Editoriale

Non piangiamo sull'inghilterra perduta!

L'Europa, quella vera, quella continentale, dovrebbe prendere consapevolezza dell'indipendenza propria alle sue capacità politiche, dovrebbe voler uscire dal finanziario gioco al massacro in cui si è cacciata

Marika Guerrini

di Marika Guerrini

Marika Guerrini nasce a Pozzuoli. Scrittrice, indologa, storica dell'Afghanistan, studiosa di antropologia culturale e pedagogica e del pensiero filosofico di Rudolf Steiner. Ideatore del "Sakura Arte Roma" da tempo ha rivolto la sua attenzione alla geopolitica internazionale con particolare attenzione alla regione centro asiatica meridionale India inclusa. Ha vissuto in Afghanistan e Iran. Vive e lavora a Roma. Autrice di "Grigiarancio" Asefi Terziaria 2000 ( seconda ediz. ampliata, Amazon 2011, Smashwords Edition 2011, lulu book 2011); "Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindhu Kush" Venexia 2005; "Afghanistan Profilo Storico di una Cultura" Jouvence 2006; saggi e articoli in volumi collettivi tra cui "Tripartizione Umana ed Educazione" Graus 2007; "L'orientalista guerriero" Il Cerchio 2011. Il suo blog http://occiriente.blogspot.com

'ammainarsi del britannico vessillo a significare la fuoriuscita del paese corrispondente, dalla rosa europea, non può che convalidare una realtà di fatto protrattasi per anni, condizione in cui l'insulare paese atlantico ha beneficiato degli onori europei senza mai soddisfare gli oneri, bensì gravando su questi a scapito altrui. Bando quindi all'ipocrisia, ora la Gran Bretagna ha dichiarato il suo ruolo effettivo, che ben venga. 
L'ennesima azione di egocentrismo in puro stile britannico, mai smentito nella e dalla propria storia, questa volta però potrebbe sortire conseguenze opposte al motivo, neppure tanto recondito, dell'azione stessa: sgretolare la già traballante Unione Europea. E il proverbio del diavolo e dei coperchi delle pentole che non riesce a fare, potrebbe farsi risposta all'azione britannica. Perché questo sia, però, l'Europa, quella vera, quella continentale, dovrebbe prendere consapevolezza dell'indipendenza propria alle sue capacità politiche, dovrebbe voler uscire dal finanziario gioco al massacro in cui si è cacciata, motivo base della sua fragilità, dell'assenza di unità. Dovrebbe rendersi libera da influenze estranee alla propria cultura, alla propria storia, la storia che le appartiene da millenni, non già l'imbastardimento che le viene dal XX secolo. 
Non vi è, e non può esservi libertà, se nell'arbitrio si viene limitati dall'arbitrio altrui. Non vi è altro modo per l'Europa di divenire la tanto anelata Unione mai ancora raggiunta.
Senza alcun dubbio la strada è difficile, potrebbe persino essere estrema, potrebbe persino, vista la condizione di servaggio all'Alleanza Atlantica, sfiorare uno scontro bellico intestino e non, come si è vociferato a Buckingam Palace, a ridosso del referendum di uscita dall'Unione, per voce di Elisabetta II che ora, smentendo se stessa, come mai avesse pronunciato parole a favore del Brexit, pare infuriata del risultato. Ma nessuno capirà mai gli inglesi e la loro congenita follia. 
Tornando all'Europa, di gran lunga più interessante della follia inglese, la fuoriuscita si spera faccia scattare il desiderio di trasformazione nell'attuazione di quella storia che risponde alla propria universalità per farsi progresso "dell'umanità nella coscienza della libertà", per dirla con Hegel. Questo a nostro avviso sarebbe, ed è, l'anelito europeo, il desiderio profondo dello spirito europeo, se spazio gli fosse concesso. E questo sentore si avverte se si riflette sugli accadimenti europei qualunque sia la loro natura, dalle manifestazioni di disagi sociali agli atti di "terrore" perpetrati all'interno dei confini.
Ma la libertà può venire solo e soltanto puntando al rispetto culturale, politico e giuridico, non certo finanziario in cui non v'è neppure rispetto, può attuarsi soltanto se parte dalla consapevolezza delle zone in cui l'europeo si sente già libero sebbene spesso non lo sappia. 
In Europa non potrà mai crearsi una Unione in stile Usa, i motivi sono storici, culturali politici giuridici, persino antropologici. Non potrà mai crearsi un'Unione che non tenga conto del substrato di tutti i paesi fondanti. L'europeo nel profondo si sente libero in tutti i rami su accennati, libero con e nelle sue diversità di esponente di singoli popoli europei. Ed è proprio questa indiscutibile diversità già sfociata in pensieri di libertà che gli giungono dal MedioEvo, da grandi poeti, musicisti, pittori, architetti, da questo senso di libertà che incontrò e accolse il pensiero scientifico d'oriente, che si formò pensiero filosofico nell'Ellade, proprio per queste insite diversità accomunate in quello che è stato ed è il pensiero europeo, l'Unione Europea ha la possibilità di creare una vera unità. Unità nella coscienza di una libertà, perché libertà non è agglomerato o incontro di schiavi, ma di esseri autonomi che in autonomia scelgono lo stare insieme, il camminare insieme, l'unirsi. Libertà che non può esprimersi in lingua inglese in memoria di un'occupazione a cui si è dato l'improprio nonché forzato nome di libertà. 
L'Europeo per propria costituzione, come fosse un dna, non può unirsi che sotto il vessillo di un ideale storico culturale giuridico, non già sotto una bandiera la cui effige è Finanza, alta o bassa che sia, questa dovendo essere conseguenza. Perché è in ambito finanziario che l'uomo ha mantenuto e mantiene il suo stato di schiavo, di servo. L'Europeo da secoli e secoli ha elaborato e superato in sé, se pur inconsapevole, lo stato di servo in nome di un cammino verso la libertà, lo racconta la sua storia, bisogna solo che ne abbia coscienza, solo modo per scongiurare la frantumazione e, chissà, anche un eventuale procurato scontro bellico, possibilità di cui sopra, i cui prodromi si avvertono da tempo. 
Che si permetta alle parole di F.Schiller, del suo "Inno alla Gioia" espanse sulle note di Beethoven, l'attuarsi del significato, Gioia-Europa, scintille degli dei e figlie dell'Eliso. 
Questo l'augurio. La speranza.

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    2 commenti per questo articolo

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