Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Chi è stato all’Istituto italiano di cultura di Bruxelles non può che inorridire di fronte al progetto di spostare la sede di quella che dal 1932 fu Casa d’Italia, da rue Livourne, nel centro storico della capitale belga, a rue Joseph II in una zona decentrata e soprattutto in un “fabbricato anonimo di due piani, di modesta fattura, situato nel cortile dell’edificio” recentemente acquistato dal nostro ministero degli esteri.
Le ragioni dell’orrore sono presto dette e le esprime una lettera-petizione indirizzata all’attuale capo della Farnesina, Alfano, da un gruppo di professori e residenti a Bruxelles. Si legge nell’appello che in queste ore sta circolando nel web tramite change.org: «La sede attuale di rue de Livourne è una splendida maison de maître – nel cuore di Bruxelles, nella zona più dinamica e “viva” della città – costruita negli ultimi decenni dell’Ottocento e divenuta nel 1932, grazie all’iniziativa di alcune fra le maggiori imprese dell’epoca (Olivetti, Fiat, Pirelli), la “Casa d’Italia”. Gli interni furono decorati da artisti italiani e ospitano oggi, oltre agli uffici e alle aule per i corsi, una magnifica biblioteca (circa 18.000 volumi), un’ampia sala adibita alle conferenze e alle mostre, un teatro per 350 persone destinato ai grandi eventi o all’appuntamento settimanale con la proiezione di film italiani.»
In effetti l’Istituto italiano di cultura a Bruxelles è un piccolo gioiellino punto di riferimento dei connazionali residenti in Belgio, vivace di iniziative. Si potrà obbiettare che in effetti è piccolo, almeno se lo si confronta con la splendida sede in rue de Varenne a Parigi, ma a quanto pare con il trasferimento, che riguarderà anche l’Ambasciata e la cancelleria consolare… andrà anche peggio tanto che, ci informa ancora la petizione, la biblioteca verrà relegata negli scantinati del nuovo edificio e non ci saranno sale adeguate per conferenze e convegni.
Insomma ancora una volta la cultura viene sacrificata alle esigenze di praticità forse richieste dal lavoro di ambasciata e consolato i quali, trasferiti nel quartiere anonimo degli uffici (dunque “morto” dopo le sette di sera), sicuramente si gioveranno della nuova sede più semplice a raggiungersi con la macchina con possibilità di parcheggiare ecc.
Perché allora non mantenere l’Istituto di cultura nella vecchia prestigiosa sede e traferire solo Ambasciata e Consolato? Semplice, perché la Farnesina ha deciso di vendere il vecchio palazzo per comprare quello nuovo. Ovviamente non sappiamo le cifre della vendita e dell’acquisto, ma anche quando il nuovo fabbricato sia più economico del vecchio (e lo speriamo visto lo scarso prestigio della collocazione) sarebbe una strana e squinternata forma di spending review che al solito si applicherebbe a ciò che viene considerato improduttivo, ovvero la cultura e la nostra tradizione artistica (non dimentichiamo le sale affrescate della sede di via Livourne).
Le firme a sostegno della petizione da inviare al ministro Alfano sono già 2500, purtroppo si tratta di 2500 intellettuali, professori universitari, amanti del bello e della cultura, ovvero la categoria meno amata degli ultimi anni; ma infondo è normale in un paese che ha dato al mondo la percentuale più alta di patrimonio artistico e culturale!