Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ra una volta, l’impensabile, l’impossibile. La destra francese è riuscito a farsi scippare un’elezione presidenziale che sembrava già vinta, anzi, stravinta. François Fillon, vincitore delle primarie in autunno 2016, plebiscitato da oltre quattro milioni di elettori, e dato per vincitore quasi scontato fino a qualche mese fa, è stato sconfitto.
Dopo il Brexit, dopo Trump, le elezioni presidenziali francesi offrono l’ennesimo colpo di scena.
Emmanuel Macron, il giovanissimo Macron (39 anni) passa al secondo turno insieme a Marine Le Pen. Data la storica fobia francese per l’estrema destra, la vittoria di Macron tra due settimane è cosa praticamente fatta. Sarà lui il prossimo presidente della Repubblica.
La destra, che per cinque anni ha atteso lungo il fiume il cadavere del governo socialista di Hollande, la destra i cui valori non sono mai stati così maggioritari negli oscuri meandri della France périphérique, che non poteva perdere, ha perso. Eliminata. François Fillon non è promosso al secondo turno.
Che cosa è successo?
È successo che, come al solito, a far fuori la destra ci ha pensato il potere. Il vero potere, quello che sfugge da ogni controllo democratico: i giudici e i media. È bastato montare ad hoc un’assurda indagine di impiego fittizio per la moglie e i figli di Fillon come suoi collaboratori stipendiati con l’enveloppe parlementaire, (attenzione, non si tratta di denaro pubblico, ma di denaro dell’Assemblea Nationale, con il quale i deputati assumono i collaboratori che ritengono opportuni) ed ecco i media pronti a dipingere la famiglia Fillon come un casta di divoratori di denaro pubblico. Ed ecco che nelle strade e nelle piazze si urlava: Fillon, en prison!
Così, le toghe rosse, i media e il mondo social hanno letteralmente sequestrato la campagna elettorale. Non si è parlato più dei programmi e delle visioni della Francia espressi nei vari progetti politici in corsa, ma si è discusso per mesi della moralità privata dei candidati, in un osceno clima da reality show.
È risultata evidente la marcata americanizzazione della politica francese. Sono lontani i tempi di Richelieu e di Mazzarino. Il politicamente corretto non permette più agli elettori di valutare le reali potenzialità di un Homme d’État di esprimere una visione, di dare una direzione alla nazione, formulando una sintesi efficace tra conservatori, liberali e socialisti. È semplicemente la fine della politica come la si è intesa per secoli, dove la vera moralità consisteva nella capacità a risolvere i problemi del paese (Croce) e dove moralità pubblica e privata erano nettamente separate (Machiavelli).
A fare le spese di questo clima da inquisizione (che ha un po’ ricordato Tangentopoli), sono stati i partiti tradizionali: le Parti Socialiste e Les Républicains. Il primo ha pagato i risultati disastrosi del governo Hollande, il quale ha pensato bene di non ricandidarsi (il suo successore, Hamon, ha racimolato ieri un misero 6%, immaginate se accadesse la stessa cosa al PD in Italia), il secondo è stato travolto dallo scandalo Fillon. Un Fillon che in parte ha pagato i suoi trascorsi da primo ministro di Sarkozy, non certo costellati di successi.
Tutte circostanze che hanno (casualmente? o c’era qualcuno in cabina di regia?) favorito la resistibile ascesa di Emmnuel Macron. Incensato dai media (LeMonde su tutti. Per essere chiaro, in Francia legge LeMonde chi in Italia leggerebbe Repubblica), presentato come una novità, un volto nuovo, in realtà Macron è solo un’ottima operazione di marketing (vedi Renzi) di tutto ciò che c’è di più vecchio e stantio in politica.
Già ministro dell’economia di Hollande (che lo vede come suo erede naturale) e autore di una riforma di stampo ultra-liberale. Già squalo della finanza per la maison Rothschild e favorito da Confindustria francese. Sostenitore di Hillary Clinton, nemico di Putin, americanista e pro-NATO. Figlioccio di Jacques Attali. Favorevole a eutanasia, utero in affitto, fecondazioni artificiali di ogni tipo, gender. Apostolo dell’ideologia liberal-progressista made in USA. Europeista convinto. Sostenuto e finanziato dai Fratelli Musulmani. Bref, Emmanuel Macron è il perfetto interprete del mondialismo, della finanza, del multiculturalismo, del pedagogismo, della massoneria, di tutte quelle forze che hanno messo la Francia in ginocchio.
