Una finale sofferta
Èder schianta la Francia, il Portogallo è Campione d'Europa
Un trionfo forse inaspettato, che ha un nome: Cristiano Ronaldo
di Tommaso Nuti
Il Portogallo
vince la finale degli Europei 2016 in finale contro la Francia, cosa che
non succedeva da ben 40 anni e non poteva trovare tempo migliore per
avverarsi.
Era
iniziata come un incubo la finale tanto attesa: Cristiano Ronaldo esce
dolorante dopo venti minuti in seguito ad un duro contrasto subito da
parte di Paget, croce e delizia per i francesi. Sugli spalti qualche
sguardo nel vuoto quando il fuoriclasse portoghese comincia a zoppicare
vistosamente, poi la sostituzione. Applausi di tutto il Sain Denis dopo
qualche timoroso fischio sospettando che fosse una semplice sceneggiata
del numero sette, ma il dolore è decisamente reale: tutto il mondo che
batte le mani in segno di riconoscimento per colui che ha trascinato la
propria nazionale sulle spalle fino alla finale. Sembra un Dejavu: un
altro Ronaldo, “O’ fenomeno”, quello brasiliano aveva dovuto lasciare il campo nel ’98 in finale proprio contro la Francia, nello stesso stadio.
Magari
non l’ha vissuto da protagonista indiscusso come lo si conosce con il
Real Madrid, ma Cristiano Ronaldo è stato sempre presente nel momento
del bisogno e decisivo negli istanti importanti (vedi il gol contro il
Galles o la doppietta all'Ungheria).
Si
è concluso così il gioco delle matriosche: l'Italia che batte la
Spagna, la Germania che batte l'Italia, la Francia che batte la Germania
ma che perde nel suo stadio, a Saint-Denis contro il Portogallo. La
finale di Euro 2016 si conclude nel secondo tempo supplementare, quando
Èder, l'uomo dei miracoli da fuori area schiaffeggia la palla alle
spalle di Lloris. Dal dramma alla gloria.
È
lecito a questo punto sostenere che il Portogallo allenato da Fernando
Santos l’abbia “sfangata”: una sola partita vinta nei 90 minuti
regolamentari in tutto l’Europeo, terza classificata nel girone forse
più abbordabile ed una finale vinta senza Cristiano Ronaldo. Al momento
della sostituzione qualcuno poteva credere che tutto fosse perduto, che
si dovevano abbassare gli occhi per far avanzare i francesi verso la
propria area di rigore. Ma questo non è successo: è scattato qualcosa
dentro i giocatori in maglia rossa, come se dovessero riscattare il
brutto (anche se per molti involontario e sicuramente senza cattiveria)
fallo commesso sul capitano. Come se avessero un debito verso colui che
ha permesso di vivere questa notte. Partendo da Ruì Patricio fino
all’eroe Èder si è creata un’unità di squadra talmente solida e compatta
che la Francia non è riuscita a trovare il gol del vantaggio, ma
nemmeno quello del pareggio. Prima con Griezmann di testa, poi con
Martial all’ultimo respiro: il muro portoghese è ben saldo e il cielo
stellato sopra lo Stade de France si tinge per la prima volta di
rosso-verde: il Portogallo è Campione d’Europa. Se però da una parte c’è
da elogiare Cristiano Ronaldo per il suo atteggiamento talmente
carismatico da trasformarsi in un vero e proprio secondo allenatore,
dall’altra c’è una Francia che si è trovata quasi spiazzata, sconvolta,
quasi incredula davanti alla reazione dei portoghesi. Un popolo che ha
subito nell’ultimo anno tremende sofferenze era riuscito a trovarsi
intorno ad una squadra che volava sulle ali dell’entusiasmo, ma che poi
un fin dei conti si è dovuta arrendere. Una vince, l’altra piange. È il
calcio: nei momenti di difficoltà è grazie a questo che ci si può
riunire, fortificati da compagni e tifosi che spingono con tutte le
proprie forze per un obiettivo che non è solo sportivo, ma emozionale.
Una vittoria riesce a portare gioia, entusiasmo e condivisione, una
sconfitta può far crollare tutti i castelli; non è questo per il caso
della Francia. Se alzare la coppa significava potersi riscattare come
identità nazionale, una sconfitta così non può nuocere a ciò che i
ragazzi di Deschamps hanno portato in quest’ultimo mese ai tifosi e alle
famiglie a casa. Voglia di provarci, di vivere a più non posso un
sogno, senza temere di risvegliarsi.
Saremo ripetitivi forse, saremo romantici e ci piacerà giocare sopra tematiche di questo tipo, ma è indubbiamente l’anno delle favole, partendo dal Leicester di Claudio Ranieri campione d'Inghilterra,
passando per l’Islanda che ha saputo tenere botta contro grandi squadre
fino ad arrivare ai quarti e il Galles di Bale, solo contro tutti, ma
toccando anche l’Italia che per certi versi da brutto anatroccolo stava
per trasformarsi in un bellissimo cigno.
Infine
il Portogallo e “CR7” con la fascia al braccio zoppicante che alza
quella coppa tanto desiderata quanto meritata, perché il carisma non si
insegna, la tenacia non si apprende ad una scuola, la voglia alzarsi da
infortunato dalla panchina per dare indicazioni per i compagni non si
compra ed è così che si costruisce un talento capace di cambiare il
Portogallo e scrivere una pagina della sua Storia. Scusate se è poco.