11 settembre 2001

L'attacco alle torri gemelle non fece vittime solo in America ma anche a Kabul

Se il mondo intero è stato sconvolto da quell'attentato direttamente oltre alla vittime di grattacieli e degli arerei dirottati ci sono state quelle di una città martirizzata da una guerra che altri hanno deciso per lei

di Marika Guerrini

L'attacco alle torri gemelle non fece vittime solo in America ma anche a Kabul

Sarà impressione, frutto di eccessiva osservazione, sarà, ma, in questo settembre del 2016, in quest'11, a quindici anni di distanza dall'11 artefice di cambiamento della storia sul pianeta, le commemorazioni della fatidica data, negli Stati Uniti si sono moltiplicate ancor più, intensificate ancor più, rispetto ai trascorsi anni. Tutto si muove da per tutto a ricordare già da due giorni, dai luoghi deputati alle conferenze di prassi, alle strade ritmate da corse di beneficenza. Da New York a Washington passando per la campagna di Shanksville, per Annapolis, per Shirlington, attraversando l'intera Pennsylvania, calpestando la Valley Forge, entrando al Memorial Plaza, lì, nel cuore del World Trade Center, dove il suono assordante, suggestivo dell'acqua, nel  Ground Zero evoca vita e morte. Tutto da per tutto. Così mentre al National Building Museum, gli scatti di Josè Vergara immortalano gli attimi più tragici della tragedia, migliaia di volontari appartenenti ad oltre 50 associazioni no profit , hanno ripulito strade, parchi, rifocillano bisognosi, eh sì che non sono affatto assenti tra le pieghe della civiltà newyorkese. In contemporanea funzioni religiose si sono rincorse anch'esse a ricordare il divino che si fa retorica nel suo spronare alla bontà, alla pace nel mondo, in memoria di chi allora perse la vita. E la maggior parte di questi eventi hanno avuto il loro tempo di realizzazione scandito su ore e minuti dell'attentato del 2001. Tutto fino al crepuscolo, alle ore 18, fino  al tribute in light sul Memorial Plaza,momento in cui due fasci di luce azzurra hanno illuminato il cielo di New York. 
Ma la cosa più toccante è stata la campana della Speranza, il suo rintocco, la campana della Saint Paul Chapel, rifugio, quel tragico mattino, per il personale del World Trade Center. La campana ha suonato alle 8.46 , ora in cui nell'11 settembre di allora, si schiantò sulla Torre Nord il primo aereo. Campana dell'ultima dea. Ma a Kabul Speranza ha smesso d'essere l'ultima dea. A Kabul Speranza è morta.
A Kabul, luogo fattosi emblema d'ogni attuale guerra, d'ogni distruzione, povertà, emigrazione, malattia, menomazione, e ancora e ancora, la vita s'è fermata quell'11 di settembre, a suo seguito, con la speranza. A suo seguito dopo quindici anni un paese, più paesi, continuano a morire con la  loro gente, la loro storia, con la speranza.
Sempre a suo seguito agenzie del Pentagono aiutano signori della droga ad uccidere la speranza in tutto il mondo. A suo seguito sul Mediterraneo, navi americane, aiutano gli scafisti trafficanti di uomini ad uccidere la speranza. A suo seguito, a Kabul, fisica o figurata che sia, centinaia di piccole e grandi imprese governative e private, giunte dalla terra delle commemorazioni di oggi, di ieri, affamano popoli sotto etichette di facciata del tipo US Special Operation Commands, e la corruzione dilaga, e la voce "aiuto umanitario" inganna persino gli stessi americani, quelli in buona fede, e alcuni europei inganna, quelli in buona fede, mentre gli "aiuti" con i loro milioni e milioni di dollari favoriscono corrotti, aziende inesistenti, frodi, non certo la speranza.
Taliban, Daesh, Usa, Nato, Alleanza, questi sono i nomi che a Kabul uccidono la speranza, questi a questo punto, e allora il moltiplicarsi delle commemorazioni in quest'11 di settembre del 2016 negli Stati Uniti d'America. E questo punto ora osserveremo, lo faremo posizionando lo sguardo in una visione dall'alto, come nostro uso. Lo faremo in sintesi. 
La guerra in Afghanistan, ora, e da molto, si è fatta stallo per gli Usa, e poi c'è il BRICS da distruggere e tra i suoi componenti ci sono quelli da attaccare, quelli da comprare, quelli da ammaliare, o illudersi di farlo come per l'India, mentre il Pacifico attende e questa guerra afghana rischia di andare oltre lo stallo a farsi tomba per gli States. Ma è cosa che sappiamo, questa, da tempo. Osservando in quest'ottica si fa chiaro come, quanto, la presenza del Daesh abbia fatto gioco, come, quanto, con il motivo di combatterlo, si siano intensificati i bombardamenti Nato sul territorio afghano ridotto sempre più a spianata su cui depositare armi, continuare ad accumulare proventi. Osservando in quest'ottica si fa ovvia la risposta dei taliban, oramai in gran parte mujaheddin ovvero patrioti, ovvio il tentativo di riconquista, di liberazione dallo straniero, ovvio che spesso si traduca in suicidio per disparità di armamenti, checché il mondo racconti. Così, mentre le bombe piovono, gli attacchi terroristici si moltiplicano, mentre questi si moltiplicano i morti aumentano, e povertà  e malattie e disperazione e tutto incrementa la trail of tears dei giovani fuoriusciti, i così detti emigranti, che vanno a morire altrove, spesso, che sia in mare o nell'oceano, che sia in un terremoto o per i gas di scarico di un tir, che sia per tutto ciò che la cronaca riporta e quel che tace mentre il cerchio continua a coprire il suo corso. 
