Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Francia. Primo turno delle primarie del Partito Socialista (mascherate da “primarie della sinistra", come al solito). Vince, un po’ a sorpresa, Benoît Hamon. Quali sono le ricette per il futuro che gli hanno permesso di imporsi ?
Ormai è fatta, il dado è tratto. Il reddito di cittadinanza (le revenu universel) non è più un’utopia né un miraggio. La società francese, che vede ogni anno interi dipartimenti inghiottiti da un’inesorabile desertificazione economica (la France périphérique, dove la disoccupazione dilaga e l’industria è letteralmente scomparsa), cova tuttavia nuovi miliardari nei nidi della finanza di Parigi e Lione, là dove il capitale si concentra e con esso le nuove élites mondialiste che hanno reciso ogni legame con le comunità locali, le città, il popolo, la nazione.
I redditi, e quindi le imposte, di questi nababbi sembrano in effetti in grado di finanziare il generoso meccanismo del reddito di cittadinanza, ed è proprio questa la carta di vincente di Benoît Hamon, vincitore del primo turno delle primarie socialiste. Domenica affronterà nello scontro decisivo il secondo arrivato: l’ormai ex-primo ministro di Hollande, Manuel Valls.
Cosa pensare di questo apparentemente rivoluzionario Revenu universel (presente anche nel dibattito politico italiano, il Movimento5Stelle ne ha parlato a più riprese)?
Presentato come “egalitarista”, ad avviso di chi scrive il reddito di cittadinanza non farebbe che allargare il fossato tra l’iper-classe de super-ricchi, pochi, e una fascia di popolazione sempre più ampia, appesa al cordone ombelicale dell’assistenzialismo di stato. In un contesto in cui il lavoro manca e dove il lavoro, quello vero (non sottopagato, né precario) si concentra in una manciata di metropoli e scompare in provincia, i governi non sarebbero più incentivati a mettere in atto politiche per l’impiego o di lotta alla disoccupazione, bensì si nasconderebbero dietro la trincea inespugnabile del reddito di cittadinanza.
Vuoi lavorare? Non ci scocciare. Prendi il tuo assegno mensile e compra, consuma, più che puoi.
Ci ritroveremo in una situazione simile a quella descritta in Brave New World di Aldous Huxley: una società divisa tra Alpha e Epsilon, fecondi contro inutili. Una distopia che diviene realtà. E la proposta da dove viene? Dai socialisti, ancora una volta.
La misura piace però sia ai rossi che ai giganti dell’economia odierna. Vedi il fondatore di Facebook, Zuckerberg che, in seguito alla quotazione in borsa del 2012, stacca assegni plurimiliardari al Tesoro federale californiano, somme che equivalgono alla paga annuale di 50.000 funzionari… oppure al reddito di cittadinanza di 200.000 persone. Proprio i guru come Zuckerberg sono tra i più ferventi sostenitori del revenu universel.
Quando la ricchezza viene sempre più dal capitale finanziario e sempre meno dal lavoro, perché spaccarsi la testa per far ripartire il cavallo stremato, sfinito, del salariato? Perché confrontarsi con gli algoritmi apparentemente irrisolvibili delle politiche del lavoro? È molto più semplice staccare un assegnino a fine mese e risolvere una volta per tutte ogni maledetta questione sociale.
Le aspirazioni degli individui? Il destino dell’uomo? Le ipotesi umaniste? Il contributo di ognuno alla vita sociale? Chissenefrega.
Mangiate, bevete e godete. Poco ma, dopotutto, paga lo zio Sam.
Un tempo le dame della grande borghesia industriale si occupavano dei poveri della parrocchia mentre i loro mariti finanziavano le arti e la cultura delle città nelle quali si erano affermati.
Oggi i multimiliardari della City, di Wall Street, de la Défense, propongono di occuparsi di nazioni intere. In cambio, chiedono che li si lasci liberi di accumulare potere e ricchezza senza limiti, senza argini morali, politici o altro. Dei dell’Olimpo e frati francescani nello stesso tempo, Paperon de Paperoni e Robin Hood insieme. L’importante è che il popolo taccia per sempre.
Da Jean de Sismondi a Gaspard Koenig, gli apostoli dei pensiero liberale hanno sempre visto di buon occhio il reddito di cittadinanza. La sinistra francese vede in esso la perfetta sintesi della società contemporanea: Uberizzata e post-salariale. Permette soprattutto ai socialisti di realizzare, ancora, il loro più grande sogno: un sistema ingiusto ed inegalitario, progettato e costruito con la coscienza pulita. Una sinistra che da un lato piega il capo davanti al fallimento economico francese ma che, dall’altro, si ostina alla ricerca dell’algoritmo fiscale perfetto, sempre in nome del progresso e dell’ égalité.
Prima o poi qualcuno si accorgerà che socialisti e borghesia hanno in realtà lo stesso progetto elitista della società.
In fin dei conti, il reddito universale realizza anche il fantasma erotico più piccante delle élites liberali: un livello di imposizione che permetta ai “winners” di erogare abbastanza cash per poter poi organizzare scientificamente l’inattività e l’impotenza delle masse, ridotte allo stato di mute scimmie consumatrici.
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