Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Più inerme del giglio /nel luminoso /sudario/ sale il Calvario /teologale /penetra nel roveto /Crepitante dei millenni /si occulta /nell'odorosa nube della lingua.
Così comincia Missa Romana, splendida lirica su un patrimonio di fede e di tradizione che ancora oggi sopravvive nonostante tutti e tutto, papa Bergoglio in primis. E di certo l’attuale vescovo di Roma (come lui stesso preferisce definirsi) poco o nulla h a che spartire con uno straordinario personaggio quale Cristina Campo ( 1923-1977), nome de plume della scrittrice e poetessa Vittoria Guerrini, scomparsa a Roma quaranta anni secolo, il 10 gennaio 1977. Una ricorrenza di cui non si sono ricordati in molti e scomodati ancora meno; tanto più apprezzabile e benemerita dunque l’iniziativa del Centro Studi Famiglia Capponi, che ha organizzato un convegno internazionale sul tema: “Cristina Campo a 40 anni dalla morte (1977-2017); “Chi ci insegnerà la disciplina della gioia?” che si terrà a Firenze nella bellissima cornice di Palazzo Medici Riccardi, nel Salone Luca Giordano sabato 25 marzo (due sessioni, con orario 9-13 e 15-19).
Impossibile racchiudere nel giro di poche righe una personalità poliedrica e davvero eccezionale come quella della Campo: traduttrice raffinata, poetessa sublime, che concilia echi leopardiani con la migliore tradizione della lirica novecentesca, saggista che ha composto pagine mirabili su argomenti non certo facili come il significato profondo della fiaba e della liturgia, con una prosa che spesso va ben oltre i rigidi confini della saggistica. Fu tra l’altro, tra il 1959 e il 1977, compagna di vita di Elmire Zolla, celebre studioso e ricercatore di tradizioni mistiche ed esoteriche.
La formazione della scrittrice avvenne a Firenze, dove la sua famiglia si trasferì nel 1928 e dove rimase sino al 1955, quando si trasferisce a Roma. Il periodo fiorentino è ricco di letture e frequentazioni importantissime: diviene studiosa appassionata dello scrittore Mitteleuropeo Hugo von Hofmannsthal, nel 1948 si lega a Leone Traverso; nel 1950 stringe un fruttuoso sodalizio con Mario Luzi e incontra altri personaggi di grande spessore, tra cui Davide Maria Turoldo, Remo Fasani, Gabriella Bemporad. Sempre in questo periodo, scopre l’opera di Simone Weil, che la influenzerà profondamente.
" Se ripenso dopo tanti anni a Vittoria Guerrini, che scelse di portare il nome di Cristina Campo, non ricordo un capolavoro come Gli imperdonabili, o le meravigliose Lettere a Mita, ma una voce. Non credo di aver mai ascoltato una conversazione così perfetta. Aveva un garbo mondano, una sprezzatura squisita, una grazia inafferrabile: come le sue antenate, le dame toscane del quindicesimo secolo, che ordinavano autoritratti e ritratti e paesaggi e scene sacre al Botticelli o a Filippino Lippi o a Giovanni Bellini”. [1] Questa la bellissima testimonianza di Pietro Citati, che la conobbe bene e la frequentò soprattutto negli anni romani. Una vita schiva ed appartata, anche per le delicate condizioni di salute, ma che non la tennero lontana dagli studi e dalla produzione letteraria, oltre che da posizioni scomode e decisamente “controtendenza”, come quando contestò la riforma liturgica voluta dal Vaticano II in nome della bellezza e del profondo valore spirituale della tradizione liturgica.
“Eppure amo il mio tempo perché è il tempo in cui tutto vien meno ed è forse, proprio per questo, il vero tempo della fiaba. E certo non intendo con questo l’era dei tappeti volanti e degli specchi magici, che l’uomo ha distrutto per sempre nell’atto di fabbricarli, ma l’era della bellezza in fuga, della grazia e del mistero sul punto di scomparire, come le apparizioni e i segni arcani della fiaba: tutto quello cui certi uomini non rinunziano mai, che tanto più li appassiona quanto più sembra perduto e dimenticato. Tutto ciò che si parte per ritrovare, sia pure a rischio della vita, come la rosa di Belinda in pieno inverno. Tutto ciò che di volta in volta si nasconde sotto spoglie più impenetrabili nel fondo di più orridi labirinti” scrisse ne “gli Imperdonabili”, opera saggistica pubblicata postuma nel 1987. Raccolte di poesie come Passo d’Addio e Diario Bizantino, saggi come Fiaba mistero e altre note, solo per citare alcuni titoli, sono opere che meriterebbero di essere meglio conosciute ed apprezzate.
Il convegno di sabato, curato con grande competenza da Maria Pertile e Giovanna Scarca, vede la presenza a Firenze di un prestigioso gruppo di docenti per rileggere il patrimonio poetico, saggistico, epistolare, spirituale e mistico dell’autrice. Un’occasione da non perdere per conoscere una voce autorevole e preziosa che ha ancora tanto da dirci e da insegnarci.
Inserito da JackReacher il 24/03/2017 17:11:23
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