Non c’è nulla di nuovo in Emmanuel Macron, se non il fatto di avere scardinato il sistema dei partiti, perché i partiti sono espressioni di logiche, locali, particolari, nazionali. Ed Emmanuel Macron e i suoi sostenitori di En Marche! vogliono farla finita con la nazione. Macron è l’apostolo dell’ideologia post-nazionale. In Italia vedremo presto la stessa cosa, ne sono convinto, la stessa identica proposta con il nuovo progetto politico della Bordini e Pisapia: Campo Progressista.
Del resto, durante la campagna Macron, interrogato sul multiculturalismo che sta facendo tabula rasa della scuola pubblica, spodestando dal loro ruolo chiave per l’eccezione dei giovani la storia, l’arte e la letteratura francesi per far spazio a un sapere liquido, spesso vigliaccamente compiacente nei confronti dell’Islam, Macron ha risposto:
Non esiste la cultura francese. C’è una cultura in Francia, ma è una cultura diversa, eterogenea. L’arte francese? Io non l’ho mai vista…
Ecco chi è il futuro presidente della Repubblica.
Ma non è tutto, come da tradizione elettorale, un candidato del centro sinistra, da bravo imbonitore delle banlieues francesi dove i musulmani sono la stragrande maggioranza, si reca in pellegrinaggio ad Algeri. Una visita omaggio al buon Abdelaziz Bouteflika, che da diciotto anni governa il paese senza troppi scrupoli democratici, durante la quale Macron ha osato definire la colonizzazione francese dell’Algeria:
Un crimine, un vero crimine contro l’umanità
La Francia ha fondato l’Algeria, ha costruito tutto in Algeria. Quando negli Stati Uniti c’era l’apartheid più totale, in Algeria studenti arabi, berberi e francesi condividevano i banchi di scuola in ogni villaggio del paese. Alla fine della colonizzazione, la popolazione algerina sfiorava i quaranta milioni di abitanti contro i due milioni dell’inizio della conquista francese. Dove sarebbe il crimine contro l’umanità?
Ma Macron se ne infischia della storia, non ha avuto scrupoli a giustificare i continui fallimenti e le ingiustizie del regime di Bouteflika, l’importante era assicurarsi il voto magrebino, scaricando tutte le colpe dell’attuale situazione algerina (disastrosa) sulla Francia. Fornire facili scuse ad un regime illiberale e autoritario per fini personali. Ecco il nuovo campione del centro-sinistra francese.
Eppure ha vinto. Le periferie hanno votato per lui (LeFigaro ha già pubblicato l’atlante del voto, quindi non ci sono segreti), i centri delle città mondializzate e multiculturali anche. Soprattutto, tv, radio, stampa sinistroide e il mondo social hanno inequivocabilmente e costantemente suonato la sua musica. Raramente si era vista una crociata mediatica così compatta. L’impossibile si è avverato. Macron sarà il prossimo Président de la République.
Sì ma, e Marine Le Pen? E la Francia delle campagne, dei piccoli centri rurali, la Francia della desertificazione economica, la Francia che non vuole scomparire. La Francia che vuole liberarsi dal gioco di Bruxelles e della Nato?
Beh questa Francia esiste, ma non si identifica tutta nel Front National, un partito nebuloso che è in realtà un clan frutto di una faida familiare (il vecchio Jean-Marie ne è stato addirittura espulso), le cui soluzioni non appaiono mai troppo chiare (si esce dall’Europa? Si tratta con Berlino? Si fa un referendum? Marine non esce dall’ambiguità) e che non riesce ad evitare errori grossolani parlando (perché? non si sa…) spesso a sproposito del regime di Vichy o della Shoah.
Ad avviso di chi scrive, a destra gli elettori ci sono, ma manca in Francia un partito capace di muoversi in maniera astuta, che non si faccia imbrigliare e impantanare in polemiche sterili, portatore di una visione chiara del futuro della nazione. Il FN non è questo partito, e anche se lo fosse, la guerra totale che media, partiti, professori, moralizzatori, maîtres à penser gli faranno da qui al 7 maggio, data del secondo turno, rende le speranze di vittoria, ad avviso di chi scrive, pari a zero.
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