Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ltro che “spirito europeo” – celebrato nella riunione-rievocazione di Ventotene, a fine agosto. Allora, Matteo Renzi, si era illuso di fare parte, insieme alla Merkel e a Hollande, della cabina di regia continentale. A Bratislava, nell’ultimo vertice dell’Unione, le luci della ribalta sono state invece tutte per la cancelliera tedesca e per il presidente francese. Niente conferenza stampa “alla pari” per il Presidente del Consiglio italiano e fotografia disarmante di un’Europa ad “alleanze variabili”, nella quale il ruolo di Renzi e quindi del nostro Paese appare contradditorio e sempre più sbiadito.
Il quadro è oggettivamente confuso. Cinque sono al momento le diverse “alleanze” interne all’Unione: l’asse franco-tedesco (finalizzato a “raffreddare” possibili divergenze tra i due Paesi); quello “rigorista”, a trazione tedesca (in grado di realizzare una sorta di alleanza baltica); il cosiddetto “Club Med” (impegnato a riequilibrare lo strapotere tedesco); quello dei “liberoscambisti” (capitanato dalla Gran Bretagna); il blocco di Visegrand, rappresentato da Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia ed Ungheria (deciso a fare blocco contro l’immigrazione).
Ma ancor più grande è lo stato confusionale del nostro governo e del suo leader. Dopo essere stato sostanzialmente definito un imbecille (“Quando i leader socialisti si incontrano – ha detto il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble – il più delle volte non esce nulla di intelligente”) e dell’ “irresponsabile” (dal capogruppo Ppe all’Europarlamento Manfred Weber) per avere assecondato il protagonismo di Tzipras e la domanda di flessibilità, Renzi gioca ora a fare il doppiogiochista, contestando il documento finale del vertice di Bratislava, approvato all’unanimità.
Perché – ad appena un mese dall’incontro di Ventotene – questo passo indietro? Le strategie europeiste sembrano entrarci poco. Dietro le esternazioni antitedesche ed il richiamo alle politiche di sviluppo di Barack Obama, si nasconde in realtà il timore di Renzi per l’imminente scadenza referendaria e per i conti da quadrare della prossima legge di Stabilità. Pesano le difficoltà del “fronte del Sì” e le divisioni interne al Pd. Ed è tutt’altro che scontata l’approvazione di Bruxelles sui conti pubblici italiani.
Per recuperare tutto può servire. Anche alzare la voce contro le violazioni alle regole comunitarie di Germania e Francia, cercando poi una nuova legittimazione politica: “Se vinco il referendum al vertice di Roma sarò più forte di Merkel e Hollande”.
Siamo evidentemente al ridicolo e alla pesca delle occasioni. Ieri la retorica federalista di Ventotene. Oggi il doppiogiochismo, tra un “fronte del Sud”, impegnato a chiedere flessibilità sui bilanci e politiche di spesa per le opere pubbliche, ed il rigorismo a trazione tedesca. Il risultato è una sorta di incertezza generalizzata, che – come ha denunciato il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco – “trattiene gli investimenti e impedisce una ripresa più forte”.
Gli europei non meritano le indecisioni dei loro governanti. Ma l’Italia non può più sopportare a lungo la retorica inconcludente di Renzi. Il prezzo – conti alla mano - comincia evidentemente ad essere troppo alto.
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