanza, per le privazioni, per il pericolo continuo di vita sia di Paul sia del padre ugualmente richiamato; difficili anche per l’acclimatamento di Elena in una società diversa, senza amici, senza relazioni, silenziosamente, ma implacabilmente osteggiata dalla madre del fidanzato. Elena, che da ora in poi chiameremo Gala, dal nome che le dette il primo marito, mostrò fin da allora un carattere di ferro e una capacità quasi sovrumana di cancellare il passato; quello che le interessava era solo il presentee il futuro, niente rimpianti per la famiglia, pur affettuosa, che aveva lasciata in Russia, nessuna preoccupazione per amici e conoscenti lontani, solo l’incrollabile volontà di stare con l’uomo amato. Si sposarono, infine, e poco dopo ebbero una figlia, quella Cécile della quale parlavamo all’inizio, figlia subita e mai amata dalla madre, che ben poco se ne curò e la lasciò, con gran sollievo, alle cure della nonna Grindel. Subito dopo la guerra la coppia frequenta il circolo dei poeti surrealisti: André Breton, Luis Aragon, Philippe Soupault, dai quali Gala è ben poco accetta.  Silenziosa, austera, poco incline alle confidenze, superba, in Francia si fa ben pochi amici, ma non se ne cura; ogni suo interesse è riservato al marito, del quale intuisce le grandi doti e che vuole in tutti i modi abbia successo. La loro vita sembra quella di una coppia borghese: di giorno Paul lavora nell’ufficio del padre e la sera va per caffè e ritrovi con i suoi amici poeti, Gala è molto sola sia di giorno quando si trova a fare forzatamente la donna di casa, sia di sera quando il marito si unisce agli altri colleghi, marito che intanto sta pubblicando le sue prime opere e ottenendo un suo piccolo successo. La svolta avviene quando, in una località di vacanze, la coppia ne incontra un’altra, tedesca: si tratta di un pittore e della sua giovane moglie. Max Ernst diviene immediatamente amico di Paul e i due ideano e poi realizzano alcune opere in collaborazione, ma quello che di più sconvolgente accade è che Max si innamora, ricambiato, di Gala; inizia così un ménage a tre che scandalizzerà i conoscenti e alienerà ancora di più le simpatie del gruppo verso la russa. E Paul? Paul, almeno all’inizio, sembra assai felice di questo amore della moglie che anzi incoraggia. Perché? Forse una latente omosessualità o per l’istinto del voyeur? Non lo sapremo mai e forse anche poco importa. Molto meno felice della situazione, ovviamente, la moglie di Ernst, dalla quale ben presto il pittore si separerà, allontanandosi anche dalla Germania dove è tornato dopo la villeggiatura. Giunge sotto falso nome a Parigi e si installa nella casa degli Elouard; i due amici si dividono equamente la moglie. Gala però non è felice, lei, sempre così sicura di sé, non riesce a capire quale sarà il suo avvenire, lei, che ha fatto del divenire la musa di un’artista la sua ragione di vita non sa ancora quale dei due deve scegliere. Il destino sceglierà per lei, quando Paul, non si sa se finalmente stanco di questa situazione ambigua, fugge portandosi dietro gran parte della cassa del padre. Sono giorni di grande angoscia: si è forse suicidato? Dove è finito? Finalmente si rifà vivo dall’estremo oriente e Gala va a riprenderselo ad Hanoi, tornano insieme, ma ormai fra loro qualcosa si è rotto. Saranno anni cupi in cui lui le fa ancora profferte di grande amore, ma intanto sceglie nuove compagne e lei si concede sempre più spesso numerose avventure.

