Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ueste ore – non è difficile supporlo – Matteo Renzi avrà un bel mal di pancia, che forse cercherà di vincere grazie all’aiuto del suo inseparabile smartphone, grazie al quale ha collezionato l’ennesima figuraccia questa volta nientemeno che a san Pietroburgo, sotto lo sguardo tra il perplesso e l’ironico di un Putin che forse avrà pensato “ e poi dicevano tanto del mio amico Silvio!”. Certo, quanto a figure discutibili anche Berlusconi non si faceva pregare, ma perlomeno, soprattutto con il presidente russo, riusciva anche a costruire qualcosa ….
In realtà, di grattacapi il premier ne ha diversi e il sospetto è che finalmente stia per giungere la resa dei conti. Il condizionale purtroppo è d’obbligo, perché Renzi ha pur sempre dalla sua due fattori: una sfacciata sfortuna che non lo ha quasi mai mollato in questi ultimi anni e la disaffezione sempre maggiore degli italiani nei confronti della politica e dei partiti. In parte comprensibile, se si pensa che oggi la maggiore forza di opposizione è il Movimento 5 Stelle, che il centro destra non riesce a uscire da uno stallo suicida anche perché manca il coraggio, probabilmente, di lasciar da parte un “centro” sempre più diviso e fluttuante verso Renzi e una “destra” più che mai composita e incapace di unirsi su un progetto forte e deciso, che butti a mare le pruderie del politically correct e tocchi quei temi che tanti italiani, anche se non tutti lo ammettono, vorrebbero una buona volta vedere affrontati con decisione e coerenza: un cambiamento deciso nella politica verso l’immigrazione, che non porti certo a sparare sui barconi, ma a farla finita con le frontiere colabrodo, il tutti dentro e la tolleranza assoluta verso i crimini e le violenze delle cosiddette “risorse”, nonché la fine della sudditanza a una politica europea sempre più lontana dalle esigenze e dalle tradizioni delle singole nazioni; giusto per dirne solo qualcuna.
Il fatto stesso che si debba “tifare” a Roma e a Torino per i candidati di un movimento 5 stelle che per natura e composizione è lontanissimo da idee e valori di questo tipo e a Milano per un Parisi che non ha fatto altro che inseguire tematiche “politicamente corrette” (e che al momento dei primi risultati appare, guarda caso, più debole rispetto ai candidati grillini e probabilmente avviato a sconfitta) la dice lunga su come si sia ridotti pur di mettere a fine ad una egemonia che assomiglia sempre più a una dittatura soft, imposta più per insipienza altrui che non per forza propria. E anche se Renzi tutto è fuorché un leader carismatico non c’è dubbio che sino a questo momento abbia subito giocare bene su alcuni fattori e facendo leva su alcune parole chiave.
Anche se si è affrettato a dissociare le sorti del suo governo dall’attuale consultazione amministrativa, il premier sa benissimo che in caso di sconfitta, parziale o totale, si troverà in una situazione tutt’altro che facile. Intanto la stessa minoranza del PD ne approfitterebbe per riprendere fiato e rimettere sul tappeto questioni come la separazione dei ruoli di premier e segretario, modifiche all’Italicum e persino libertà di coscienza al referendum di ottobre, sul quale i leader della sinistra PD, come Gianni Cuperlo e Lorenzo Speranza, non hanno ancora preso una posizione ufficiale. Certo non sarebbe semplice schierarsi per il no dopo aver votato a favore della riforma costituzionale in Parlamento, ma si potrebbe pur sempre propendere per un “disimpegno”. E Renzi, sul referendum di Ottobre, ci si è giocato tutto e sa bene che una sconfitta di oggi potrebbe preludere a una disfatta a ottobre.
Per questo il presidente del consiglio non ha perso tempo e cerca di arruolare sul carro del sì tutto una serie di “personaggi”: l’ex presidente Napolitano, che farebbe meglio a tacere e a vergognarsi, oltre che di quanto scrisse e affermò ai tempi della rivolta d’Ungheria di cui ricorre quest’anno il sessantesimo anniversario ( un marchio d’infamia che in un paese civile avrebbe dovuto tenerlo lontano dal Quirinale ma si sa, siamo in Italia e a sinistra tutto è lecito), anche di quello che ha fatto come presidente della repubblica italiana, specie negli ultimi anni; ma pretendere che un politico – soprattutto, certi politici – abbia una coscienza è come sperare di andare su Marte in triciclo. Per non parlare di Roberto Benigni, il quale dopo aver esaltato la costituzione attuale come “la più bella del mondo” quando a volerla cambiare era il centro destra, adesso si è accorto che , se a cambiarla è Renzi, può diventare ancora più bella. Il nostro – anzi, il suo – premier ha poteri davvero taumaturgici, ancora un po’ e potremo chiamarlo il mago Merlino ( o piuttosto il mago …Zurlì, con tutto il rispetto per quest’ultimo, ovviamente) della politica italiana.
In realtà, su un’altra cosa Renzi è stato ed è dannatamente abile: sulla “santificazione del cambiamento”. Mentre quando governava il centrodestra l’opposizione presentava qualsiasi novità come negativa, adesso Renzi ha rovesciato il gioco: quel che è conta è cambiare. Il suo è il governo “del fare”, che ha finalmente realizzato delle riforme: l’importante è cambiare, non come si cambia. Quindi, anche se le modifiche peggiorano la situazione, l’importante è che comunque si sia cambiato rotta. Come se un medico dicesse; l’importante è che io cambi la cura, poi se anche ammazzo l’ammalato … è una questione secondaria! E purtroppo la similitudine è perfetta per la situazione italiana.
Questo è soprattutto il punto che forse dovrebbe battere il “fronte del no”, ancora una volta alquanto composito e variegato, piuttosto che arroccarsi nella difesa di una costituzione francamente farraginosa e indifendibile in se stessa. Non solo perché … repubblicana, ma anche perché frutto di un compromesso – o meglio, di una serie di compromessi – di una situazione politica di circa 70 anni fa. Ma se la riforma di Renzi deve servire solo a peggiorare la situazione e a legittimare un governo che sta distruggendo l’Italia, allora è chiaro che la risposta può e deve essere una sola: no, qualsiasi siano le ragioni che spingono in questa direzione. Non in difesa di una costituzione vecchia o obsoleta di cui, almeno a chi scrive, non importa francamente nulla, ma in difesa dell’Italia, di quel briciolo di dignità e di coesione che ci resta. La riforma della costituzione dovrà essere fatta, ma da un governo migliore di questo e se non altro con almeno il crisma della legittimazione popolare. Basti vedere la riforma della scuola: un vero disastro, soprattutto per l’introduzione di ben 200 0re di alternanza scuola lavoro nei licei.
Cambiare non serve a nulla, se non si cambia in meglio. Ma un cambiamento sicuramente positivo sarebbe rispedire Renzi a casa sua: speriamo che gli Italiani se lo ricordino e soprattutto ad Ottobre, qualunque sia il clima, non vadano “al mare” o in montagna.
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