Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ochi giorni, Angelino Alfano ha cambiato nome a quella che si potrebbe, con uno sforzo non indifferente, chiamare "la sua creatura" passando da Nuovo Centrodestra ad Alternativa Popolare. Non c'è stato nemmeno tempo di porsi la fatidica domanda "Alternativa a cosa?" che Alfano ha esordito con "ci verranno a cercare".
Dietro questa frase si nasconde tuttala presunzione, ma soprattutto la frustrazione, dell'attuale Ministro degli Esteri. Lo si può immaginare come una sorta di tartaruga, la quale vorrebbe uscire dal guscio con tutta la forza e la disperazione che è capace di chiamare a raccolta, ma non ci riesce. Allora arriva il piacione carismatico di turno, prima Silvio Berlusconi e poi Matteo Renzi, che gli mette il guinzaglio, gli affida un ministero e gentilmente lo invita a rinfilare la testa dentro il carapace, quando quest'ultimo, giunto al culmine dell'ascesa, arriva al termine della discesa, la tartaruga Alfano allora sfoga la sua frustrazione e si vendica, lo fa con Berlusconi riscoprendosi capofila delle colombe e filogovernative all'interno del Popolo delle Libertà e fondando il Nuovo Centrodestra, lo fa ora nei confronti del Partito Democratico, creando Alternativa Popolare ed esordendo con il "ci verranno a cercare."
Una frase che ci fa capire l'immagine che la tartaruga Alfano ha di sé, quella di un democristiano fatto e finito. Infatti egli vede in questo movimentino, al quale ha cambiato nome pensando che insieme ad esso possa magicamente mutarne la sostanza, come un'occasione più unica che rara per trovarsi a capo di una forza cristiano democratica, in grado di essere a capo di una grande coalizione di centro e capace di monopolizzare il governo ad oltranza. Vorrebbe essere un neo fanfaniano, ma non ne ha l'energia né la grinta. Si crede un nuovo doroteo, al centro del centro, ma non ne ha l'ingegno né la lungimiranza, il che fa di lui la brutta copia di un pìcaro.
Alternativa Popolare è soltanto il secondo tragico tentativo di creare un motore per il governo del quale mettersi alla guida, proposito che egli persegue con ancora più convinzione dal momento che, con ogni probabilità, si andrà alle elezioni con un proporzionale, il che darà origine ad un governo fatto da una coalizione formatasi dietro le quinte.
Il punto è che le probabilità che Alternativa Popolare possa uscirne come il grande vincitore, alle prossime elezioni, sono alquanto remote, più probabile è il fatto che non riesca nemmeno arrivare alla rappresentanza parlamentare. Per tre ragioni. La prima sta nel fatto che il ruolo di motore del governo sembra destinato a rimanere nelle mani del Partito Democratico, la seconda sta nel fatto che ammesso, ma non concesso, che le forze di centro abbandonino il PD, non avrebbero altra soluzione per, anche solo sperare, di fare almeno una manciata di deputati di presentarsi come coalizione e la cosa è assai difficile vista la competizione che le anima, la terza ragione sta nel fatto che Alfano vede già sé stesso come il leader di questa poco probabile compagine, ignorando di avere a che fare con la coalizione ALA- Scelta Civica guidata da Denis Verdini e con i Centristi per l’Europa.
Ma se tale coalizione non dovesse mai nascere, la ragion di seggio spingerebbe Alfano a tornare ad uno dei due ovili, il Partito Democratico o Forza Italia (che non naviga in buone acque), lacerando Alternativa Popolare, ammesso che essa sia compatta.
Questo significherebbe che è in corso l’ennesimo tentativo, per la tartaruga Alfano, di emergere e che presto la si rivedrà presso i precedenti padroni a mendicare per un guscio sicuro.
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