Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Una giovane donna in preda alla disperazione va in garage e si impicca con un foulard. Da un anno la sua vita era diventata un inferno a causa di un video porno che la vedeva protagonista e che ella, sventatamente, aveva inviato a cinque persone via “WhatsApp”, cinque persone evidentemente inaffidabili o forse moltiplicate dal sistema chat, chissà. Le cinque persone sono diventate rapidamente 5000 sul web e poi sempre di più e quel video è divenuto, come si dice in gergo, “virale” anche perché la povera Tiziana Cantone aveva azzeccato il claim e la rete l’aveva scelta come nuova stella del mondo cyber.
Altro scenario, altra giovane donna, anzi giovanissima. Siamo in una discoteca, lei ha bevuto troppo lui, ne approfitta e la stupra, le “amiche” riprendono la scena, ma non per portarla alla polizia come prova del delitto contro l’”amica”, ma per metterlo in rete e diventare anche loro protagoniste del web in qualche modo.
Da due giorni non si parla d’altro, le indignazioni fioccano, maledetto internet!, la solita Boschi ha commentato a proposito del sessimo contro le donne (a breve si prevede che anche la Boldrini si esprimerà in proposito, se non lo ha già fatto). I commentatori di sesso maschile sembrano più indignati degli altri, una volta tanto non devono accusare un uomo di aver attentato alla virtù di una donna o alla sua integrità fisica e morale, la colpa è del web, maledetto internet!
Posto che il web è una trappola infernale. Posto anche che permettere a qualunque idiota di esprimersi con la parola scritta (che come dicevano i romani, manet, al contrario di quelle profferite a voce che volant) resa perenne e incancellabile dalla mostruosa memoria dei server, è un’aberrazione per l’incontrollabilità che la caratterizza. Posto infine che abbiamo lasciato che prevalesse il sistema della vanità personale che certifica l’esistenza, se non sei sul web con le tue foto non esisti.
Posto tutto questo, sembra che in questi giorni tutti si dimentichino che la responsabilità è sempre e solo personale.
Tiziana Cantone aveva 31 anni, ci hanno detto che è l’età della maturità piena anzi tale da poter guidare dicasteri, sottosegretariati, aziende ecc. facendo fuori gli ormai decotti padri cinquantenni e oltre. Tiziana Cantone ha scelto liberamente di fare un video porno di cui era protagonista e invece di tenerlo per sé lo ha diffuso. Certo, ad un numero limitato di persone, ma come si fa a controllare un altro da sé? Si è fidata? Certo, ha peccato di ingenuità, ma non è la bimba di Cappuccetto rosso che, nonostante le raccomandazioni della madre, si fida del lupo (e poi rischia di pagarla assai cara). Tiziana Cantone aveva 31 anni, conosceva i pericoli della rete, o avrebbe dovuto.
È stata una leggerezza, si dirà, che si è trasformata in un mostro tentacolare e inarginabile; è vero e non riesco neppure ad immaginare come e quanto debba essere disperante trovarsi inopinatamente di fronte a qualcosa che è sfuggita di mano in maniera così mostruosa e devastante.
Però non paragoniamola al caso della ragazza stuprata in discoteca, filmata e offerta alla gogna del web dalle cosiddette amiche (giovani killer che meriterebbero non la galera, ma di essere condannate a lavorare per il resto della vita solo per risarcire la sventurata, in questo caso fine pena mai). La ragazza stuprata è una vittima duplice, dello stupro che non ha voluto (anche se era ubriaca) e del furto delle immagini che non ha autorizzato, né girato, né diffuso.
Oggi tutti si stracciano le vesti, maledetto internet!, piangono la morte di una giovane donna, invocano cyber-educazione. Sono gli stessi che postano su facebook le foto della propria vita, dei propri figli, e lo fanno da anni educando i giovani a fare la medesima cosa, e se dall’istantanea di un volto si passa a quella di una tetta in libertà… e che sarà mai! al mare si vede di peggio ti dicono, anche per strada, per non parlare dei manifesti delle pubblicità, o della tv…
È vero, ma rimane il detto latino che vale, oltre che per le parole, anche per le immagini, quelle pubblicate, ovunque ciò avvenga, rimangono, rimangono per sempre e potranno essere usate contro di noi. Circa 10 anni fa, quando esplose il fenomeno del web libero e di facebook, ci si pose il problema, qualcuno predisse la possibile deflagrazione incontrollata come quella di un’arma nucleare che non solo uccide quando scoppia, ma anche dopo anni che le vittime sono state esposte al suo potenziale distruttivo.
Poi la società dell’immagine ha avuto la meglio, e nessuno più ha messo in guardia i giovani dai pericoli, nessuno li ha educati almeno al principio della responsabilità personale di una scelta che può presentare un conto insopportabile.
Fa male doverlo dire, ma nei due casi di cronaca, l’unica vera vittima è la ragazza stuprata, tutto il resto è faccenda di webeti.
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