Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Una delle abitudini, se così possiamo definirla, che meno apprezzo nell’accostarsi alle opere d’arte, ai monumenti, ai luoghi d’interesse culturali in generale è la “visita guidata”. Capisco, ma non comprendo, il plotone di turisti giapponesi, americani o tedeschi, che segue uno - o una - sbandierante uno strano “segnacolo”, simili ad una mandria di ovini, per poter vedere il più possibile delle meraviglie che riserva il nostro paese. Li trovo persino divertenti, colorati, pittoreschi nel loro credere d’aver così visto ciò che volevano vedere quando – forse – un bel documentario su Sky sarebbe stato meglio, più formativo e approfondito. Però, va bene così, per coloro che amano i viaggi in comitiva, va benissimo così.
Resta il fatto che a me, andare dietro ad una guida – anche la migliore – non piace, a meno che non sia io a scegliere da chi farmi guidare, ed ecco perché rifuggo sempre in ogni caso, mostra o sito che sia, le “visite guidate”, se possibile beninteso. Anni fa mandai a quel paese una povera guida dello Stibbert e invece, in seguito, mi dovetti sciroppare le banalità di una di esse alla Domus Aurea.
Allora qual è il modo migliore di visitare un luogo d’arte, vi chiederete? Penso sia necessario rifarsi all’antico detto della “poca brigata”, ovvero pochi, scelti amici, non più di sei, possibilmente misti, con i quali muoversi verso i luoghi della Bellezza. Tre coppie di due è un numero quasi perfetto, oserei dire pitagorico; non ci sono esclusi, non ci sono dominanti. Nessuna guida se non l’intuito individuale o la consapevolezza e quando le due cose coincidono allora possiamo esser certi che andremo a godere delle meraviglie che l’arte ci riserva. “Via quelle caccavelle! Via quegli stracci penduli!” diceva Brancaleone alla sua armata che issava le insegne, così simili alle code di seguitori che vanno dietro alla guida di turno. Liberi e pochi bisogna essere per apprezzare l’arte e le sue grazie, liberi nel pensiero e nell’azione, quasi in un moto dell’animo che si lancia in un impeto verso le vette lontane del Bello. Bisogna viaggiare da soli, o in pochi, altrimenti diventiamo folla, e folli come quelli che bevono e giocano nella caracca dipinta da Bosch. Via dalla pazza folla, che è divertente talvolta, perché ci ricorda che il Caos, il terrificante secondo principio della termodinamica, controlla le nostre vite materiali ed è un signore crudele, ma ad esso ci si deve sottrarre. Uno dei modi per fuggire così alla precipitazione delle cose, a ciò che ci rende tristi, all’invecchiamento, alla senescenza delle carni e della mente, è andare verso i luoghi che custodiscono l’arte, sia essa quella d’una cattedrale romanica o quella d’un tempio buddista, perché soltanto così, come con la musica, riusciamo ad allontanare – almeno per un po’ – il più temibile di tutti gli spettri, la più feroce di tutte le nostre paure: la Morte.
Ma ancor più vanno fuggite quelle particolari “gite” che sono sotto il segno dell’”esoterismo”. Fatti salvi rarissimi casi infatti, in genere questi tour alla scoperta di misteriosissimi misteri sono sempre la banale riproposizione di cose trite e risapute che restano alla portata di chiunque su YouTube o per qualsiasi affezionato seguace di “Mistero”. E anche in quei rari casi, a volte, ci sarebbe da dire… ma preferisco invece tacere, anche se prima o poi troverò un Editore coraggioso e mi divertirò a scrivere e descrivere tutto ciò che ho visto nel meraviglioso mondo dell’”esoterismo all’amatriciana”, tra Guru e Paraguru, Maestri, Vicemaestri e Quasimaestri, pitagorici archimedei, polifonici ermetisti, sacerdoti di Yog Sothoth, templari graalici e altre cose che neppure potete immaginarvi… Insomma un bel “Cazzario dell’Esoterismo Italiano” sarebbe proprio ora ci fosse!
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