Tra i tanti ultimi elementi, uno vogliamo citare, uno semplice, banale: il QCG, Quadrilateral Coordination Group, è organismo internazionale creato  allo scopo di coinvolgere gli attori sulla scena afghana per una stabilizzazione del paese. In realtà è solo una sigla di apparenza. Se non fosse drammatico, sarebbe comico come questo organismo creato per trovare accordo tra le parti, voglia presenti al tavolo del negoziato Stati Uniti, Pakistan, Cina, Afghanistan e  assenti i taliban. Gli stessi taliban che Obama, in separata sede, vuole incontrare, incontro che i taliban rifiutano. Così noi, sempre guardando dall'alto ci chiediamo: per quale motivo i taliban dovrebbero accettare un incontro con Obama, prestarsi alla farsa nella farsa, a discutere del Daesh dal momento in cui il Daesh è penetrato nel paese con il beneplacito di Usa e Nato, perché agisse su quella che è diventata una guerra di liberazione nazionale portata avanti dai taliban-mujaheddin contro lo straniero e il Governo locale ad esso venduto? Perché? Non solo, ma i taliban sanno perfettamente che gli occupanti hanno voluto il Daesh nel paese perché apportasse un radicalismo insurrezionale, un jihadismo, sì da corrompere alcuni elementi radicali tra gli stessi taliban che avrebbero aderito. Non c'è motivo per cui i taliban dovrebbero sedersi al tavolo di un negoziato con i protagonisti della distruzione del paese, protagonisti che da anni, ancor prima dei quindici, combinano le cose sì da consolidare la propria presenza e protrarla nel tempo con schieramenti armati sul terreno. Ad oggi, tanto per avere idea, sono presenti 13.000 soldati delle forze d'Alleanza ( Stati Uniti, Germania, Turchia, Italia), altre 2.150 unità solo degli Usa che al di fuori dell'Alleanza sono presenti anche con una missione autonoma, ufficialmente contro il terrorismo, chiamata Freedom's Sentinel, e con 400 truppe di contractors, mercenari ed elementi dei servizi, collocati all'interno e all'esterno del paese, il dove non si sa, ma sempre sotto esclusivo comando americano.
Chi scrive si rende conto di quanto tutto questo sia assurdo agli occhi d'occidente e anche d'oriente dato l'indubbio terribile passato dei taliban, ma non va dimenticato che persino allora, prima dell'11 di quel settembre, quando i taliban, nel loro estremismo, nell'ignoranza formati all'uopo nelle madrasse  a spese degli Stati Uniti, dei Sauditi e complice il Pakistan, persino allora la questione droga era sotto controllo e lo straniero si voleva fuori. Come aveva già fatto il governo Rabbani-Massoud, negando il passaggio dell'oleogasdotto dal Caspio al Golfo Persico, vale a dire invasione straniera, agli States e ai Sauditi. Non va dimenticato che stava per nascere un accordo tra il governo legittimo Rabbani-Massoud e l'illegittimo dei taliban appoggiato e sovvenzionato dagli Usa, non va dimenticato che l'accordo fu impedito più di una volta dagli Usa, prima dell'ultima volta quando fu impedito con l'assassinio di A.S.Massoud. Non va dimenticato mentre si commemora, che la grande menzogna dell'11 settembre, è tale così come viene raccontata. Ancora. Non va dimenticato che quello fu il principio di una fine mai finita. Cosa che ogni anno ci tocca sottolineare, alla nausea.
Ora basta, non possiamo dilungarci più di così e sfociare in noia certa. Chi fosse interessato e volesse saperne di più può leggere quell'unico libro di storia pubblicato in Italia: "Afghanistan passato e presente", Jouvence 2014. Che poi l'autore sia lo stesso di questa pagina non ha importanza, non è pubblicità, né mettersi in mostra, né falsa modestia, ma  spregiudicatezza dettata dall'essere consapevoli di quanto, quel che si sta vivendo, sia ingarbugliato tanto che la matassa debba essere afferrata dall'inizio, da molto lontano, conoscere quel teatro nella storia per poter elaborare pensieri secondo verità, celate, queste, quasi sempre dietro l'apparire dei fatti. 
La retorica americana è potente, ben consolidata nel tempo, è quasi perfetta. E quasi perfetto è  il suo potere di suggestione. E quasi perfetta la capacità di toccare le più sottili corde dell'animo umano dando l'impressione di muoversi su di un pensiero superiore, volto al miglioramento dell'uomo e della società, in realtà pensiero avvinghiato alla materia camuffata da antimateria. Pensiero capovolto basato in esclusiva sulla menzogna di cui il popolo americano è vittima prima ancora di altri. E forse più.

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