Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Questa non è una storia seria, ma è vera, secondo il migliore costume italiano. Dunque, qualche giorno fa ricevo dalla Fondazione Bellonci, che organizza il premio Strega, una telefonata nel corso della quale mi viene chiesto di fornire i miei dati comprensivi di codice fiscale, nonché quelli di coniuge, parenti e affini fino al secondo grado. E perché mai? Mi rispondono che si tratta di ottemperare alla norma anticorruzione e “anti-pantouflage”. Poiché la telefonata è arrivata mentre sto salutando mio nipote in partenza per l’America chiedo mi mandino la documentazione e chiudo lì.
Mio nipote è un diciassettenne vispo e curioso e mi chiede ragione di quel che ha involontariamente ascoltato, gli spiego rapidamente che deve trattarsi di qualcosa legato al mio mandato di consigliere di amministrazione che ho rivestito per tre anni, fino al 2013, presso la Fondazione Bellonci, delegata dal Sindaco di Roma che in quel periodo erogava 100.000 euro l’anno a favore del premio.
Niente di cui preoccuparsi, io mi occupo di libri e di letteratura merce poco appetibile per corrotti e corruttori.
Mia madre interviene facendomi notare che è bene faccia poco la spiritosa e mi ricorda le tristi vicende del Premio Grizane Cavour, d’accordo, ma questa è un’altra faccenda vogliono solo dei dati…
Già, ma perché oltre ai miei dati vogliono anche quelli del coniuge e di parenti e affini fino al secondo grado? Faccio una rapida ricognizione famigliare: in effetti sono felicemente divorziata, ma sono titolare di una madre, un fratello nonché due nipoti, uno dei quali si mostra piuttosto allarmato della faccenda dell’anticorruzione.
–Zia, non è che mi revocano il visto per l’America perché tu hai dei guai con l’anticorruzione?
–Non diciamo stupidaggini, e poi non ho nessun guaio, non ho fatto niente di illecito e il mio comportamento come amministratrice è stato specchiato e gratuito!
Mia madre interviene scuotendo la testa:
–Te l’avevo detto di non mischiarti con la politica…
Spiego che il fatto di aver avuto l’incarico non significa essere coinvolta in politica, ho solo prestato un servizio gratuito, e sottolineo gratuito, al mio Comune per affari di cui avevo un minimo di competenza, fine!
E poi c’è questa questione dell’anti-pantouflage, a cosa si riferisce, chiedono dubbiosi madre e nipote. Francamente non lo so. Il diciassettenne nipote, che sa bene l’inglese, ma ignora totalmente il francese, ipotizza possa riguardare l’abbigliamento da casa per assonanza con le pantofole e per prossimità con il camouflage; concordemente escludiamo che l’ANAC, autorità cui è a capo Cantone si occupi di calzature domestiche e cerchiamo con google traduttore, senza ottenere alcuna risposta, proviamo a fare una ricerca generica, ma con anti-pantouflage non viene fuori niente, viceversa togliendo la particella contrastiva troviamo finalmente la spiegazione.
Si tratta della “clausola di pantouflage”: è una norma istituita nel 2015 che riguarda “i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni” ai quali è fatto divieto per tre anni di passare al settore privato negli ambiti relativi a ciò di cui si sono occupati, magari contribuendo a decidere un appalto o roba simile.
A parte i “poteri autoritativi”, che fa accapponare la pelle per quanto è brutto, è ovvio che la faccenda non può riguardarmi non essendo io mai stata dipendente del Comune o della Pubblica amministrazione, inoltre ho finito il mio mandato tre anni fa quando ancora la norma non era stata neppure pensata e Cantone faceva il magistrato.
Rimane la questione del perché vogliano anche i dati di tutta la mia famiglia. Faccio qualche altra telefonata e scopro che si tratta della implacabile macchina della burocrazia, che non vuole intendere ragioni o discussioni neppure dimostrando che si tratta di una palese assurdità, niente da fare devo fornire nome cognome data di nascita e codice fiscale di parenti e affini; non sanno dirmi perché, d’altra parte non sanno neppure cosa sia la clausola di pantouflage visto che la chiamano anti-pantouflage.
Mentre nel mio salotto andava in scena questa comica famigliar-burocratica, dalla finestra guardavo sconsolata i cassonetti della spazzatura strapieni, pensavo alle buche che mettono a rischio le sospensioni della mia macchina nonché la mia integrità fisica quando vado a piedi, e a tutti i guai che affliggono la Capitale, contestualmente mi veniva in mente la mia dichiarazione dei redditi e l’aliquota irpef che a Roma è la più alta di Italia. Ma questi sono i luoghi comuni degli italiani brontoloni e mi consolo pensando con orgoglio di essere in regola con la “clausola di pantouflage”, Cantone sarà fiero di me, anche se non sono una dipendente pubblica!
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