Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Marika Guerrini nasce a Pozzuoli. Scrittrice, indologa, storica dell'Afghanistan, studiosa di antropologia culturale e pedagogica e del pensiero filosofico di Rudolf Steiner. Ideatore del "Sakura Arte Roma" da tempo ha rivolto la sua attenzione alla geopolitica internazionale con particolare attenzione alla regione centro asiatica meridionale India inclusa. Ha vissuto in Afghanistan e Iran. Vive e lavora a Roma. Autrice di "Grigiarancio" Asefi Terziaria 2000 ( seconda ediz. ampliata, Amazon 2011, Smashwords Edition 2011, lulu book 2011); "Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindhu Kush" Venexia 2005; "Afghanistan Profilo Storico di una Cultura" Jouvence 2006; saggi e articoli in volumi collettivi tra cui "Tripartizione Umana ed Educazione" Graus 2007; "L'orientalista guerriero" Il Cerchio 2011. Il suo blog http://occiriente.blogspot.com
ue giorni fa 23 luglio 2016, mentre immagini riportavano,
in un ossessivo ripetersi lungo oltre ventiquattro ore, la tragedia consumatasi
a Monaco di Baviera con i suoi 10 morti, e spari seguivano accavallandosi a
spari e volti a volti, e interrogativi a pseudo risposte accompagnate dalla
retorica giornalistica, la maschera tragica del volto di Alì Somboly,
diciottenne autore della tragedia, evidenziava un altro dei tanti preoccupanti
aspetti della nostra società, il "bullismo" giovanile, fenomeno da anni
riportato dalle cronache, per lo più locali, e sottovalutato malgrado
segnalazioni di esperti ne abbiano sottolineato, e sottolineino diffusione e
pericolosità sociale, ma a questo dedicheremo altra pagina. Ora , tornando a
ieri, mentre tutto questo indugiava su mezzi di comunicazione tradizionali e
social network, contraddicendo le parole che suggerivano prudenza sul
diffondere i contenuti della tragedia onde controllare eventuali future
emulazioni, a Kabul un attentato feriva 231 persone e ne uccideva 81 oltre
ovviamente agli attentatori. Suicidi diversi nei due casi, all'occidentale con
colpo di pistola alla tempia, quello di Alì Somboly, alla maniera
orientale, di moda ai nostri giorni, con esplosione, a Kabul. Ma Kabul è
lontana.
A Kabul è assente la possibilità di flash, di zoom, di interviste, di commenti,
di analisi psicoanalitiche e psichiatriche. Su Kabul non ci si interroga, non
lo si è mai fatto per davvero, è sempre stato tutto spiegato a priori,
giustificato a priori. Per Kabul non ci si interroga sul fatto che ora oltre ai
Taliban e ad Al-Qaeda, ormai in disuso, sia presente il Daesh che tra l'altro i
Taliban combattono. Per Kabul non ci si chiede come sia stata e sia possibile,
l'infiltrazione prima la presenza poi, del Daesh con tutto il dispiegamento
Nato, con la massiccia presenza militare, italiani compresi, a
"protezione" del paese. Non suscita alcuna curiosità come faccia il
Daesh a procurarsi continuamente armi all'interno del paese e ad agire
indisturbato mentre la Nato anziché bombardare le formazioni Daesh bombarda i
Taliban che lo combattono. Alcuna curiosità per Kabul. Che tutto questo
accada a Kabul, per il mondo è "normale". A Kabul si muore
di "normale". E si muore ogni giorno da quel malefico ottobre del 2001.
Ora, se a Kabul si muore di "normale" e il "normale" non fa
notizia, per cui ogni fatto del genere viene solo accennato in passaggi tra una
notizia e l'altra, figuriamoci se possa fare notizia il fatto nel fatto, ovvero
che ad essere colpita è stata la comunità Hazara, per cui quella di ieri,
consumata nel quartiere Dehmazang, è stata non solo una strage da
attentato "normale", ma probabile azione di pulizia etnica, azione di
genocidio. Che poi sia stata guidata, consentita, probabilmente voluta, questo
non si sa, comunque è stata comoda. Ma veniamo al motivo immediato.
