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Quello sfortunato filologo che vendette al sindaco di Visso il manoscritto dell'Infinito

Prospero Viani nel 1869 cedette l'autografo dell'Idillio leopardiano per procurarsi qualche soldo per vivere

di Simonetta  Bartolini

Quello sfortunato filologo che vendette al sindaco di Visso il manoscritto dell'Infinito

Il manoscritto dell'Infinito di Leopardi fino a pochi giorni fa custodito a Visso

In pochi sanno, o sapevano, che a Visso colpito duramente dal terremoto del 26 ottobre, da quasi 150 anni si conservavano 27 manoscritti di Giacomo Leopardi fra i quali quello dell’Infinito, anzi per la precisione a Visso si conservava, fra gli altri manoscritti del poeta di Recanati il “secondo” manoscritto del celeberrimo idillio, perché il primo, più noto e studiato, sta presso l’Archivio di Stato di Napoli. Pochissimi, sanno che questo piccolo/grandissimo patrimonio filologico, era arrivato a Visso a causa delle ristrettezze economiche in cui si venne a trovare nel 1869 Prospero Viani che lo vendette, al sindaco del paesino del maceratese Giovanni Battista Gaola Antinori, al prezzo di 400 lire del tempo. Infine un numero ancor più ridotto di persone sa chi sia stato Prospero Viani, e questo è un peccato perché la sua storia è assai bizzarra e interessante.

Prospero Viani nasce a Reggio Emilia nel 1812 e poiché viene educato alle idee liberali (del tempo) si trova coinvolto nei moti politici del 1830-31 –che videro protagonista il famoso e sfortunato Ciro Menotti (finito sul patibolo) e misero a soqquadro il ducato di Modena  e lo Stato Pontificio– così quando chiede di potersi iscrivere alla Facoltà di Legge di Modena si trova la strada sbarrata dai questi poco rassicuranti precedenti rivoluzionari. Per fortuna il giovane Prospero Viani coltiva la passione letteraria, scrive versi (in verità non indimenticabili), ma su suggerimento di Pietro Giordani (sodale e amico di Leopardi) decide lasciar perdere la composizione poetica per dedicarsi agli studi di filologia, avendo preso coscienza del fatto che essi potevano diventare un’arma potente, alternativa a quella politica, nella guerra a favore dell’italianità.

Evidentemente non era nel carattere della personalità del Viani star fuori dai guai se nel 1836 viene condotto in carcere, su ordine del duca di Modena con l’accusa di praticare idee liberali, ove pare subisca anche un attentato con il veleno. Liberato nel febbraio dell’anno successivo, viene comunque sottoposto all’occhiuto controllo della censura estense che verifica la sua corrispondenza e ne controlla l’attività tanto da provocare, nell’indomito e imprudente neo-filologo, una reazione di protesta, formalizzata in una lettera al Ministero del Buon governo, contro l’ispezione arbitraria delle lettere a lui destinate provenienti da fuori i confini del ducato. Inutile dire che egli ricevette una secca risposta con l’invito a starsene tranquillo.

Così nella vita di Prospero Viani la passione politica viene sostituita da quella per la filologia e in particolare egli mostra un particolare interesse proprio per la corrispondenza (!) al punto da diventare il primo editore e curatore dell’epistolario leopardiano nel 1849  che finalmente lo risarcisce della sfortunata partecipazione all’edizione del terzo volume delle Opere (1845) del poeta di Recanati che, nonostante rechi in appendice 87 sue lettere raccolte dal Viani, per una svista nella composizione del frontespizio, esce con i soli nomi di Pietro Giordani e Pietro Pellegrini.

Nel frattempo il nostro filologo, dopo il fallimento dei moti del ’48 che rintuzzava la speranza di un’annessione al Piemonte, si è spostato dalla natia Reggio vagando fra la Liguria e la Toscana, fino a quando per gentile concessione del governo ducale gli viene concesso di tornare nella città natale, a patto che se ne stia buono e tranquillo in una casetta di campagna a compiere i suoi studi.  Ma gli studi, come si sa, al pari della poesia, non dant panem e allora ecco il nostro Viani cominciare a peregrinare fra Genova e Reggio Emilia come insegnante di lettere nei licei, ma evidentemente gli insegnanti al tempo erano mal pagati, proprio come adesso, e il filologo, avendo ormai da tempo moglie e figli da mantenere, potendo contare su un piccolo patrimonio di manoscritti leopardiani acquisiti durante le sue ricerche per raccogliere le lettere del poeta, si trova nella necessità di disfarsene per sopravvivere. È così che il prezioso secondo manoscritto dell’Infinto di Leopardi arriva a Visso e qui viene custodito fino a pochi giorni fa, quando il terremoto lo fa tornare in Emilia, a Bologna, restituendolo ai luoghi natali di Prospero Viani, e restituendo anche al filologo un po’ di notorietà.

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