Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Ormai lo sanno tutti, oggigiorno i media, internet e i social network determinano la percezione della realtà. Sono loro a decidere quali sono i fatti, gli appuntamenti, gli avvenimenti da non mancare. E soprattutto i grandi anniversari. Ciò che non esiste sui media e in rete, semplicemente non esiste più. Ciò che non è celebrato sulla home di Google o sulle bacheche di Facebook non è mai avvenuto. Con un meccanismo così raffinato da far impallidire Orwell la società liquida della rete si è impossessata anche della nostra memoria.
Per questo, nel mese di gennaio, non sono rimasto troppo stupito nel constatare che un importante anniversario come quello di Charta77 non ha meritato nemmeno una paginetta, un articoletto, un tweet, un like, niente di niente di niente. I media e il cosiddetto mondo social lo hanno completamente ignorato.
Paradosso dei paradossi, in una contemporaneità che osserva le più grottesche battaglie ideologiche per i capricci delle minoranze imporsi come guerre sante dei diritti umani, nessuno, praticamente nessuno sa che cosa abbia rappresentato per l’Europa il movimento Charta77. Nessuno ricorda più la sua lotta per i diritti dell’uomo, quelli veri, quelli che servono a difendere le libertà fondamentali degli individui dall’arbitrio dei potenti.
Un quarantesimo compleanno che potrebbe anche essere un cinquantesimo poiché già nel ’67 Kundera, Havel, Vaculik, Patoka (solo a scrivere il nome di questi giganti vengono le vertigini) si interrogavano sulle reali possibilità di rendere il regime comunista più umano. Ipotesi sulla quale i carri armati sovietici, nel ’68, misero definitivamente una pietra tombale.
Malgrado ciò, la Primavera di Praga non aveva domato le aspirazioni e le ambizioni democratiche degli intellettuali (e del popolo) cecoslovacchi. Una generazione che non ha accettato compromessi con il potere nella lotta per una società più umana.
I protagonisti di Charta 77 avevano colto tutti i limiti degli accordi di Helsinki del ’75. Accordi che dovevano segnare il ritorno delle libertà fondamentali dell’individuo nei paesi comunisti ma il cui reale impatto fu minimo. Dopotutto i leader sovietici si infischiavano dei diritti contenuti nelle costituzioni dei loro paesi, perché mai avrebbero dovuto rispettare quelli riconosciuti da un accordo internazionale?
Cosa domandavano i firmatari di Charta 77 ai vari regimi comunisti dell’Europa dell’est? Semplice: libertà religiosa, libertà d’espressione, libertà d’associazione, diritto ad una vita politica attiva ma non allineata. La libertà di dire ad alta voce che nell’universo sovietico tutte queste libertà erano calpestate ogni giorno e che, in un’atmosfera irrespirabile, nelle città ad est del muro si viveva costantemente spiati, sospettati e implicitamente minacciati.
Charta77 chiedeva soprattutto di poter dare il suo contributo, chiedeva un dialogo costruttivo con il regime per potere lavorare insieme ad un futuro più giusto. Oggi ci sembrano richieste, ovvie, naturali, quasi banali. Non era così nella Praga di quarant’anni fa.
Nel gennaio del 77, la Charta venne stesa da 242 firmatari ai quali se ne aggiungeranno presto tanti altri. I nomi più importanti: Vaclav Havel ovviamente, Pavel Kohut, Jaroslav Seifert (Nobel nell’84), Ludvik Vaculík, Jiri Kolár, Jan Patocka, alcuni protagonisti della Primavera di Praga: Zdenek Mlynár, Jiri Hajek, Jiri Dienstiber, la storica dell’arte Anna Farova, la cantante Marta Kubisova, ecc.
Patocka fu la prima vittima della repressione comunista. Perseguitato, ripetutamente sottoposto a interminabili interrogatori, morì il 13 marzo 1977 in seguito ad un’emorragia cerebrale. Il giorno del funerale il regime diede l’ordine di chiusura a tutti i fioristi di Praga e impedì al popolo di rendere omaggio al grande filosofo. Molti dei firmatari di Charta 77 vennero arrestati, Havel stesso sarà imprigionato per ben cinque anni. Tuttavia, nonostante le minacce e le intimidazioni, la Charta ha continuato a vivere: incessante, in clandestinità, la sua attività di diffusione di documenti di lotta politica. L’esempio cecoslovacco crebbe via via di notorietà in tutta la galassia comunista ed ispirò altri movimento come Solidarność in Polonia o la loti di Paul Goma in Romania.
Una storia straordinaria che testimonia la forza dei popoli dell’est e la loro fiducia irriducibile nei valori della libertà, della fede e della patria.
Come omaggiare il coraggio e il valore dei firmatari di Charta77? Parlarne, raccontare la sua epopea ai più giovani, e consigliare due letture: “Il potere dei senza potere” di Vaclav Havel, e “Lo Scherzo” di Milan Kundera. Due capolavori immortali dell’Europa del XX secolo che davvero non mi spiego come possano essere assenti dai programmi di letteratura, storia e filosofia dei nostri licei.
Charta 77 è un movimento che merita di essere conosciuto ricordato e celebrato: i suoi protagonisti sono un luminoso esempio che ci indica quali devono essere i valori della resistenza della società civile ai progetti totalitari di ogni epoca, compresi quelli odierni.
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