Finalmente un giorno incontrano un giovane artista catalano di undici anni minore di Gala, Salvador Dalì, per la prima volta a Parigi per esporre le sue tele. I suoi atteggiamenti anticonformisti fino al limite del ridicolo, i lunghi baffi, in un primo momento, irritano non poco la donna, ma presto le cose cambieranno. Qualche mese dopo il loro primo incontro una compagnia di amici, della quale fanno parte anche gli Elouard e i Mirò, va in vacanza sulla costa Brava anche per visitare a Cadaques l’atelier del giovane pittore. Qui Dalì aveva la casa di famiglia: con Gala da quel momento non si lasceranno più, lei non tornerà nemmeno a Parigi con il marito, il quale all’inizio non sembra comprendere che questa non è una delle solite storie senza importanza e continua a mandarle lettere piene di amore e anche  di desiderio fisico nella sicurezza che Gala tornerà da lui come ha sempre fatto e, d’altra parte, non si  nega neppure una serie di avventure galanti, la più importante della quali sarà con una attrice, Nusch, che in seguito diverrà la sua seconda moglie. Gala, intanto, con Dalì ha trovato il suo mondo ideale, allontanati dalla casa di Cadaques dal padre e dalla sorella di Dalì che non vedono di buon occhio la relazione, prendono in affitto una baracca di pescatori poco lontano, a Port Lligat e sarà il primo nucleo di quella che diverrà la grande casa surrealista degli anni migliori. Passano il tempo fra loro con ben pochi contatti esterni se non con i pescatori che fanno per loro la spesa e vendono il pesce; camminano sulle rocce, fanno il bagno nudi e Dalì, sotto la guida e con l’organizzazione pratica di cui la donna certamente abbonda, comincia a produrre in maniera più regolare le tele che nell’inverno successivo saranno esposte e vendute a Parigi. Per alcuni anni sarà questo il loro treno di vita: d’estate in Catalogna a dipingere, d’inverno a Parigi per vendere e prendere ordinazioni;Gala diverrà la musa e l’efficiente manager del nuovo astro della pittura surrealista. Ben presto tuttavia Salvador si aliena le simpatie dei surrealisti soprattutto per le sue tendenze politiche che sono opposte a quelle del gruppo storico: questo inneggia al socialismo e alla rivoluzione bolscevica, Dalì è per la dittatura di Franco, se pure con qualche ripensamento dopo la morte,per lui dolorosissima, dell’amico Garcia Lorca. Del resto le diatribe politiche alla coppia importano poco, Gala dirige il suo uomo con mano ferma, lo organizza e lo rende sempre più produttivo, anche economicamente. Piano piano la casa di Port Lligat si arricchisce di nuove stanze e di nuove invenzioni dell’eclettico artista, che ne fa una dimora a sua immagine e somiglianza. Quando sull’Europa si addensano le nubi del nazismo e del fascismo e poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, i due impacchettano le opere maggiori di Dalì e partono per un soggiorno in America che durerà per tutta la durata del conflitto. Qui avviene il grande salto, aiutati da amici e mecenati i Dalì frequentano la buona società colta, ricca e interessata all’arte e Gala comprende che il suo uomo può produrre molto anche in campi diversi dalla pittura, nelle così dette arti applicate e Dalì si sottomette di buona grazia e buona lena. Disegna scenografie per Hitchcock,abiti per Schiaparelli, oggetti di arredamento e più tardi persino il logo per i lecca lecca Chupa Chups. Qualcuno coniò per il pittore, anagrammandone il nome,la spiritosa definizione di avida dollars. Più che avida, però, Gala era ansiosa e preoccupata: avere molti soldi era un modo per esorcizzare la paura di restarne priva; esigeva pagamenti in contanti e portava sempre con sé una valigia piena di denaro, così come anche era timorosissima delle malattie e collezionava medicine e medicamenti. Tornati poi in Spagna, a guerra finita, continuarono la loro vita fra la Catalogna, Parigi e anche New York. L’estate, come sempre, al mare dove il pittore lavorava con impegno per assolvere a tutti i contratti accumulati nell’inverno; qui a Port Lligat molti, giornalisti e curiosi, venivano a trovarlo e quasi sempre li riceveva, magari facendoli attendere anche qualche ora nella sala di aspetto con una coppa di champagne in mano. Rarissime volte compariva Gala che preferiva eclissarsi e non  incontrare persone nuove. Nei primi mesi dell’inverno vivevano, come sempre, in un grande albergo di Parigi, dove per altro conducevano vita ritirata e raccoglievano  le ordinazioni. Gala non aveva mai amato la vita modana, sobriamente vestita, ma con grande eleganza, soprattutto in Chanel, faceva un clamoroso contrasto con l’esuberante e sgargiante marito; presenziava alle sue uscite pubbliche, ma sempre tenendosi in secondo piano, il centro dell’attenzione non doveva essere lei, ma Salvador. Gli ultimi mesi dell’inverno a New York ancora in grandi alberghi dove conducevano la stessa vita di Parigi: la mattina l’artista  lavorava, poi a pranzo fuori, poi l’immancabile siesta ela sera, tranne impegni ufficiali che non disertavano mai per ovvi motivi di marketing, si ritiravano presto.

