Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Ma sì parliamo di referendum non tanto perché la materia sulla quale siamo chiamati a pronunciarci sia importante o vitale (checché ne dicano i fautori del Sì), quanto per le ricadute che il risultato potrà avere.
Premetto che, almeno per ora, non intendo schierare Totalità per il Sì o per il No, seppure il giornale abbia ospitato molti interventi favorevoli al no, tutti ben argomentati e sostanzialmente convincenti. Se qualche autorevole esponente del Sì ci avesse mandato un proprio intervento avremmo ospitato anche quello, rimanendo neutrali. Come abbiamo detto all’inizio di questa avventura editoriale, Totalità è un libero laboratorio aperto a tutti, se poi collaborano solo coloro che la pensano in un determinato modo non è affar nostro.
Sono ormai quasi sei mesi che si battaglia intorno al referendum costituzionale, francamente troppi, indubitabilmente inutili. In questo lasso di tempo Renzi è incappato in una serie di errori che solo la giovane età e l’inesperienza possono giustificare: ha promosso la consultazione come un affare personale: “Se vince il No mi dimetto”, per poi fare marcia indietro quando però era ormai troppo tardi e i suoi oppositori si erano impadroniti della trasformazione dal merito della legge costituzionale al giudizio sull’operato del premier.
Ha malamente gestito la questione banche, Etruria prima di tutto. Non saprei dire, se tecnicamente la questione avrebbe potuto essere gestista in maniera diversa e migliore (ognuno ha la sua ricetta che corrisponde ad uno schieramento pro o contro il governo quindi ai miei occhi priva di valore scientifico), sicuramente avrebbe potuto dare un segnale di vera trasparenza e estraneità a qualunque sospetto di combine e di interessi personali, se avesse chiesto e ottenuto le dimissioni del ministro Boschi. La Boschi non ha probabilmente nessuna responsabilità personale in quel che è accaduto a Banca Etruria, può anche darsi che non ne sapesse niente. Purtroppo il padre del ministro ci si è trovato coinvolto, forse anche lui incolpevolmente, forse. Forse la magistratura appurerà la sua totale innocenza estraneità a qualunque responsabilità ai danni, cospicui, subiti dai risparmiatori, forse.
Resta il problema vero e insuperabile che, da che mondo è mondo, le colpe dei padri ricadono sui figli (guardante un po’ cosa capita a noi dopo il pasticcio combinato da Adamo ed Eva nel paradiso terrestre!) giusto o sbagliato che sia funziona così, funziona così anche se un padre non si è macchiato di alcuna colpa se non quella di non pensarla come la pensano quelli che piacciono alla gente che piace, la figlia o il figlio, anche in questo caso, a meno di codarde prese di distanza dal genitore, si ritrova marchiato col sigillo dell’infamia che lo seguirà per tutta la sua vita personale e professionale (e so quel che dico!).
Nel caso Boschi la faccenda è stata ed è pesante sotto il profilo della credibilità dell’esecutivo, il sospetto (per quanto privo di fondamento, ma deve ancora essere verificato) che il ministro abbia coperto o protetto il padre è insostenibile. Meglio sarebbe stato se, per quanto dolorosamente sul piano umano e dell’amicizia che lega Renzi alla Boschi, il premier avesse chiesto le dimissioni, marcando in tal modo l’assoluta trasparenza negli atti di governo.
Si deve anche aggiungere che licenziando la Boschi (come peraltro ha fatto per molto meno con altri ministri) non si sarebbe privato di un tecnico insostituibile, né di un politico di raffinata capacità, solo di un’amica leale, certo; fedele, senza dubbio, ma per il bene del paese e del governo, che Renzi dice e ripete inesaustamente di mettere al primo posto, avrebbe potuto e dovuto farlo.
Insomma Renzi si è azzoppato da solo e adesso fronteggia la difficile partita del referendum che rischia di perdere.
Dunque meglio che perda questo referendum e vada a casa? Non ne sono sicura.
Se Renzi si dimette non si ha la certezza che il Presidente della Repubblica indica nuove elezioni, molto probabilmente invocando, al solito: l’instabilità, i mercati, l’Europa ecc ecc non ci farebbe votare e potrebbe dare l’incarico ad un tecnico tipo Monti, e il solo pensiero mette i brividi a chiunque. Un tecnico infatti, come avvenne nel caso di Monti sarebbe un personaggio indicato dalla Ue con il compito di fare quel che ha fatto Monti, ovvero gli interessi del resto d’Europa a danno dei cittadini italiani e del loro benessere.
Se viceversa andassimo a votare vincerebbero con ogni probabilità i M5S, e vedendo quel che sta facendo la Raggi a Roma (disastro assoluto) e la Appendino a Torino, disastro culturale, i brividi ci scuotono come con una febbre tifoidea.
Tertium non datur, visto che il centrodestra è privo di leadership e di programma, per non dire dei disastri passati che non ci fanno desiderare ripetere l’esperienza; non dimentichiamoci che il blocco degli stipendi l’ha voluto il governo Berlusconi, che Tremonti, in un paese ad alta concentrazione di cultura come il nostro, ebbe a dichiarare che con la cultura non si mangia, ecc ecc.
Non resta che Renzi, ma con una squadra di governo di coalizione, vera (per carità niente succedanei del berlusconismo alla Verdini) ampia e qualificata.
In effetti si fa fatica a immaginare dove andare a pescare personalità qualificate che non siano intossicati dall’ideologia e pensino al bene del paese da intendersi come insieme di cittadini e non come appendice dell’Europa. Però, forse, a cercare bene non è impossibile, soprattutto stendendo un programma di riforme che ripristinino il proporzionale nella legge elettorale, taglino veramente dove c’è da tagliare senza tutelare i soliti privilegiati, restituiscano ai dipendenti dello stato dignità e voglia di contribuire a restaurare un edificio che, già in parte crollato, rischia di vedere sbriciolare anche gli ultimi muri rimasti in piedi (e non lo si fa diminuendo gli stipendi e aumentando le ore di lavoro).
Dunque al referendum dovremmo votare Sì per far rimanere Renzi? No. No perché se Renzi esce vittorioso da questa tornata elettorale non cambierà niente di quel che non funziona nel suo governo, e anzi la vittoria lo renderebbe più tetragono ad ogni critica e impermeabile ad ogni saggio suggerimento. Galvanizzerebbe la sua indiscutibile arroganza, e ci poterebbe definitivamente nel baratro.
Dobbiamo sperare che vinca il Sì e che Mattarella sia così saggio intelligente e illuminato da reincaricare Renzi dopo le sue dimissioni (che dovrebbe dare in caso di sconfitta) per un governo di scopo a cifra tecnico-politica, magari fatto di persone che abbiano esperienza, saggezza e idee chiare, per favore basta con i ragazzini!. Dopo di che dare il via alle riforme senza curarsi troppo dell’Europa e delle sue astrusità economico-finanziarie, per far veramente ripartire l’Italia.
Inserito da Francesca coppola il 31/01/2023 23:48:31
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Inserito da Francesca coppola il 31/01/2023 23:46:25
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64 lettori mica male!! Ah ah