Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un programma davvero appassionante quello del concerto di ieri sera, giovedì 14 luglio, a Palazzo Pitti, con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta dal maestro Sergio Alapont con Patrizio Serino come violoncello solista. Un percorso che da classicismo arriva alle soglie del romanticismo musicale, dal Don Giovanni di Mozart fino alla settima sinfonia di Beethoven, con in mezzo un concerto di Haydn Lo sfondo è quello, particolarmente suggestivo, del cortile dell’ Ammannati di Palazzo Pitti che forse Mozart avrà visto di persona (anche se Pietro Leopoldo, che ne ammirò il genio, lo ricevette nella villa del Poggio Imperiale, sua residenza preferita) e l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in piena forma. Alapont, vincitore del Concorso Internazionale per direttori d’orchestra di Granada, è Direttore Principale dell'Orchestra Manuel de Falla, Direttore Artistico del Benicassím Opera Festival e uno dei direttori più emergenti della sua generazione; a Firenze ha diretto nel 2011 una brillante edizione del Cappello di Paglia di Firenze di Nino Rota.
La prima parte del programma comprendeva l’ouverture del Don Giovanni, uno dei capolavori assoluti del teatro del grande salisburghese. Scritta, a quando si dice, solo al sera prima delle prove generali dello spettacolo, la sinfonia contrappone i due momenti, o sentimenti principali che dominano l’opera nel suo complesso: l’introduzione solenne che richiamale scene più drammatiche, mentre la seconda parte (allegro) evoca il lato “buffo” dell’opera, soprattutto le rocambolesche vicende del libertino e del suo servo Leoporello. Alapont ne ha dato una lettura forse un po’ “ottocentesca” ma vivida e precisa: l’implacabile ritmo di marcia dell’andante iniziale, con il suono “gelido” di corni ed ottoni e la leggerezza frizzante e sensualità “demoniaca” del seduttorenell’allegro molto della seconda parte.
Il concerto in re maggiore Hob.VIIb:2 per violoncello e orchestra di Haydn (1783) è uno degli ultimi concerti composti dal grande musicista, scritto durante il periodo al servizio degli Esterhàzy. Il violoncello in quel periodo non era molto usato come strumento solista; Haydn ne scrisse due, a distanza di circa vent’anni e questo è il secondo. Il compositore si concentra soprattutto sulla parte solistica, con una scrittura di una certa difficoltà che vuole evidenziare le possibilità cantabili e timbriche dello strumento, trattandolo con la medesima espressività del violino; mentre l’orchestrazione non è molto complessa. In questa composizione il discorso sinfonico si sviluppa con la maturità stilistica della piena maturità del musicista: una elaborazione del materiale con rigorosa consequenzialità razionale, conservando però slanci di libera fantasia che prendono vita soprattutto nella parte solistica. Il violoncellista Patrizio Serino è stato molto apprezzato ed applaudito dal pubblico, anche se nel primo movimento del concerto è apparso forse un po’ impacciato e non del tutto “in sintonia” con l’orchestra, che ha eseguito l’accompagnamento con grande grazia e levità. Ma già nell’adagio la situazione è sensibilmente migliorata e nell’allegro finale il solista ha dato veramente il meglio di sé, soprattutto nei brillanti virtuosismi.
Gran finale con una splendida esecuzione della settima sinfonia del 1813 di Beethoven (seconda parte), che soprattutto nell’introduzione (Poco sostenuto) si richiama alle ultime sinfonie di Haydn e a Mozart; celebre soprattutto per lo splendido secondo movimento (Allegretto) , caratterizzato da una sorta da malinconia distaccata e come sospesa, in una atmosfera di sogno. Wagner parlò per questa sinfonia di “apoteosi della danza”; essa infatti non presuppone un drammatico conflitto interiore come la quinta, ma una sorta di “vortice” che si apre nel primo tempo e che il quarto porta al suo parossismo. Alapont ha impresso all’esecuzione un notevole slancio, sottolineando il carattere in un certo senso “dionisiaco” di questa sinfonia, grazie soprattutto dalla compattezza degli archi e dalla vivacità dei colori. Pubblico entusiasta e perfettamente a ragione.
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