I dimostranti, tra cui anche dei parlamentari, chiedevano al presidente Ashraf
Ghani e al premier Abdullah Abdullah, di rivedere il "Tutap",
progetto di elettrificazione. La linea "Tutap" avrebbe dovuto
collegare, attraverso l'Hindu Kush, Turkmenistan, Uzbekistan, e Tajikistan
all'Afghanistan e al Pakistan, passando per la provincia di Bamiyan. Sì, sempre
la Bamiyan dei Buddha giganti distrutti, non solo, ma anche cuore del paese e
cuore storico, nonché attuale, dell'etnia Hazara. All'ultimo momento, in barba
alle promesse fatte e allo stesso tracciato del progetto, la rotta è stata
cambiata: alcun passaggio nella provincia di Bamiyan. Motivo: economico, la
linea attraverserà anziché Bamiyan, il colle del Salang, così facendo i lavori
saranno velocizzati e milioni di dollari risparmiati. Che poi migliaia e
migliaia di persone, quasi tutti di etnia Hazara, continuino a trovarsi in una
assoluta carenza di elettricità, quindi disagi su disagi nel XXI secolo,
questo non interessa a quanto pare nessuno, men che mai i governanti.
Ma i governanti ora presenti in Afghanistan sono venduti al maggior acquirente,
non di certo governano il paese per il bene del paese, lasciatelo dire a chi di
storia afghana se ne intende. Si torna così alla volontà, e al permesso
accordato a questa volontà, di annientare il paese, ridurlo completamente a
terra di nessuno, quindi di tutti, e poiché l'etnia Hazara, da anni sottoposta
a discriminazione vessatoria, è quella che, malgrado enormi difficoltà, ha
visto di recente alcuni suoi esponenti formulare pensieri di libertà e
progresso anche fuori dal paese, ecco che, con il pretesto dello Sciismo,
essendo gli Hazara sciiti di contro a governanti, Taliban, Al-Qaeda e Daesh,
sunniti, il "normale" a Kabul ieri è stato usato ad hoc,
secondo il proverbio "due piccioni con una fava".
Il fatto è che Kabul sembra lontana ma non lo è. Kabul rientra perfettamente
nel quadro delle tragedie che stanno invadendo e insanguinando l'occidente. In
principio era Kabul, sarebbe da dire parafrasando il sacro se non si rischiasse
d'essere blasfemi. Kabul non è lontana. Kabul vuol dire Russia, vuol dire
Cina, vuol dire India. Lo ripetiamo da anni. Un Afghanistan raso al suolo anche
nella volontà di libertà, vuol dire, come in un domino, contribuire alla
possibilità di una Terza Guerra Mondiale, che, malgrado alcuni affermino il
contrario, ancora non è in atto benché i prodromi ci siano tutti.
A questo va aggiunto che molte giovani menti libere e strategicamente preparate
per natura, istinto, propria storia, a Kabul, e fuori dal paese, menti che
potrebbero contribuire alla libertà afghana, si trovano tra i giovani
hazara, come volevasi dimostrare. Kabul è la cartina di tornasole dell'inizio,
strategicamente la più importante per via dell'area di cui sopra, reale motivo
per cui ogni anno viene confermata e prolungata la presenza Nato, tutti
gli altri motivi addotti essendo dei falsi. Non va dimenticato.
Non possiamo nn dirci conservatori, e allora attenti con la santificazione della tecnologia
Quel che la Corte Suprema non ha considerando riguardo al divorzio
Perché la destra sta sparendo dall'agone politico
Mettete la museruola ai genitori incoscienti
Se le donne vincono quando in politica i migliori rinunciano