Così fino agli anni settanta, fino a quando cioè a Port Lligat cominciarono a presentarsi hippies e capelloni e, soprattutto, belle  modelle androgine, il tipo fisico che l’artista prediligeva. Dalì era affascinato da questo mondo e cominciò a lasciarsi circondare da queste specie di corte dei  miracoli che Gala disprezzava cordialmente e alla quale non si accompagnava mai. I due, pur sempre molto uniti, cominciano in questo periodo a non essere più complici. Gala si assenta sempre più spesso per strani viaggi, quasi sempre in Italia con il fido autista tuttofare Arturo, il suo sogno sarebbe quello di lasciare la Catalogna e ritirarsi in un castello possibilmente in Toscana. Non si sa bene a chi si accompagnasse nei suoi spostamenti in quel periodo, ma probabilmente si tratta di incontri occasionali, che, come era successo col primo marito, non danno nessun fastidio a Dalì. Si telefonano tutti i giorni e quando Gala torna è accolta festosamente. Ma piano piano si sente sempre più stanca, sono gli undici anni di differenza che le pesano e allora comincia un via vai fra chirurghi plastici per ritardare gli inevitabili segni del tempo. Ma forse la cosa che le pesava di più era il successo mondiale del marito, non per banali e ovvi motivi di gelosia professionale, Gala non aveva mai voluto essere alla ribalta e preferiva l’ombra del dietro le quinte, ma il successo del marito significava forse la fine di quella che era sempre stata la missione della sua vita, rendere famoso un uomo di talento, il suo lavoro a questo punto poteva dirsi compiuto? Non del tutto perché era chiaro che senza di lei Salvador non sarebbe riuscito a raggiungere quell’ordine mentale, e anche fisico, che gli consentiva di creare: la moglie si sentiva, così, inchiodata ad un ruolo che ormai, con l’avanzare del tempo, le costava sempre più sforzo e noia. Fin quando all’orizzonte non apparve una giovane donna bellissima e molto intelligente, Amanda Lear; dopo un primo momento di gelosia Gala sembrò affidarle il compito arduo di fiancheggiare l’inquieto pittore, di accompagnarlo, quasi un passaggio di testimone. La soluzione per un po’ di tempo funzionò, ma poi Amanda,intraprendente e ambiziosa, volle costruirsi una carriera da sola, carriera che la allontanò insensibilmente, ma inesorabilmente da Dalì. Furono anni difficili e questa volta la soluzione fu trovata dall’artista in persona che regalò alla moglie il castello diruto di Pubol, nell’interno della Catalogna a circa ottanta chilometri da Port Lligat.Un castello tutto per lei, arredato in modo spartano, ma nello stesso stile immaginifico della casa al mare. Qui Salvador poteva venire solo se esplicitamente invitato e mai rimanere a dormire, Gala lo fece restaurare e cominciò a coltivare in giardino le rose, quelle rose che le ricordavano le estati dell’infanzia a Yalta. La vecchiaia e la morte ormai si avvicinavano per lui, ma soprattutto per lei e Gala, che aveva rifiutato in ogni modo di cedere al tempo, sembrò accettare l’idea della morte con coraggio e quasi con speranza, forte di una profonda fede religiosa che mai l’aveva abbandonata. Morì nel 1980

Dalì le sopravvisse per qualche anno, ma era divenuto l’ombra di se stesso, abitava nel castello di Pubol, il castello di Gala da viva, là dove Gala era sepolta e rifiutò  di tornare mai a Port Lligat.

Chi fu Gala Elouard Dalì? Forse al di là degli atteggiamenti anticonformisti e della libertà sessuale, Gala rappresenta un archetipo femminile che sembra destinato a non morire nemmeno ai nostri giorni: la donna che guida dietro le quinte, che si dedica totalmente alla carriera e alla fama del suo uomo e che quando questi le ha raggiunte perde ogni scopo nella vita. Gala così moderna, Gala così antica!

 

 

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