Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Non era sicuramente un testo “facile” il Calderon di Pier Paolo Pasolini con cui il teatro fiorentino della Pergola ha scelto di inaugurare la propria stagione. E’ del resto uno spettacolo che nelle città dove ha debuttato ha suscitato qualche critica e perplessità, magari espresse a mezza voce per timore di essere “politicamente scorretti ; cosa che tra l’altro Pasolini era in sommo grado e costituisce ancora oggi il suo motivo di maggior fascino e attualità, anche per chi, come chi scrive, sia lontanissimo dal suo modo di pensare e della sua ideologia di riferimento, peraltro mai pedissequo né tanto meno “trinariciuto”.
E va detto subito che la drammaturgia di Sandro lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi (che ha curato la regia) ha sicuramente molti punti di forza: a partire dalla suggestiva scenografia, che evidenzia il sottile confine tra vita e sogno, oppressione e evasione. Non per nulla,Con il suo dramma Pasolini si richiama all’autore spagnolo de La vita è un sogno, anche se ambienta il suo dramma in età franchista. [1]Un interno di mattoni grigi che sa tanto di prigione o manicomio ospita echi freudiani, sinistri bagliori di una società ipocrita, il fascino perverso e sadico del potere. Una scena mobile (diGregorio Zurla) si alza e si abbassa, lasciando scorgere o nascondendo brevi testi luminosi. E nella stanza, la presenza quasi ossessiva di letti dove il personaggio femminile, Rosaura, si risveglia senza riconoscersi – o sogna senza rendersene conto? in sequenze sempre più allucinate e non sempre comprensibili.
Sicuramente, una delle idee più sottilmente affascinanti e attuali del testo, abilmente sottolineata della messa in scena, è che in definitiva la condizione piccolo borghese può essere oppressiva come quella di un lager (o di un gulag, aggiungeremmo noi);ma certo, la borghesia in genere ricorda tanto il mostro desideroso di inghiottire il mondo con uno sbadiglio di Au lecteur del sommo Baudelaire. E sicuramente tanto di cappello agli attori, dal Basilio di Sandro Lombardi alle attrici che hanno interpretato Rosaura, a tutta la compagnia che ha dato davvero il meglio di sé per animare un testo che però, a parte alcuni momenti, è sembrato debole proprio sul piano drammaturgico. Sicuramente poco felice la scelta di una rappresentazione che dura quasi due ore e mezzo senza un minimo di intervallo; oltre a tutto, di un testo uttt’altro che facile o di agevole comprensione. E al di là di alcune fulminee intuizioni, felici momenti di acre sarcasmo e passaggi poetici, si avverte anche il peso di una retorica ideologica che la bravura della messa in scena non riesce a alleggerire più di tanto. Il dramma si chiude con la constatazione, da parte di Basilio, che l’ultimo sogno di Rosaura, quello degli operai con tanto di falce e martello che liberano gli “scheletri” dai lager, è proprio destinato a rimanere tale. Oggi noi sappiamo che in realtà quel “sogno” si è rivelato un incubo in certi casi non certo inferiore ai lager stessi e pertanto certi “atti di fede” anche se espressi in modo mai dogmatico ma anzi problematico, nell’ideologia marxista lasciano oggi perplessi e risuonano sgradevoli.
Lo spettacolo è stato comunque applaudito, anche se in modo meno convinto di altre volte e almeno la seconda rappresentazione presentava diversi vuoti in sala. Insomma, la Pergola ha saputo offrirci – e sicuramente ci offrirà – decisamente di meglio.
Repliche: oggi, venerdì e sabato ore 20,45; domenica ore 15,45.
[1] Per la trama e la struttura dell’opera cfr. l’articolo di Niccolò Andreotti http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=8507&categoria=1&sezione=8&rubrica=
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