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Chi rifiuta la cultura e chi crede di farla esibendo copia e incolla mai assimilati.

Dovrebbe essere il nutrimento di ognuno e si è ridotta all'assoluta marginalità. Ormai dorme sui cartoni come i barboni

di Dalmazio Frau

Chi rifiuta la cultura e chi crede di farla esibendo copia e incolla mai assimilati.

Massimo Giannoni, Tutto in uno, olio

Seneca la chiamava la “superbia dell’umile”, ed è quella forma di presunzione, anzi di supponente arroganza, che in genere contraddistingue non soltanto gli ignoranti, ma gli ottusi, che riconoscendo con apparente “umiltà” le loro limitate conoscenze, in realtà si pongono su un piedistallo di giustificazione della propria stolidità. È una forma di fariseismo, un atteggiamento ipocrita e falso, supportato sempre dall’invidia e dall’odio rancoroso verso ciò che si vorrebbe essere e non si può. Insomma si preferisce dire che il caviale del Volga non è buono soltanto perché non lo si può mangiare… o se preferite, è come la volpe di Fedro che disprezzava l’uva “nondum matura est”. Quanti ne conoscete voi di questi personaggi da commedia dell’arte di quart’ordine? Personalmente ne ho incontrati molti nella mia vita. Sono quelli che scelgono i capi d’abbigliamento in base alla marca, che messi davanti a una tavola d’un pranzo di gala non sanno quale posata scegliere, sono gli stessi che in casa loro non hanno librerie, tranne forse quella scolastica dei figli, ma passano il tempo incollati sui social o sugli smartphone a riproporre banali post fatti da altri. Sono quelle personcine men che mediocri del tutto prive di fantasia e originalità, interessate soltanto al 730, che in tutta la loro vita – inutile farsa chiamata “vita” – non hanno mai oltrepassato la soglia d’una mostra d’arte, di una pinacoteca. Non sono mai andate a teatro né a un concerto che non sia di Jovanotti o Vasco. Non parliamo poi di aver mai assistito a una conferenza, a una presentazione d’un libro… giammai, loro lo ammettono sinceramente di “non essere colti” e quindi giustificano non soltanto la loro ignoranza – che di per sé è sempre un male imperdonabile – con l’ipocrita ammissione della propria limitatezza intellettiva. Il che li fa sentire bene e piacersi quando si guardano alo specchio. Contenti loro!

Spinoza sosteneva che “bene è ciò che fa crescere la conoscenza”, non molto dissimile da Tommaso d’Aquino che vede nel “male una mancanza”, dunque la Conoscenza – quella che il buon caro Dante fa cercare a Ulisse per “seguir virtute” – è sempre un di più che va ricercato in ogni modo e mai fuggendola con l’ignavia codardia del “non sum dignus”. Ma questo morbo affligge ovunque, il presunto colto e il vero “imbecille” ( da “sine baculo” ), il politico sia esso pentastellato, diessino o di destra sovranista, la malattia è l’ignoranza mista all’incapacità, alla presunzione del non “saper fare”, all’annoso, trito e tristo gioco delle tre carte, fatto di mantenimento del proprio status, del collocamento dei “famigli” e del “tutto va ben madama la marchesa”.

Se c’è chi rifiuta la Cultura, vi è invece chi crede di farla in maniera pedissequa, banale, scontata, proprio come i post preconfezionati di Facebook, ripetendo in “copiaeincolla” idee altrui senza neppure fare lo sforzo d’acquisirle, farle proprie, sedimentarle e sublimarle in un’operazione “alchemica” dell’intelletto, che in effetti si rende assai ardua quando quest’ultimo si rivela essere praticamente assente.

In questo buffo mondo, quasi un Gioco di Ruolo, ove si cita il Rinascimento a fianco del Risorgimento, ma nessun nome viene fatto del primo e del secondo i soliti più o meno mal studiati sui banchi di scuola. Per tacere delle inutili “Fondazioni”, veri e propri burosauri di accantonamento immobiliare ed economico, baluardi contro qualsiasi forma di movimento e innovazione, cavalli di frisia giganteschi eretti a difesa del nulla interno e non dell’assalto dei “tartari” che viene da fuori.

Piagnistei, revanscismi, slogan fatti di parole vuote, conditi dal perenne apparato funerario di una continua quaresima dell’intelletto, delle idee e dell’apertura mentale, tutto subordinato al “non movére”.

Un mondo destinato all’Entropia, determinato dalla seconda legge della termodinamica, dove non saranno i miti ad ereditare la terra ma soltanto i più idioti.

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